Parla l’ex banchiere dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi: “C’è chi fa risalire le turbolenze alle scelte degli Usa. Che hanno puntato sull’autosufficienza energetica per frenare i fondi arabi”
Le ultime parole di Mario
Draghi, che ieri ha accennato a elementi che concorrono a deprimere
l’inflazione in Europa, trasmettono di nuovo un senso di paura tra i
cittadini, gli italiani in particolare.
Specialmente se combinate con il
crollo verticale delle Borse. Le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e
le connessioni con il terrorismo islamico completano un quadro nel
quale, se si vogliono unire tra loro i vari puntini, si ottengono anche
scenari inquietanti. Ne abbiamo parlato con Ettore Gotti Tedeschi,
economista, banchiere di lungo corso, ma anche profondo conoscitore (è stato anche al vertice dello Ior, nel tentativo da molti ostacolato di mettere ordine nella banca vaticana) delle dinamiche che governano relazioni e flussi finanziari internazionali.
Non a caso di denaro e Chiesa, finanza islamica, economia e religione,
Gotti Tedeschi scrive nel suo ultimo libro, «Un mestiere del diavolo»
(Giubilei Regnani Editore, pag 260, 15 euro).
Ci aiuta a capire che sta succedendo? «Le
riporto le opinioni che io stesso ascolto da parte di esperti
internazionali: c’è una corrente di pensiero, forte e autorevole,
secondo la quale il calo del prezzo del petrolio, alla base di quanto
sta accadendo in questi mesi e della bassa inflazione, sia stato causato
non dai venditori, ma dai compratori, per rallentare le acquisizioni di
aziende e banche quotate, effettuate in Occidente a prezzi di saldo con
capitali dei Paesi produttori di petrolio».
Cioè una manovra degli Usa?
«Bisogna partire da lontano e
vado a memoria: nel decennio ’98-2008 il Pil Usa è cresciuto di circa il
32%. Ma nel 2008 si è scoperto che l’85% circa di quel 32 era debito
accumulato dalla famiglie e a quel punto non ripagato. Quindi ci si è
resi conto che la crescita economica e tutti i valori espressi da questa (azioni, immobili), avevano
accumulato una forte sopravvalutazione. Bisognava allora fare due cose:
salvare le banche e, quindi, così, nazionalizzare il debito delle
famiglie. Per poi procedere a delevereggiare, cioè sgonfiare, lentamente, questo debito, ormai diventato pubblico».
Nel frattempo i mercati crollavano.
«Il punto è che dal 2010, quando
i valori di Borsa crollavano del 30-35%, si è temuto che grandi fondi
sovrani potessero reinvestire i profitti petroliferi comprando di tutto,
in tutto l’Occidente. È a questo punto – è una delle opinioni sostenute – che,
attraverso la loro capacità tecnologica, gli Usa hanno programmato una
nuova massiccia produzione di energia con l’obiettivo di raggiungere
l’autosufficienza energetica in 3-4 anni. E cercando, molto
opportunamente, di imporre lo stesso anche ai loro alleati. Spingendo di
conseguenza i Paesi arabi a ridurre i profitti dal petrolio».
Con quali effetti?
«Gli Stati Uniti hanno raggiunto
l’autosufficienza energetica, e sono riusciti anche a reimportare
un’importante quota di produzioni delocalizzate in Asia, creando posti
di lavoro. Nel frattempo, però, sono cambiate anche le condizioni della
Cina che, se prima cresceva dell’8-10%, oggi ha ridotto a un quarto la
sua crescita. Riducendo, di conseguenza, anche la domanda di materie
prime verso gli altri Paesi produttori (in Africa e Sudamerica). È
per tutte questo dinamiche che il prezzo del petrolio si trova così in
calo. E purtroppo noi europei ne paghiamo indirettamente un prezzo».
E Draghi deve reagire.
«Guardi,
sul presidente della Bce io posso solo dire che se non ci fosse stato
lui a immettere sul mercato 60 miliardi al mese, da un anno, noi
italiani, e forse l’intera Europa, saremmo falliti».
Da economista, come pensa che si possa indurre un rialzo dell’inflazione?
«L’inflazione è fatta di due
componenti: quella interna, legata ai consumi e quindi al potere
d’acquisto, è stagnante e lo sarà per tutto il 2016. Da fine anni ’70 al
2010 progressivamente gli italiani sono stati portati a trasformare i
risparmi in consumi: erano il 25% del reddito e sono calati fino al 5%.
L’inflazione esterna dipende invece dai prezzi delle materie prime che,
come abbiamo visto, non dipendono solo da domanda e offerta, bensì dalle
politiche economiche dei diversi Paesi o blocchi geografici. La
soluzione dei problemi deve passare da qui.
Il che lascia immaginare che siamo molto vicini a un supergoverno mondiale.
E non è un caso che già ora le
elezioni democratiche sono così complesse. Mentre è sempre più facile
assistere a cooptazioni di governi».
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