In questo mese di giugno, Mu’Ammar Gheddafi avrebbe
compiuto 74 anni; precisamente il 7 giugno, se gli
anglo-franco-statunitensi non avessero pianificato il suo massacro
nell’ottobre del 2011. Dopo la sua morte, la Libia si è trasformata in
un Paese atomizzato in brigate armate che si contendono il potere
attraverso tre sistemi di governo, di cui uno solo riconosciuto dalla
comunità internazionale, ovvero il governo di Tobruk, di tipo
nazionalista nasseriano. Gli altri due sono il governo di Tripoli,
diretto dai partiti islamici moderati, e lo Stato Islamico dell’ISIS a
Sirte. Lo scenario che viene presentato in Libia è quello di una
balcanizzazione del Paese dove ormai nel cielo non splende più il verde
di una volta.
Il verde è il colore e il titolo del libro pubblicato da Gheddafi nel 1975: il Libro Verde
in cui è racchiuso il suo pensiero politico. Sintetizziamo in questa
sede i tratti salienti dell’opera del Raìs; il Libro Verde critica i
sistemi di governo democratici composti da partiti e parlamenti. Il voto
non rappresenta la volontà popolare, ma quella del partito che
raccoglie più voti. Esso non rappresenta il popolo, ma solo una parte
formata dai rappresentanti in parlamento che tutelano gli interessi
economici del partito. Per il Raìs, il partito è come un clan, che
persegue il suo “familismo amorale”. Per Gheddafi, la vittoria di un
candidato che ha ottenuto il 51% dei voti, è una falsa democrazia,
perché il restante 49% degli elettori sarà governato da un governo che
non ha scelto. La vera democrazia è l’Agorà greca, fondata attraverso la partecipazione diretta del popolo.
Gheddafi, nella sua critica al sistema democratico, fondò la Jamahiriyya,
un governo fondato dalle masse popolari attraverso Congressi e Comitati
Popolari. Un tipo di governo conforme alla società libica basata sulle
tribù. Il Libro Verde spiega la funzione dei Congressi e dei Comitati
Popolari; il popolo si divide in Congressi Popolari eterogenei per
classe sociale, quindi rappresentanti di tutta la società, e non di una
parte di esso. I Congressi Popolari formano i Comitati Popolari che si
occupano dell’amministrazione governativa, e dirigono i vari settori
istituzionali della società. Essi sono responsabili del loro operato
dinanzi ai Congressi Popolari che controllano le azioni dei comitati.
Una volta all’anno si riunisce il Congresso Generale del Popolo,
dove si riuniscono i direttivi dei Congressi Popolari e dei Comitati
Popolari. Con la Jamahiriyya, il popolo esercita democraticamente il suo
reale diritto di governo, invece dei politicanti di professione in
parlamento.
Per quanto riguarda il sistema economico, il Libro Verde delinea i principi della Terza Teoria Universale,
alternativa sia al capitalismo che al socialismo reale. Per il Gheddafi
ogni lavoratore deve essere considerato non un salariato, ma un
produttore del suo lavoro. Quindi ognuno deve lavorare per sé oppure in
aziende autogestite dai lavoratori medesimi, ove ciascuno è produttore e
socio alla pari. Le istituzioni hanno come scopo il soddisfare i
bisogni della società. Inoltre il popolo non deve possedere più di
quanto gli sia necessario per vivere, per eliminare ogni forma di ingiustizia sociale
dovuta dall’accumulazione della ricchezza. Il Libro Verde specifica
chiaramente che si può essere proprietari di una sola abitazione e di un
mezzo di trasporto.
Il Libro Verde è senza dubbio un’opera panafricana.
Propone infatti l’indipendenza del continente africano
dall’imperialismo occidentale. Gheddafi si fece promotore di una
possibile Unione Africana, un movimento panafricano
avente come obiettivo una maggiore autonomia del continente nel contesto
della geopolitica globale. Un progetto scomodo per chi considera
l’Africa un territorio da controllare e sfruttare.
Il Libro Verde è un opera da annoverare tra quei testi politici utili per la costruzione dell’Eurasia comunitarista,
insieme alla “Quarta Teoria Politica” di Dugin, il “Terzo Reich” di
Moeller Van der Bruck, e “L’Europa: un impero di 400 milioni di uomini”
di Jean Thiriart. Mu’Ammar Gheddafi è stato un leader che ha posto la
sovranità nazionale della Libia al dì sopra della sua stessa vita,
lottando con dignità fino agli ultimi istanti di lucidità; ferito al
volto, braccato dalle orde selvagge, dagli sbandieratori delle
“primavere arabe”, che hanno smembrato il verde della Jamahiriyya in un
puzzle di sangue che rimarrà indelebile nella coscienza del popolo
libico.
(di Dario Zumkeller)
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