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domenica 19 giugno 2016

Migranti torturati e uccisi: ecco la Libia cui chiederemo di bloccare le partenze

15 GIUGNO 2016 | di
 
" I cristiani li odiano. Se sei cristiano, devi solo pregare Dio che non ti trovino. Se scoprono una croce o un tatuaggio religioso, ti picchiano ancora di più”. (Omar, 26 anni, eritreo).
 “Mi hanno picchiato e preso i soldi. Poi hanno trovato la mia Bibbia, hanno strappato la croce che avevo al collo e le hanno scagliate lontano. Per prima cosa controllano se hai soldi nelle tasche, poi prendono un cavo elettrico e ti frustano” (Semre, 22 anni, eritreo).
“Se dicevamo che avevamo fame, le guardie venivano a picchiarci. Ci costringevano a stare a pancia in giù e ci picchiavano coi tubi di gomma. Una volta hanno sparato a un detenuto del Ciad, senza alcun motivo. Lo hanno portato in ospedale, poi di nuovo in cella ed è morto. Ufficialmente, è morto a seguito di un incidente d’auto. Lo so, perché mi facevano lavorare, gratis, nella stanza degli archivi”. (K., 19 anni, eritreo)
“Non avevo soldi così ho dovuto fare lo schiavo per tre mesi: trasportare sabbia e pietre, coltivare. Quando dicevo che avevo fame, si mettevano a urlare. Mi hanno fatto bere acqua mescolata a petrolio o col sale dentro, solo per punirmi. Un giorno mi hanno dato un telefono dicendomi di chiamare a casa per farmi mandare dei soldi. Ma i miei genitori sono morti, non avevo nessuno da chiamare. Allora mi hanno picchiato e per un po’ non mi hanno dato da mangiare” (Daniel, 19 anni, ghanese).

Queste e decine di altre testimonianze sono state raccolte a maggio da Amnesty International in Sicilia e in Puglia, dove i ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno incontrato 90 persone sopravvissute alla traversata del Mediterraneo dalla Libia all’Italia. Ne è emerso un quadro di scioccanti violenze inflitte dalla guardia costiera libica e nei centri di detenzione per migranti in Libia.
La guardia costiera libica tutto fa meno che salvare vite umane in mare. Intercetta gommoni e pescherecci (almeno 3500 solo tra il 22 e il 28 maggio) e le persone trovate a bordo, una volta sulla terraferma, finiscono direttamente nei centri di detenzione per immigrati irregolari.
Nonostante dominino violenza e assenza di legge e nel 2014 sia nuovamente ripreso il conflitto armato, la Libia continua a essere la meta di centinaia di migliaia di migranti e rifugiati diretti in Europa, provenienti soprattutto dall’Africa sub-sahariana. Queste persone fuggono a causa della guerra, della persecuzione o della povertà estrema, da paesi come Eritrea, Etiopia, Gambia, Nigeria e Somalia. Altre persone si trovano in Libia da anni ma vogliono lasciare il paese perché, privi di protezione da parte di qualsiasi autorità, vivono nel costante timore di essere fermati, picchiati e rapinati da bande armate o dalla polizia.
I centri, 24 in tutto secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, sono diretti dal Dipartimento per contrastare l’immigrazione illegale che, teoricamente, dovrebbe essere alle dipendenze del ministero dell’Interno. Di fatto, dal 2011 molti centri sono gestiti dai gruppi armati.
Secondo la legislazione libica l’ingresso, l’uscita e la permanenza illegali in Libia sono un reato. I cittadini stranieri che si trovano in questa condizione possono essere posti in detenzione a tempo indeterminato in attesa dell’espulsione.
Solitamente, i detenuti stranieri rimangono nei centri per mesi senza poter incontrare familiari e avvocati e senza vedere un giudice. Non possono contestare la legittimità della loro detenzione né chiedere protezione, data l’assenza di un sistema nazionale d’asilo. Le espulsioni sono eseguite senza alcuna tutela né esame individuale.
Gli ex detenuti incontrati da Amnesty International – tra cui persone intercettate in mare e cittadini stranieri fermati in strada – hanno riferito che venivano picchiati ogni giorno con bastoni di legno, tubi di gomma e cavi elettrici e venivano sottoposti a scariche elettriche. Nessuno dei centri diretti dal Dipartimento per contrastare l’immigrazione illegale ha personale femminile in servizio. Questo aumenta il rischio di subire violenza sessuale.
Numerosi testimoni hanno visto rifugiati e migranti morire durante la detenzione, a colpi di arma da fuoco o a seguito dei pestaggi.
Ex detenuti hanno anche denunciato l’assenza di cibo e di acqua potabile, le scarse cure mediche e lo squallore delle celle così come la mancanza d’igiene che secondo molti è la causa della diffusione di malattie della pelle. Le volte in cui medici di organismi umanitari venivano condotti nei centri di detenzione, potevano visitare solo pochi detenuti peraltro troppo impauriti per denunciare i trattamenti subiti. Le medicazioni ricevute venivano sequestrate dalle guardie.
L’unica speranza che i detenuti hanno di essere rilasciati sta nella fuga, nel pagamento di una somma di denaro o nella cessione ai trafficanti.
Molti subiscono estorsioni, vengono sfruttati o costretti a lavorare gratuitamente, all’interno di centri di detenzione o fuori, da persone che pagano le guardie.
In alcuni casi, i detenuti sono fuggiti o sono stati rilasciati dalle persone per cui lavoravano all’esterno, che li hanno anche aiutati a imbarcarsi in cambio del loro lavoro gratuito.
In altri casi, i trafficanti hanno negoziato il rilascio di detenuti – spesso corrompendo le guardie – così da avere altre persone da imbarcare al costo di circa 1000 dollari ciascuno. In un caso, i trafficanti si sono presentati alla guardie con “automobili zeppe di prodotti” in cambio dei detenuti.
Con questa Libia l’Unione europea ha annunciato l’intenzione di estendere per un altro anno l’operazione navale di contrasto ai trafficanti di esseri umani denominata “Sofia” e, su richiesta del nuovo governo di Tripoli, di offrire formazione alla guardia costiera libica e di condividere informazioni con quest’ultima.
Il 7 giugno la Commissione europea ha annunciato ulteriori piani per rafforzare la cooperazione e il partenariato con paesi terzi della zona africana considerati strategici per fermare l’immigrazione: tra questi vi è la Libia.
È evidente che l’Unione europea è intenzionata a impedire le partenze di migranti e rifugiati praticamente a ogni costo.
Un calcolo cinico: forse un giorno meno persone moriranno nel Mediterraneo ma solo perché aumenterà il numero di quelle morte nei centri di detenzione libici. Rischieremo di non saperlo mai.

Preso da: http://lepersoneeladignita.corriere.it/2016/06/15/migranti-torturati-e-uccisi-ecco-la-libia-cui-chiederemo-di-bloccare-le-partenze/

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