Per Africa Orientale italiana si intende quel territorio comprendente
Eritrea e Somalia costituito nel gennaio del 1935 dal fascismo in
previsione della guerra con l'Etiopia che, dopo la conquista italiana.
costituirà parte integrante del territorio.
L'Eritrea fu la prima colonia italiana costituita dopo l'acquisto da
parte del governo italiano (1882) della baia di Assab, sul mar
Rosso,dalla Società Rubattino che, a sua volta, l'aveva acquistata dieci
anni prima da sultani locali.
La colonizzazione italiana proseguirà nel 1885 con l'occupazione di
Massaua che porrà sempre più in primo piano i rapporti con l'Impero
abissinio.
Nel 1886 l'eccidio di Dogali, compiuto dagli Abissini per contrastare l'espansionismo italiano, ne sarà un esempio.
L'espansionismo italiano continuerà sino ai limiti dell'altopiano
etiopico e troverà un atto significativo nel Trattato di Uccialli che,
per il governo italiano ma non per quello etiope, stabiliva una sorta di
protettorato dell'Italia sull'Etiopia.
Dopo l'occupazione del Tigrè, avvenuta nel1893, il colonialismo italiano
subisce una battuta d'arresto con le sconfitta di Amba Alagi, Macallè e
Adua.L'Eritrea costituirà la base delle operazioni del fronte nord,
guidate da Graziani, nella campagna di Etiopia.
Negli stessi anni L'Italia allargava la sua influenza verso il Benadir,
Merca, Mogadiscio (Somalia italiana) previ accordi con il Sultanato di
Zanzibar.La Somalia diventerà la base delle operazioni del fronte sud
guidate da Graziani, nella campagna di Etiopia.
Nella parte settentrionale gli accordi con l'Impero abissinio
stabilivano che tutto "l'Ogaden restasse all'Abissinia".Fu proprio
nell'Ogaden a Ual/Ual, ai confini con la Somalia italiana, che si
verificarono quegli incidenti che fornirono il pretesto per
l'aggressione all'Etiopia. Mussolini, che aveva già deciso l'intervento,
tenta di prendere tempo sul piano internazionale e, nello stesso tempo,
di organizzare tempi e modi di attuazione dell'aggressione.
La campagna militare per la conquista dell'ETIOPIA
Ottobre 1935. De Bono ordina ai 3 corpi d'armata di passare il confine
del Mareb (confine eritreo) avendo come primo obiettivo Adua e Adigrat.
L'armamento
è considerevole in quanto i centomila uomini che stanno per muoversi
dispongono di 2300 mitragliatrici, 230 cannoni, 156 carri d'assalto.
Dall'Eritra sono anche pronti a decollare 126 aerei.
I militari italiani avanzano senza incontrare resistenza. L'aviazione,
intanto, bombarda Adua e Adigrat facendo numerose vittime tra i civili.
L'episodio è registrato nel diario di De Bono, che così scrive: "Il
Negus ha già protestato per il bombardamento aereo dicendo che si sono
ammazzati donne e bambini. Non vorranno che si buttino giù dei confetti".
Il 6 Ottobre l'armata italiana entra ad Adua incontrando poca resistenza
in quanto Hailè Selassiè ha scelto la tattica del ripiegamento per
portare i nemici al centro del paese, lontano dai loro centri di
rifornimento.
Il ras Sejum, cognato del ras Cassa, a cui il negus
aveva affidato il comando delle armate del nord, ripiega nel Tembien,
camminando di notte per sfuggire all'osservazione aerea.
De Bono, intanto, provvede al rafforzamento delle posizioni occupate
costruendo strade, impianti di linee telefoniche, allestendo campi...
Ma
il comportamento delle truppe di occupazione si fa subito preoccupante,
se De Bono il 15 Ottobre, alla vigilia dell'occupazione di Axum,
scriverà al generale Maravigna "Allo scopo di evitare che si ripetano
ad Axum depredazioni e danneggiamenti come si è verificato ad Adua,
prego disporre che l'ingresso della città sia di massima interdetto ai
militari sia metropolitani che indigeni, disponendo un servizio di
vigilanza e perlustrazione all'interno della città stessa.(ASMAI AOI 181/24)
11 Ottobre. Defezione del degiac (comandante di reggimento) Gugsa,
genero dell'imperatore, che produce effetti morali e militari sulle
truppe etiopi.
18 Ottobre. Incontro di De Bono con Lessona, ministro delle colonie, e
il maresciallo Badoglio inviati da Mussolini in Eritrea per relazionare
sull'atteggiamento di De Bono, considerato troppo cauto nel procedere
all'avanzata.
Mussolini, infatti, spinge per l'occupazione rapida di Macallè-Tacazzè che, secondo i suoi ordini, deve avvenire il 3 novembre.
FRONTE SUD
Ottobre 1935. Graziani ordina subito massicci bombardamenti. Occupate alcune città tra cui Dolo, Dagnerei, Oddo.
10 Ottobre. Primo bombardamento chimico a Gorrahei, campo trincerato, il più importante sulla strada di Dagahbùr.
2-4-5 novembre. 18 aerei Caproni lanciano 189 quintali di esplosivo, mentre i caccia a volo radente sparano 13.730 colpi.
"Tutta
la zona pare arata dalle bombe: non c'è tratto che non sia sconvolto,
... l'azione aerea è stata formidabile e le sue tracce lasciano
facilmente immaginare quale sia stato il tormento degli abissini che,
pazzi di terrore, non hanno più resistito e sono fuggiti col loro capo
morente." (Luigi Frusci generale in "In Somalia sul fronte meridionale" Cappelli 1936).
Il
capo di cui si parla è il grasmac (comandante di zona) Afeuork che,
sebbene ferito, si rifiuta di lasciare il comando e morirà prima di
arrivare all'ospedale di Dagabhur.
11 novembre. Hamanlei attacco etiope. Quattro carri armati Fiat-Ansaldo vengono distrutti. Perdite italiane.
Graziani è costretto ad aspettare 5 mesi prima di riprendere l'offensiva nell'Ogaden.
FRONTE NORD
De Bono, spinto da Mussolini, riprende l'operazione di conquista di Macallè.
Non
trovando resistenza la città viene occupata l'8 novembre. Ma con questa
occupazione la situazione peggiora perché dopo settimane di marcia le
armate abissine provenienti dalle regioni centrali sono giunte a
contatto con gli avamposti nemici.
18 novembre. Gli aerei italiani scoprono il concentramento di reparti
nemici (formato dall'armata del ras Cassia, da quella del ras Sejum) e
lo bombardano con 45 quintali di esplosivo.
Gli abissini reagiscono all'offesa aerea e sanno disperdersi in tempo per evitare gravi perdite.
11 novembre. Mussolini spinge De Bono a marciare su Amba Lagi, ma, di fronte alle perplessità di De Bono, acconsente ad una "ragionevole sosta a Macallè".
14 novembre. Mussolini comunica a De Bono che ha nominato come suo successore Badoglio.
28 novembre. Arriva Badoglio.
Con Badoglio la guerra muta carattere diventando guerra di distruzione.
Verranno
colpite le città, gli accampamenti, le strade, gli ospedali. Saranno
impiegati per la prima volta i gas asfissianti e l'iprite.
A dicembre inizia la controffensiva etiopica: le tre armate etiopiche si stanno avvicinando a quelle armate italiane.
A
sud dell'Amba Aradan si trova l'armata del ras Mulughietà, quella del
ras Cassa si avvia verso il Tembien, mentre quella del ras Immirù ha le
sue avanguardie nel Tacazzè.
4 dicembre. Vengono lanciati 45 quintali di bombe sulle colonne di ras Immirù per rallentarne l'avanzata.
6 dicembre. 76 quintali di esplosivo distruggono la cittadina di Dessiè e le tende della Croce Rossa.
Nonostante ciò gli abissini hanno imparato a camuffarsi e disperdersi e
a metà dicembre sono a contatto con gli italiani su tutto il fronte.
14-15 dicembre. Le avanguardie di ras Immirù attraversano il fiume
Tacazzè. Un altro contingente punta al passo di Dembeguinà dove passa
l'unica via di comunicazione con le linee nemiche con lo scopo di
tagliare la ritirata agli italiani.
La sconfitta di Dembeguinà apre a ras Immirù lo Scirè, mentre il ras Cassia invadendo il Tembiem, minaccia Macallè.
Di fronte a questa delicata situazione Badoglio decide di iniziare la
guerra chimica, non solo per fermare l'avanzata delle truppe ma per
terrorizzare le popolazioni.
Dal 22 dicembre al 18 gennaio vengono lanciati sul fronte nord
duemila quintali di bombe, per una parte rilevante caricate a gas tra
cui l'iprite (solfuro di etile biclorurato), che provoca la necrosi del
protoplasma cellulare ed è sicuramente mortale.
Testimonianze
Hailè Selassiè dinanzi all'assemblea ginevrina il 30 giugno 1936: "fu
all'epoca di accerchiamento di Macallè che il comando italiano, temendo
una disfatta, applicò il procedimento che ho il dovere di denunciare al
mondo. Dei diffusori furono istallati a bordo degli aerei in modo da
vaporizzare, su vaste distese di territorio, una sottile pioggia
micidiale. A gruppi di nove, di quindici, di diciotto, gli aerei si
succedevano in modo che la nebbia emessa da ciascuno formasse una coltre
continua. Fu così che, a partire dalla fine di gennaio 1936, i soldati,
le donne, i bambini, il bestiame, i fiumi, i laghi, i pascoli, furono
di continuo spruzzati con questa pioggia mortale. Per uccidere
sistematicamente gli esseri viventi, per avvelenare con certezza le
acque e i pascoli, il comando italiano fece passare e ripassare gli
aerei. Questo fu il suo principale metodo di guerra."
Dottor Schuppler, responsabile dell'ambulanza n.3, in un rapporto al ministro degli Esteri etiopico: "Ho
l'onore di portare a vostra conoscenza che il 14 gennaio 1936, per la
prima volta, delle bombe a gas sono state impiegate dagli aviatori
italiani. Queste bombe hanno ucciso 20 contadini e io ho curato 15 casi
di persone colpite dal bombardamento a gas tra cui 2 bambini. Le ustioni
sono state provocate dall'iprite, usata a sud del passo di Alagi".
Dottor Melly, responsabile di una delle ambulanze inglesi: "Tra
il 7 e il 22 marzo allorché questa ambulanza si trovava nella regione
dell'Ascianghi, curammo dai due ai trecento casi di ustioni da iprite.
La maggior parte dei gasati era rimasta momentaneamente accecata. Un
gran numero di ustioni presentava un carattere particolarmente grave,
terribile."
M. Junod, delegato Croce Rossa Internazionale, testimonia sul bombardamento all'iprite sull'aereoporto di Quorum.
FRONTE SUD
Contemporaneamente all'avanzata del ras Immirù a nord, il ras Destà giunge a contatto con le difese italiane del campo di Dolo.
Graziani decide di utilizzare in modo massiccio l'aviazione, ottenendo da Mussolini libertà d'azione per l'uso dei gas asfissianti.
Su Neghelli, base di rifornimento per gli etiopi, rovescia 177 quintali di esplosivo e di gas.
Testimonianza di ras Destà all'imperatore: "Dal
17 dicembre gli italiani gettano anche bombe a gas, le quali piovono
come la grandine... Le lesioni, anche leggere, prodotte da tale gas
gonfiano sempre più sino a diventare, per infezioni delle grandi piaghe".
30 dicembre. Graziani ordina un bombardamento nella zona di Gogorù per
colpire lo stato maggiore del ras Destà. Vengono lanciati da tre Caproni
3.134 chilogrammi di esplosivo.
Molte bombe colpiscono le tende e
gli automezzi di un ospedale da campo svedese con i contrassegni della
Croce Rossa provocando morti e feriti.
La notizia fa il giro del mondo.
La controffensiva di Graziani inizia il 12 gennaio nella battaglia del Ganale Doria che vede il lancio di 1.700 chilogrammi di gas asfissianti e vescicanti sulle popolazioni abissine
e l'inizio del disfacimento dell'armata etiope; prosegue con la
conquista di Neghelli (20 gennaio) su cui vengono lanciati ben 1.250
quintali di esplosivo. Le armate del ras Destà, bombardate e irrorate di
iprite, tentano di raggiungere il Kenya, ma verranno annientate nel
cosiddetto "vallone della morte".
FRONTE NORD
La battaglia dell'Endertà.
Badoglio decide di prevenire l'avversario e dal 19 gennaio inizia la battaglia del Tembien.
23
gennaio. Ras Cassia telegrafa all'imperatore per invitarlo a protestare
presso la Società delle Nazioni per l'uso di iprite da parte italiana.
La battaglia si conclude il 24 e con essa la controffensiva etiopica.
Hailè
Selassiè che aveva il suo quartiere generale a Dessiè decide di
cambiare strategia e di andare incontro ai nemici avanzando verso
Quoram. Secondo il negus questa scelta fu dovuta anche all'uso degli
aggressivi chimici da parte italiana.
10 febbraio. Badoglio inizia l'offensiva sull'Amba Aradan durante la quale vengono sparate molte granate caricate con arsine.
Sull'Amba
Aradan vengono catturati due europei al servizio del negus, il medico
polacco Belau e il suo assistente che verranno torturati perché
ritrattino la dichiarazione inviata alla SdN, che denunciavano il
bombardamento indiscriminato di Dessiè.
17-18-19 febbraio. Tutti gli aerei disponibili del fronte nord inseguono
l'avversario in rotta, lasciando cadere in una sola giornata 730
quintali di esplosivo. "I piloti sembravano scatenati. Si era data
libertà di volo e di azione chi faceva prima a rifornirsi partiva, era
una gara continua ... Non c'era bisogno di abbassarsi troppo: ogni
spezzone piombava in mezzo a loro seminando la morte. Era una bella
lezione per quelle teste dure" (testimonianza di Vittorio Mussolini in Voli sulle ambe).
Il ras Mulughietà viene ucciso mentre le armate del ras Cassa e del ras
Sejum sono avvolti nella manovra a tenaglia di Badoglio.
Febbraio/marzo. Seconda battaglia del Tembien. L'aviazione scaricherà
1.950 quintali di esplosivo. Con una manovra di accerchiamento gli
italiani riescono ad annientare le armate abissinie in ritirata che
vengono decimate dall'aviazione.
"I gruppi marciavano in pieno
disordine ma l'obbligatorietà del percorso lungo la pista, la strettezza
dei guadi, i binari delle pareti dei burroni, contribuivano
inevitabilmente a tenerli addensati in colonna. Anche da mille metri era
facile scorgerli. Poi si piombava, il veicolo imboccava il corridoio
delle anguste valli, ne obbediva lo zig zag. Seminava intanto,
sobbalzando agli schianti, il suo carico mortale". (Pavolini "Corriere della sera ", 3/3/1936.)
28 febbraio. Viene occupata Amba Alagi.
29 febbraio. Mentre è in corso la seconda battaglia del Tembien,
Badoglio attacca l'ultima armata etiopica del fronte nord, quella del
ras Immirù nella battaglia dello Scirè. Per fiaccare il nemico Badoglio,
come di consueto, all'impiego dei caccia e degli aerei da
bombardamento.
2 marzo. Verranno usati per la prima volta i lanciafiamme.
3-4 marzo. Badoglio, vistosi fuggire il grosso dell'esercito del ras
Immirù verso i guadi del Tacazzè, ordina all'aviazione di proseguire da
sola la battaglia.
Verranno lanciati 636 quintali di esplosivo e di iprite.
Lo stesso Badoglio racconta che per rendere più completa la distruzione
vengono lanciate piccole bombe incendiarie che trasformano in un solo
rogo i fianchi boschivi della valle del Tacazzè rendendo tragica la
situazione del nemico in fuga. I piloti che scendono a volo radente per
mitragliare i superstiti rilevano notevoli masse nemiche abbattute e
grande quantità di uomini e di quadrupedi trasportati dalla corrente.
Intanto il ras Immirù viene inseguito a sud del Tacazzè e i ras Cassa e Sejum si ritirano su Quorum.
19 marzo. Il negus Hailè Selassiè, raggiunto nel suo quartier generale a
Quorum, dal ras Cassa e dal ras Sejum, decide di avanzare verso gli
italiani e di dare battaglia nel loro campo a Mau Ceu prima che arrivino
forze più numerose.
Badoglio, che ancora non sa della decisione del negus, così scrive a Lessona in un telegramma del 12/3/36: "Se
il nemico invece di accettare battaglia nei pressi di Quorum mi fa uno
sbalzo indietro di cento chilometri, portandosi a Dessì, sono fritto.
Allora non rimane che il mio vecchio progetto. Mettere in azione tutta
l'aviazione e cominciare da Addis Abeba a tutti i centri importanti.
Tabula rasa. Sono convinto che in una settimana metteremmo l'Abissinia
in ginocchio".
21 marzo. Badoglio apprenderà la decisione del negus e si preparerà alla battaglia di Mau Ceu.
29 marzo. Mussolini rinnova a Badoglio l'autorizzazione ad usare gas di qualunque specie (tel n.3652).
30 marzo. La battaglia durerà 13 ore durante la quale gli aerei italiani
lanceranno 335 quintali di esplosivo e sparano 6.200 colpi di
mitragliatrice.
1 aprile. Hailè Selassiè ordina agli uomini rimasti di ripiegare sulla
pianura del lago Ascianghi dove verranno inseguiti e bombardati senza
tregua.
4 aprile. Gli scampati alla battaglia di Mau Ceu verranno bombardati con 700 quintali di bombe, molte caricate ad iprite. "Per
gli aviatori italiani non era più guerra era un gioco. Quale era il
rischio nel mitragliare dei cadaveri e dei morenti i cui occhi erano
bruciati dai gas?" ( testimonianza di Hailè Selassiè).
Il giornalista Cesco Tomaselli racconta: "Le
bombe esplodono nel fitto degli uomini che arrancano curvi, tenendo le
mani sulla testa come si fa quando si è colti da una grandinata sui
campi."
Molti moriranno per aver bevuto l'acqua contaminata dai gas tossici del lago dell'Endà Agafarì.
È Hailè Selassiè che racconta l'atroce visione e sottolinea come "sarebbe
stato necessario fissare questa immagine per poterla presentare al
mondo e distruggere per sempre nel cuore degli uomini i propositi di
guerra".
FRONTE SUD
L'avanzata di Badoglio preoccupa Graziani di restare escluso dal
successo finale; così, non potendo ancora iniziare l'azione di terra,
comunica che inizierà la sua offensiva aerea su Harar: "Ho ordinato che oggi 30 aerei da bombardamento distruggano Giggiga... dopo la distruzione di Giggiga distruggerò Harar" (Graziani a Badoglio e Mussolini 2/3/36).
22-23-24 marzo. 56 apparecchi lanciano 240 quintali di esplosivo.
29 marzo. Bombardata Harar, già dichiarata città aperta, e i cui
obiettivi di importanza militare sono insignificanti. Sulla città
verranno lanciati 120 quintali di esplosivo.
Un inviato del Corriere della sera, Mario Massai, che è a bordo di uno degli aerei scrive: "Per
quaranta minuti sono sbocciati sui bersagli, nella massa del colore
ocra delle casette di Harar, mostruosi funghi grigio-scuri per le
esplosioni delle bombe di grosso calibro e sono sprizzate le lingue di
fuoco degli incendi. La popolazione, che fin dal primo avvistamento si
era rovesciata in torrenti umani per le strette vie verso l'esterno
della città, ha assistito certo terrorizzata all'impressionante attacco
aereo".
Già il 3 marzo Graziani, nella Memoria segreta operativa per l'azione su Harar, tra le condizioni per la riuscita della azione, poneva il "libero
uso di bombe e proiettili a liquidi speciali per infliggere al nemico
le massime perdite e soprattutto per produrne il completo collasso
morale".
9 aprile. Graziani telegrafa a Lessona (sottosegretario alle colonie)
per informarlo del bombardamento a iprite del giorno precedente a
Bullalèh, Sassabanèh, Dagahbùr, Daagamedò, Segàg, Bircùt.
Due giorni dopo Mussolini telegrafa a Graziani ordinandogli di non fare uso di gas, ma dopo pochi giorni revoca l'ordine.
15 aprile. Graziani dà inizio all'offensiva su Harar.
Dopo aver gasato e bombardato per un mese la difesa etiope, Graziani inizia l'attacco da terra.
Il vescovo cattolico di Harar scrive ai suoi superiori in Francia: "Il bombardamento che gli italiani hanno fatto contro la città è un atto barbaro che merita la maledizione del Cielo".
La battaglia dell'Ogaden si concluderà con la conquista delle città precedentemente bombardate.
FRONTE NORD
26 aprile. Badoglio inizia la marcia verso Addis Abeba.
2 maggio. Hailè Selassiè lascia l'Etiopia per raggiungere l'Europa.
La
notizia provocherà gravi disordini e saccheggi ad Addis Abeba. La
maggior parte dei seimila stranieri si rifugia nelle legazioni. Fonti
italiane parlano di 600 morti.
Il cronista G.Steer sciverà: "Di quelli che ho visto morti o morenti, non ce n'è uno solo il cui sangue non ricada sulla testa di Mussolini".
Si
sa, infatti, che l'occupazione di Addis Abeba poteva avvenire la notte
del 2 maggio e che il rinvio di tre giorni è da ricollegarsi al
desiderio di sfruttare la tragedia in funzione antietiopica, perché
fornisce l'occasione di presentare il popolo etiope semibarbaro e
incapace di gestirsi da solo.
3 Maggio. Badoglio riceve un telegramma da Mussolini: "Occupata Addis
Abeba V.E darà ordine perché: 1) siano fucilati sommariamente tutti
coloro che in città o dintorni siano sorpresi con le armi alla mano, 2)
siano fucilati sommariamente tutti i giovani etiopi, barbari, crudeli,
pretenziosi, autori motali dei saccheggi, 3) siano fucilati quanti
abbiano partecipato a violenze, saccheggi, incendi 4) siano
sommariamente fucilati quanti, trascorse 24 ore, non abbiano consegnato
armi da fuoco e munizioni."(tel n. 5007)
5 maggio. Badoglio entra in Addis Abeba.
Steer scrive: "Gli italiani istituirono immediatamente la pena di
morte per due reati: il primo riguardava la partecipazione al
saccheggio, il secondo il possesso di armi... Ottantacinque etiopi,
accusati di saccheggio, furono giudicati e condannati a morte da una
corte sommaria. Ma le fucilazioni eseguite dai carabinieri sul posto
furono molte di più, ed esse vennero fatte senza alcuna parvenza di
processo. Se oggetti che essi ritenevano rubati venivano scoperti in un
tucul, il proprietario era immediatamente ucciso. Inquirenti francesi
hanno calcolato che almeno 1.500 sono stati liquidati in questo modo".
FRONTE SUD
9 maggio. Graziani incontrerà Badoglio alla stazione di Dire Daua. Con
la stretta di mano tra i due e l'incontro tra le armate italiane del
nord quelle del sud, si conclude ufficialmente la guerra.
26 maggio. Badoglio lascia definitivamente l'Africa.
Graziani diventa vicerè, governatore generale e comandante superiore delle truppe.
Preso da: http://www.criminidiguerra.it/campagnaetiopia.shtml
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