I bombardamenti dei caccia italiani sulla Libia, iniziati dopo Pasqua e continuati fino all'ottobre dell'anno scorso, sono stati tenuti nascosti per motivi politici. La notizia certo non è nuova e del resto durante il conflitto Il Sole 24 Ore fornì periodicamente in esclusiva i dati ottenuti da fonti confidenziali sui raid aerei italiani effettuati da jet di marina e aeronautica contro le forze di Gheddafi.
Ad ammettere la censura voluta all'epoca dal Governo Berlusconi e tenacemente imposta dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha provveduto ieri uno dei protagonisti di quella guerra, il generale Giuseppe Bernardis , capo di stato maggiore dell'aeronautica militare. In occasione della presentazione del libro edito dalla Rivista Aeronautica ''Missione Libia 2011. Il contributo dell'Aeronautica Militare'' che fa luce su molti aspetti di quella guerra , il generale ha attribuito il deficit di comunicazione alla «situazione critica di politica interna» in cui viveva allora il Paese. Negli oltre sette mesi di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011, «è stata fatta un'attività intensissima» - ha detto Bernardis, friulano con 4 mila ore di volo su 19 tipi di velivoli – «che è stata tenuta per lo più nascosta al padrone vero dell'aeronautica militare, che sono gli italiani, per questioni politiche, per esigenze particolari. C'erano dei motivi di opportunità, ci veniva detto, e noi chiaramente non abbiamo voluto rompere questo tabù che ci era stato imposto. Questo è il motivo per cui questo volume esce solo adesso, un anno dopo».
Parlando a braccio il generale ha utilizzato termini meno diplomatici, attribuendo la censura imposta alle informazioni belliche a una precisa volontà politica di «non dire quello che si faceva». «A volte per questioni di politica interna si impedisce al Paese di svolgere al meglio il suo ruolo di politica estera e questo non è possibile: non si voleva che si parlasse di questa missione perché c'era una situazione critica di politica interna». Un chiaro riferimento alla pesante emarginazione dell'Italia dalla gestione politica della crisi libica attuata dagli alleati e in particolare da francesi e britannici evidentemente interessati a prendere il posto di Roma nei rapporti economici con la nuova dirigenza di Tripoli. Benché le forze aeree italiane avessero svolto un numero di missioni inferiori solo a britannici e francesi, in un conflitto che senza le basi aeree della Penisola (dalle quali partirono la gran parte dei raids aerei della Nato) gli alleati non avrebbero mai potuto combattere e vincere, la censura posta dal Governo contribuì a marginalizzare il peso dell'Italia.
Bernardis ha anche accennato al caso del maggiore Nicola Scolari, che aveva compiuto la prima missione in Libia decollando da Trapani e che ai giornalisti aveva descritto la missione del suo Tornado ECR durante la quale peraltro non erano stati impiegati i missili anti-radar Harm contro le postazioni della difesa aerea di Gheddafi. Ignazio La Russa aveva giudicato quelle dichiarazioni inopportune con conseguente immediato ritorno dell'ufficiale al suo stormo, il 50° di Piacenza. «Venne mandato via perché aveva fatto solo il suo lavoro», ha detto Bernardis. Scolari non ha comunque subito alcuna conseguenza disciplinare per quelle dichiarazioni.
Preso da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-29/generale-bernardis-notizie-raid-111455.shtml?uuid=AbF1AU7G&refresh_ce=1
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