Giugno 1936. L'Etiopia resta per quasi due terzi da occupare soprattutto nell'ovest e nel sud dell'impero.
I
focolai di guerriglia sono presenti nello Scioa e lungo la ferrovia
Addis Abeba-Gibuti. Difficoltà anche a causa della stagione delle piogge
che blocca i movimenti nelle strade e rende difficili i rifornimenti.
Graziani è praticamente assediato ad Addis Abeba, mentre Badoglio è in Italia a riscuotere premi e onori.
In complesso il periodo da maggio a ottobre ha un carattere
prevalentemente difensivo. Si intensifica la repressione del ribellismo.
Nei primi giorni di giugno Mussolini telegrafa a Graziani i seguenti ordini:
"Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi" (tel n. 6496)
"Per finirla con i ribelli...impieghi i gas" (tel.6595)
"Autorizzo ancora una volta V.E a iniziare e condurre
sistematicamente la politica del terrore e dello sterminio contro i
ribelli e le popolazioni complici. (tel n. 8103)
Poggiali, nel suo Diario AOI, scrive a proposito di Addis Abeba: "Intorno alla città vi sono bande armate e minacciose. Da una settimana si vive sotto l'incubo di un assalto in grande stile".
L'attacco viene sferrato il 28 luglio.
Nel timore che la popolazione insorga i carabinieri operano arresti di massa di etiopi adulti e Poggiali afferma: "Probabilmente
la maggior parte è innocente persino di quanto accaduto. Trattamento
superlativamente brutale da parte dei carabinieri, che distribuiscono
scudisciate e colpi di calci di pistola".
A questo attacco partecipa il degiac Aberra Cassa secondogenito del ras
Hailù che gode di grande prestigio sia perché di sangue imperiale, sia
perché si è distinto come grande combattente nella battaglia del Tembien
e nella difficile ritirata di Mau Ceu. Inoltre gode dell'appoggio della
chiesa copta e in particolare del vescovo di Dessiè, l'abuna Petros.
Coadiuvato
dal fratello, dopo i primi rovesci, adotterà una politica
temporeggiatrice che lo isolerà rendendolo preda di Graziani.
L'attacco ad Addis Abeba fallirà, l'abuna Petros portato in piazza verrà
giudicato colpevole da un tribunale militare e giustiziato dai fucili
di 8 carabinieri.
Graziani informa Lessona, ministro delle colonie: "La
fucilazione dell'abuna Petros ha terrorizzato capi e popolazione...
Continua l'opera di repressione degli armati dispersi nei boschi. Sono
stati passati per le armi tutti i prigionieri. Sono state effettuate
repressioni inesorabili su tutte le popolazioni colpevoli se non di
connivenza di mancata reazione" (telegramma n.1667/8906).
Un altro problema per Graziani è l'occupazione dell'ovest ( in
particolare i centri di Gore, Lechemiti, Gimma, Gambela) che Mussolini
vuole al più presto sotto controllo per allontanare il pericolo di una
eventuale pretesa del governo inglese su quei territori in quanto
confinanti con il Sudan.
Il problema più urgente è Gore dove da
maggio si è insediato un governo provvisorio e dove si sono rifugiati
gli uomini del passato regime, gran parte dei Giovani Etiopi, la metà
dei cadetti di Olettae, i soldati del ras Immirù (il miglior generale di
Hailè Selassiè).
In questo contesto avverrà il rogo di tre aerei
italiani da bombardamento, che provocherà grande ondata di indignazione
in Italia, ma nessuna rappresaglia perché il 4 luglio la Società delle
nazioni revoca le sanzioni all'Italia e il problema dell'Ovest non ha
più quella urgenza prima sottolineata.
Dal mese di ottobre Graziani riprende la conquista dell'Ovest, mentre il
ras Immirù tenta di sfuggire all'accerchiamento e nello stesso tempo
incita le popolazioni contro gli italiani: "Gli italiani che contro
il loro diritto hanno ucciso i nostri soldati col veleno e con le bombe,
sono forse venuti ora per guardarvi col cuore commosso, per farvi
vivere tranquilli? ... Se gli italiani avessero un cuore buono e
sapessero governare, non avrebbero dovuto combattere per 25 anni a
Tripoli ... Gli italiani ci vogliono togliere il paese che i nostri avi
resero prospero..."(ACS Fondo Graziani).
Il ras Immirù si arrenderà il 16 dicembre e verrà confinato in Italia sino al 1943.
Nello stesso periodo vengono uccisi i tre fratelli Cassa.
Il
primogenito Uonduossen si arrese alle truppe del generale Pirzo Biroli e
subito passato per le armi. Gli altri due si consegnarono
spontaneamente al generale Tracchia contando sulla garanzia fatta dagli
italiani di aver salva la vita; furono arrestati dai carabinieri, mentre
bevevano il caffè nella tenda del generale Tracchia che così comunica
la notizia a Graziani: "Alle 18,35 in Ficcè, sede della loro famiglia
e noto covo di rivolta da cui partirono gli ordini per l'attacco alla
capitale, Aberra e il fratello Asfauossen cadevano sotto il piombo
giustiziatore."
L'unico capo etiope ancora in armi era ras Destà che, a fine novembre,
dopo aver abbandonato Sidamo, si ritira al centro in una regione
montuosa. Nel dicembre accetta di avviare trattative con gli italiani
ma, la notizia della uccisione dei fratelli Cassa e la richiesta della
sottomissione senza condizioni fatta dagli italiani, fanno fallire le
trattative.
Graziani ordina di bombardare la regione in cui il ras ha
trovato rifugio. Si combatte per una settimana. Il ras, inseguito
dall'aviazione e dagli autoblindo, viene nuovamente attaccato mentre
sosta a Goggetti, ma riesce a scappare.
Secondo gli ordini di Mussolini, tutti i capi catturati verranno passati alle armi e lo stesso villaggio dato alle fiamme.
"È
inteso che la popolazione maschile di Goggetti di età superiore ai 18
anni deve essere passata per le armi e il paese distrutto" (tel 54000).
Il ras Destà verrà fatto prigioniero nel suo villaggio natale il 24 febbraio da uomini di un degiac collaborazionista.
Consegnato agli italiani fu impiccato dagli uomini del capitano Tucci.
Sulla "Gazzetta del popolo" del 24 febbraio 1938 Guido Pallotta vice-segretario dei Guf, commentando la morte del genero dell'imperatore, scrive: "E
nello scroscio del plotone di esecuzione echeggiò la più strafottente
risata fascista in faccia al mondo, la sfida più cocente alle truppe
sanzioniste. Schiaffone magistrale che il capitano Tucci menò alla
maniera squadrista sulle guance imbellettate della baldracca ginevrina".
Ma dopo il fallito attentato a Graziani si scatena la reazione ancora più violenta degli italiani.
17
febbraio 1937. Graziani invita nel suo palazzo di Adis Abeba la nobiltà
etiope per festeggiare la nascita del principe di Napoli e per
l'occasione decide di distribuire una elemosina ad invalidi del luogo
(ciechi, storpi, zoppi ).
La testimonianza di un medico ungherese
presente, sottolinea la dura rappresaglia seguita al fallito attentato.
Anche le immagini del filmato Fascist legacy della BBC mostrano come nessun etiope uscì vivo dal cortile dove si teneva la cerimonia.
Una nota dell'ambasciatore USA in Etiopia sottolinea che fatti del genere non si vedevano dal tempo del massacro degli armeni.
Graziani comunica immediatamente ai governatori delle altre regioni di agire con il massimo rigore.
Ad Addis Abeba è il federale Guido Cortese che scatena la rappresaglia.
Testimonianza di Poggiali: "Tutti i civili che si trovano ad Addis
Abeba hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente
coi sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di
manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano
ancora in strada... Vedo un autista che, dopo aver abbattuto un vecchio
negro con un colpo di mazza, gli trapassa la testa da parte a parte con
una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente
ignara e innocente".
Vengono incendiati tucul, chiese copte,
terreni coltivati, quintali di orzo Anche la chiesa di San Giorgio viene
data alle fiamme "per ordine e alla presenza del federale Cortese".
Ad Addis Abeba 700 indigeni vengono fucilati dopo essere usciti a
gruppi dalla ambasciata britannica dove si erano rifugiati (fatto
denunciato dal ministro inglese al Parlamento il 26/3/37)
Vengono inquinati i terreni con aggressivi chimici, abbattuto il bestiame.
Molti uomini bruciati vivi, altri lapidati o squartati.
Mussolini con un fonogramma impone che ogni civile sospettato sia fucilato senza processo.
Il numero esatto delle vittime della repressione è di 30.000 per gli
etiopi, tra i 1.400 e i 6.000 per inglesi, francesi e americani.
Graziani il 22 febbraio scrive a Mussolini: "In
questi tre giorni ho fatto compiere nella città perquisizioni con
l'ordine di far passare per le armi chiunque fosse trovato in possesso
di strumenti bellici, che le case relative fossero incendiate. Sono
state di conseguenza passate per le armi un migliaio di persone e
bruciati quasi altrettanti tucul" (tel n. 9170).
26 febbraio. Graziani fa fucilare 45 "tra notabili e gregari risultati colpevoli manifesti" (tel. N.9894 ).
Nei
giorni successivi fa fucilare altri 26 esponenti della intellighenzia
etiopica, elementi aperti alla cultura europea. Altri 400 notabili
vengono trasferiti in Italia, mentre altri "elementi di scarsa importanza ma nocivi"
con a seguito donne e bambini (tel. Graziani a Santini n.20650),
vengono confinati a Danane dopo un viaggio durato più di 15 giorni che
provocherà morti per stenti, vaiolo e dissenteria. ...
19 marzo. Graziani scrive a Lessona: "Convinto della necessità di
stroncare radicalmente questa mala pianta, ho ordinato che tutti i
cantastorie, gli indovini e stregoni della città e dintorni fossero
passati per le armi. A tutt'oggi ne sono stati rastrellati e eliminati
settanta."(tel. 14440).
21 marzo. Graziani scrive a Mussolini: "Dal 19 febbraio ad oggi sono
state eseguite 324 esecuzioni sommarie... senza comprendere le
repressioni dei giorni 19 e 20 febbraio"
30 aprile. Le esecuzioni sono passate a 710 (tel. n.22583), il 5 luglio a
1686 (tel n.33911), il 25 luglio a 1878 (tel. n. 36920) e il 3 agosto a
1918 (tel. n.37784).
Dalla relazione del colonnello Hazon si evince che i soli carabinieri hanno passato per le armi 2.509 indigeni.
Alcuni episodi raccontati dallo stesso Graziani testimoniano che le esecuzioni avvenivano spesso senza la minima prova.
14 marzo. Un nucleo di carabinieri, recatosi in una abitazione per
arrestare un ricercato, arresta sia il proprietario che gli 11 indigeni
che si trovavano sul posto per non aver favorito la cattura del
ricercato.
Graziani scriverà a Lessona "Data la gravità del fatto li ho fatti passare per le armi" (tel. n.14150).
23 aprile. 32 capi amhara e 100 indigeni fucilati per condotta dubbia e Argio bruciata (tel. Graziani a Lessona n.23313)
25 aprile. 200 amhara arrestati, cacciati dentro una fossa e fucilati.
Poggiali scrive: "Nell'Uollamo un capitano italiano ha fatto razzia
di bestiame a danno di una famiglia indigena. Il capofamiglia denuncia
la prepotenza e il capitano uccide tutta la famiglia compresi i bambini"
A maggio Graziani si vendica del clero copto accusato di connivenza con gli autori dell'attentato.
Secondo la relazione del generale Maletti, che ha sostituito Tracchia
nella repressione dello Scioa, in due settimane le sue truppe incendiano
115.422 tucul, tre chiese, un convento, e uccidono 2.523 ribelli,
servendosi del battaglione musulmano al posto di quello eritreo composto
in gran parte da copti.
Maletti il 18 maggio accerchia il villaggio conventuale di Debra Libanòs, il più celebre di Etiopia."Questo
avvocato militare mi comunica che ha raggiunto le prove della correità
dei monaci del convento ... Passi pertanto per le armi tutti i monaci
compreso il vicepriore" (tel. di Graziani a Maletti n. 25876).
Dopo
aver ricevuto da Graziani la conferma della responsabilità del convento
nell'attentato, il 20 maggio, trasferisce in un vallone a Ficcè 297
monaci e 23 laici e li passa per le armi".
Sono stati risparmiati i giovani diaconi, i maestri e altro personale d'ordine... Il convento chiuso definitamente." (tel. Di Graziani Lessona n.23260).
Tre giorni dopo invia un nuovo telegramma a Maletti: "Confermo pienamente la responsabilità del convento di Debra Libanòs. Ordino pertanto di passare per le armi tutti i diaconi" (tel. 26609).
In realtà recenti studi hanno fatto salire a 1600 il numero delle vittime del massacro di Debra Libanos.
Intanto continua l'azione antiguerriglia delle truppe italiane nelle
regioni dell'impero come si deduce dai bollettini inviati al ministero
dell'Africa italiana.
I fatti si riferiscono a esecuzioni, rastrellamenti di armi, distruzioni di paesi ostili.
4 aprile. Bruciato il paese di Atzei e il bestiame sequestrato dopo aver
accertata la ostilità degli abitanti contro gli italiani.
12 aprile. Nella regione dei Galla-Sidamo erano stati sequestrati 2.000
fucili, 14 mitragliatrici, 50 pistole; nel territorio di Ambo 6.823
fucili, 16 mitragliatrici, 19 pistole.
18 aprile. Occupato e incendiato il villaggio di Eso dopo che erano stati catturati e eliminati 21 ribelli.
1 maggio. Graziani comunica a Roma che i bombardamenti nel governatorato dell'Harrar proseguivano.
In agosto scoppia simultaneamente una rivolta in varie parti dell'impero. Per Graziani il principale capo è Hailù Chebbedè
Nel settembre del 1937 viene catturato e fucilato; la sua testa
infilzata su un palo è esposta nella piazza del mercato di Socotà e
Quoram.
Graziani, alla fine dell'anno, verrà sostituito con il Duca d'Aosta che attuerà una politica meno repressiva .
Preso da: http://www.criminidiguerra.it/repressioneimpero.shtml
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