1 gennaio 2018
DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Quando il Congresso autorizzò Robert Mueller e il suo team di avvocati a indagare su rapporti tra il governo russo e la squadra elettorale
di Trump, gli avversari del presidente sperarono che prima o poi
sarebbero emerse delle prove concrete sulla collusione di Trump con il
governo russo.
Alla fine però la prova principale del Consigliere speciale Robert Mueller, sostenuta nella sua indagine «Russiagate»,
non ha rivelato la possibile collusione russa, ma un’altra collusione,
quella fra Trump e Israele, che avvenne ancora prima di essere
inaugurato Presidente.
Dopo tre incriminazioni che non
confermarono la grande narrazione collusiva, Mueller era riuscito a
trascinare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn
davanti a un tribunale federale
per aver mentito all’FBI. Ma l’incriminazione ha minato la narrativa
del Russiagate mentre ne implicava un’altra, molto più sconveniente.
Flynn ha ammesso di aver mentito all’FBI a proposito di una telefonata
con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Kislyak, durante il
periodo di transizione tra l’elezione e l’inaugurazione, non durante la
campagna elettorale. L’ambasciatore chiese a Flynn di non accanirsi con
le sanzioni imposte da Obama alla Russia, per accuse ancora non provate
sulla violazione del Comitato Nazionale Democratico da parte di agenzie
di intelligence russe.
L’unico
problema in cui Flynn aveva proposto una qualche forma di coordinamento
con la Russia era stato quella di sconfiggere ISIS e Al Qaeda in Siria,
mentre sosteneva che i tentativi dell’amministrazione Trump di
collaborare con le sue controparti russe in Siria erano state
l’obiettivo di un implacabile sabotaggio da parte di media opportunisti e
dei funzionari della sicurezza nazionale dell’epoca di Obama.
Sta
di fatto che grazie alla soffocante atmosfera da Guerra Fredda che
questi insiders hanno coltivato a Washington, gli Stati Uniti sono stati
ridotti ad uno spettatore impotente mentre Russia, Iran e Turchia si sono unite per imporre la fine della guerra, che ha devastato la Siria negli ultimi cinque anni.
L’accusa contro Flynn avrebbe voluto rivelare la collusione tra
il Team di Trump e uno stato straniero, ma quello stato non era lo
stesso che i media avevano ripetuto fino alla nausea, per un anno
intero.
Flynn si era attivato con Kislyak per fare pressioni sul diritto di veto della Russia contro una risoluzione del
Consiglio di sicurezza dell’ONU, che condannava la crescita degli
insediamenti illegali di Israele. E lo ha fatto su ordine di Jared
Kushner, genero del presidente, che stava agendo a nome del primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Grazie
all’imputazione di Flynn, ora sappiamo che il primo ministro israeliano
è riuscito a trasformare l’amministrazione Trump nella sua arma
personale per minare lo sforzo solitario di Obama di ritenere Israele
responsabile di insediamenti illeciti. Un esempio chiaro di una potenza
straniera che collude con un’operazione politica americana contro un
presidente insediato.
Intanto una squadra di ricercatori del Super
PAC democratico (organizzazione di raccolta fondi indipendente) ha
scoperto che il genero del presidente non aveva rivelato il suo ruolo di
co-direttore della Charles Kushner Foundation durante gli anni in cui
la “carità” della sua famiglia finanziava l’impresa israeliana per gli
insediamenti illegali. L’imbarazzante omissione ha scalfito a malapena
la superficie delle relazioni decennali di Kushner con il governo
israeliano guidato dal Likud.
Durante gli anni ’90, l’adolescente Jared Kushner fu costretto a lasciare la
sua camera da letto per Netanyahu, che così aveva un posto dove stare
quando si trovava a New York per lavoro. Almeno dal 2006, i Kushners
hanno donato circa
315.000 dollari agli amici dell’IDF, il braccio di raccolta fondi
americano dell’esercito israeliano e decine di migliaia di dollari agli
insediamenti illegali israeliani nella Cisgiordania occupata, da Beit El
a Gush Etzion .
Quando
Jared Kushner aveva 17 anni, aveva fatto un viaggio ad
Auschwitz-Birkenau, dove un milione di ebrei sono stati assassinati, e
aveva ascoltato il discorso di Benjamin Netanyahu «L’Olocausto avrebbe
potuto essere prevenuto. Sappiamo che non avrebbe potuto aver luogo se
lo stato ebraico fosse stato istituito pochi anni prima», aveva detto il
primo ministro nel 1998, tra le rovine di un crematorio di
Auschwitz-Birkenau, mentre Jared Kushner e migliaia di altri adolescenti
sventolavano bandiere israeliane, in processione attraverso i cancelli
del campo e oltre la caserma. Come parte della commemorazione,
il gruppo aveva lasciato poi presto la Polonia ed era volato in
Israele, per completare il viaggio, dal massacro alla rinascita
sionista.
A
quei tempi, il signor Kushner era un giocatore di basket del liceo e
nessuno avrebbe potuto immaginare che diventasse un partner negoziale di
Netanyahu. Ma a differenza di altri studenti del viaggio, conosceva il
primo ministro, che era in rapporti amichevoli con suo padre, uno
sviluppatore immobiliare sostenitore di cause israeliane.
Oggi
Netanyahu è al suo secondo mandato come primo ministro, mentre Jared
Kushner è il genero del Presidente Trump e un importante consigliere per
gli affari mediorientali. Trump ha detto che Kushner proverà a «fare la
pace», che il presidente ha definito «l’ultimo affare».
Kushner,
durante un corso intensivo di diplomazia, ha parlato con i leader arabi
nelle ultime settimane, ma rimane un mistero per molti funzionari
mediorientali, perché non ha esperienza di governo o di affari
internazionali. La sua conoscenza del mondo arabo equivale a poco più di
alcuni viaggi in una manciata di paesi del Golfo Persico e una gita
costellata di stelle in Giordania.
La
fondazione della famiglia Kushner ha persino fatto donazioni alla
«Yeshiva Od Yosef Chai», un’istituzione religiosa ebraica in
Cisgiordania, che è servita per una base di attacchi terroristici ai
coloni palestinesi. La Yeshiva è stata guidata da una coppia di rabbini,
che hanno prodotto un trattato genocida, che il quotidiano israeliano
Maariv ha descritto come «Una
guida rabbinica per uccidere i non-ebrei, che ha scatenato un putiferio
in Israele e ha messo in luce il potere che un gruppo di teocratici genocidi esercita sul governo».
Netanyahu
ha dunque riattivato i suoi profondi legami con la famiglia Kusher, e
ci sono indicazioni preoccupanti che le sue agenzie di intelligence
abbiano spiato gli Stati Uniti tramite Kushner e la squadra di
transizione di Trump.
Eli Lake, un editorialista neoconservatore
di Bloomberg che frequentemente si affida a fonti interne di Trump e di
Netanyahu, ha riferito che
gli «inviati israeliani hanno condiviso le proprie informazioni sugli
sforzi di lobbying dell’amministrazione Obama, per convincere gli Stati
membri a sostenere la risoluzione [ONU] con la squadra di transizione di
Trump.»
Due ex funzionari della squadra di transizione di Trump
dicono che durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Obama, il
generale in pensione era stato incaricato di contattare ambasciatori
stranieri e ministri degli esteri del Consiglio di sicurezza dell’ONU,
in vista di un voto che condannava gli insediamenti illegali. A Flynn fu
detto di cercare di indurli a ritardare il voto fino a dopo che Barack
Obama avesse lasciato l’incarico, o di opporsi completamente alla
risoluzione.
Ciò è rilevante ora perché una delle menzogne di
Flynn all’FBI è stata quando ha negato di aver chiesto proprio questo
all’ambasciatore russo a Washington.
Invece uno straordinario spettacolo si
è svolto questo 2 dicembre presso la Brookings Institution, dove il
giovane Kushner si è impegnato in una conversazione chiave con
l’oligarca israeliano-americano Haim Saban, che ha fatto l’elogio di
Kushner per la collusione ordita con Netanyahu.
Kushner ha così
ricevuto elogi pubblici per i suoi tentativi illegali di far deragliare
un voto del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che condanna gli
insediamenti israeliani. Benché Saban, dopo aver guadagnato la sua
fortuna nell’industria israeliana delle telecomunicazioni, sia diventato
uno dei donatori più generosi del Partito Democratico.
I milioni
di Saban hanno finanziato la costruzione del quartier generale del
Comitato Nazionale Democratico e hanno riempito le casse della campagna
di Bill e Hillary Clinton. Nel 2012, come ricompensa per le bellissime
donazioni del Super PAC di Saban a Obama, il presidente ha nominato la
moglie del miliardario, un’ex modella di Playboy e stilista per
bambini, senza esperienza diplomatica, come rappresentante speciale
degli Stati Uniti presso l’assemblea generale delle Nazioni Unite.
Lo
spettacolo di un uomo potente del Partito Democratico che difendeva una
delle figure più influenti dell’amministrazione Trump era chiaramente
destinato ad attribuire una patina di normalità bipartisan alla
collusione di Kushner con il governo Netanyahu. Infatti lo sforzo di
Saban per proteggere il genero presidenziale è stato immediatamente
integrato da un editoriale del DailyMail intitolato «Jared Kushner aveva
ragione di colludere con la Russia, perché lo ha fatto per Israele».
Intanto
gli insiders della Resistenza liberista anti-Trump hanno minimizzato il
ruolo di Israele nella saga di Flynn. Mentre Rachel Maddow di MSNBC ha trascorso l’intero anno ad inveire contro il «Russiagate».
La vera urgenza era la posizione del Consiglio di sicurezza
verso l’illegalità degli insediamenti israeliani nei territori
palestinesi occupati dal 1967, inclusa Gerusalemme Est, e questo aveva
comportato una flagrante violazione ai sensi del diritto internazionale e
un grosso ostacolo alla visione di due Stati, che vivono fianco a
fianco in pace e sicurezza, entro confini internazionalmente
riconosciuti: 14 delegazioni hanno votato a favore della risoluzione 2334 (dicembre 2016), gli Stati Uniti invece si sono astenuti.
Ciò che volevano sia Trump che Kushner, era combattere i palesinesi, non tanto l’ISIS. La Russia comunque votò a favore della risoluzione, non la indebolì e nemmeno pose il veto, come Netanyahu-Kushner avevano sollecitato.
Quindi
sembra che Trump non sia stato l’agente di Putin in questa faccenda, ma
se mai che suo genero abbia prestato servizio come agente di Netanyahu,
probabilmente con qualche autorizzazione da parte di Trump stesso, ma
l’accusa non è nemmeno riuscita a provare che ci fosse stata tale
autorizzazione. Infatti Michael Flynn ha ammesso che i suoi contatti con
Kislyak erano stati autorizzati solo da Kushner «un membro molto
“anziano” della squadra di transizione presidenziale».
Intanto i
repubblicani stanno forzando la mano, nella speranza che ad assumere il
mandato di Trump per il resto della legislatura, possa essere Mike
Pence. Ma per ottenere questo risultato occorrerebbe il voto del 67%
dei 100 senatori.
Però, mentre i democratici sembrano desiderosi
che si realizzi questo scenario, tra democratici e indipendenti sono
favorevoli solo 46/48, quindi ci vorrebbe il voto di 9/11 dei 52
repubblicani del Senato.
La
Costituzione degli Stati Uniti non fornisce altro modo per privare il
Presidente del suo mandato, se non l’impeachment, un processo per
illeciti commessi nell’esercizio delle sue funzioni. Per il momento
prove concrete sul «Russiagate» non ce ne sono, se mai ci sono quelle su
«Israelgate», ma il fatto non disturba nessun membro del Congresso.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
31.12.2017
Preso da: https://comedonchisciotte.org/russiagate-e-in-realta-israelgate-trump-e-un-agente-di-israele-non-della-russia/
Nessun commento:
Posta un commento