Davide. 2 gennaio 2018
FONTE: MOON OF ALABAMA
Nell’articolo Iran – Gli agenti di regime change usano proteste economiche, abbiamo esaminato l’operazione israelo-americana in corso, l’istigazione di una rivolta in Iran. Ciò che segue sono alcuni altri punti di analisi ed una visione degli sviluppi da allora. Una rivoluzione colorata o una rivolta in Iran hanno poche chance di successo. Ma anche in caso di fallimento possono essere usate come pretesto per ulteriori sanzioni ed altre misure anti-iraniane. Gli incidenti attuali sono quindi solo parte di un piano ben più ampio.
Nelle democrazie “occidentali”, la “sinistra”, perlomeno in teoria, dovrebbe essere come culturalmente liberale o progressista e per un’economia sociale che avvantaggi una fascia di popolazione più ampia; la destra è considerata culturalmente conservatrice, che favorisce i segmenti più ricchi e con una preferenza per il libero mercato.
In Iran è diverso.
In breve: i conservatori, o “principalisti”, sono sì culturalmente tali ma preferiscono programmi economici a beneficio dei poveri. La loro base sono le popolazioni rurali e le fasce più povere degli abitanti delle città. L’ultimo presidente iraniano vicino a loro è stato Ahmedinejad. Una delle sue principali politiche è stata l’implementazione di pagamenti in contanti per i bisognosi, al posto di costosi sussìdi su prodotti petroliferi e generi alimentari. L’attuale presidente iraniano Rouhani è un “riformista”. La sua base sono i mercanti e le parti più ricche della società. È culturalmente progressista ma le sue politiche economiche sono neoliberiste. Il nuovo budget che ha introdotto per il prossimo anno riduce le sovvenzioni per i poveri introdotte da Ahmedinejad. Aumenterà fino al 30-40% i prezzi del carburante e del cibo di base.
Le proteste del 28 e 29 dicembre hanno riguardato queste ed altre questioni economiche. Rivolte del genere si verificano regolarmente in Iran. Quelle attuali però sono state presto dirottate da piccoli gruppi che hanno scandito slogan contro il sistema iraniano e contro il forte impegno in Siria e Palestina. Queste non sono le posizioni della maggioranza degli 80 milioni di iraniani:
Secondo un sondaggio, il 67,9% dice che l’Iran dovrebbe aumentare il sostegno ai gruppi anti-IS, rispetto al 59,8% di un anno fa. Una maggioranza del 64,9% inoltre sostiene il dispiegamento di personale militare in Siria per aiutare il regime di Assad, in leggero aumento rispetto al 62,7% di un anno fa.
I piccoli gruppi che hanno dirottato le proteste contro le politiche economiche di Rouhani sono stati pesantemente promossi dai soliti sospetti, gli operatori di influenza americani. Avaaz, RAND cooperation, Human Rights Watch ed altri sono sùbito saliti sul carro dei vincitori (come al solito, Ken Roth di HRW ha usato un’immagine di un raduno filogovernativo per illustrare le proteste antigovernative, molto più piccole). I gruppi più piccoli che hanno dirottato e pubblicizzato la manifestazione sembrano ben coordinati. Non sono però né un movimento genuino né una maggioranza.
La mattina del 30 dicembre si sono svolte in diverse città grandi manifestazioni a sostegno della Repubblica Iraniana. A Teheran ne hanno preso parte diverse migliaia di persone.
Suzanne Maloney, l’autoproclamatasi “drogata di Iran” del Center for Middle East Policy del Brookings Institute, li ha interpretati come contro-dimostrazioni ai piccoli raduni della sera prima:
Suzanne Maloney @MaloneySuzanne – 2:40 PM – 30 Dec 2017
La Repubblica Islamica è molto abile ad organizzare raduni pro-regime (lo stesso Rouhani ne ha capeggiato uno nel 1999 dopo le proteste studentesche). Quel che è interessante è che stavolta è stato organizzato quasi sùbito.
La “drogata di Iran” nonché “esperta” non sa che manifestazioni annuali pro-governative si tengono il 9° di ogni Dey (calendario iraniano) dal 2009 e sono programmate con largo anticipo. Commemorano lo sventato tentativo di rivoluzione colorata a firma CIA del 2009. Quel tentativo aveva seguìto la rielezione di Ahmedinejad. Aveva usato come burattini la parte più ricca della società iraniana nel nord di Teheran. Non è ancora chiaro di quali strati sociali, se così è, si stia avvalendo questo tentativo.
Nel giugno 2009 Brookings ha pubblicato un manuale su come rovesciare il governo iraniano o prendere il controllo del paese. La Maloney ne era uno degli autori. “QUALE PERCORSO IN PERSIA? – opzioni per una nuova strategia americana verso l’Iran” (pdf) è suddiviso in quattro parti:
Parte I – Dissuadere Teheran: le opzioni diplomatiche
Parte II – Disarmare Teheran: le opzioni militari
Parte III – Rovesciare Teheran: regime change
Parte IV – Scoraggiare Teheran: contenimento
La parte III comprende:
Capitolo 6: rivoluzione di velluto: sostenere una rivolta popolare
Capitolo 7: ispirare un’insurrezione: sostenere una minoranza e gruppi di opposizione
Capitolo 8: colpo di stato: sostenere una mossa militare contro il regime
La “rivoluzione colorata” di velluto fallì nel 2009 quando il “movimento verde” non riuscì a convincere il popolo iraniano che si trattava di più di un tentativo straniero di rovesciare la propria repubblica.
Ciò a cui assistiamo attualmente in Iran è una combinazione dei capitoli 6 e 7 del piano Brookings. Dietro un movimento in qualche modo popolare che protesta contro le politiche economiche neo-liberiste del governo Rohani, un movimento militante, come visto la scorsa notte (sotto), sta attuando una strategia di escalation che potrebbe portare ad una guerra civile. Abbiamo già visto una combinazione simile in Libia ed all’inizio dell’attacco alla Siria (Tony Cartalucci di Land Destroyer Report ha ampiamente scritto sul dossier Brookings, definendolo come un “manuale per rovesciare nazioni”).
Lo scorso giugno il Wall Street Journal ha riferito che la CIA aveva istituito una cellula operativa speciale per attacchi del genere contro l’Iran:
La Central Intelligence Agency ha istituito un’organizzazione focalizzata esclusivamente sulla raccolta e l’analisi delle informazioni sull’Iran, riflettendo la decisione dell’amministrazione Trump di rendere quel paese un obiettivo prioritario per le spie americane – dicono funzionari USA.
L’Iran Mission Centre riunirà analisti, personale operativo e specialisti di tutta la CIA per mettere in pratica le capacità dell’agenzia, azioni segrete incluse.
Il capo del nuovo ufficio è uno dei più spietati funzionari CIA:
Per guidare il nuovo gruppo, Pompeo ha scelto un veterano dell’intelligence, Michael D’Andrea, che di recente ha supervisionato il programma di attacchi letali di droni ed è stato accreditato da molti suoi colleghi per i successi contro al-Qaeda.
…
Il signor D’Andrea, ex direttore del Centro antiterrorismo della CIA, è noto tra i pari come un manager esigente ma efficace, ed un convertito all’Islam che lavora per lunghe ore. Alcuni funzionari hanno espresso preoccupazione per ciò che percepiscono come la sua posizione aggressiva nei confronti dell’Iran.
D’Andrea è il tipo della CIA che “ha commesso un errore” quando avrebbe potuto prevenire l’11/9. È stato direttamente coinvolto nel programma di torture CIA e nella campagna di omicidi via droni in Pakistan ed Afghanistan. È sospettato di essere il cervello dietro la cooperazione USA con gli estremisti wahhabiti in Libia, Iraq e Siria.
Ieri mattina un gruppo terroristico sunnita ha fatto esplodere un oleodotto nel sud-ovest dell’Iran vicino al confine iracheno:
Ansar Al-Furqan afferma che “un importante oleodotto è stato fatto saltare in aria nella regione Omidiyeh dell’occupata città di Ahvāz”. Il gruppo ha aggiunto di aver stabilito una nuova unità, la Brigata dei Màrtiri di Ahvāz. L’area di Ahvāz ha storicamente avuto una grande popolazione araba. Non è tuttavia chiaro se questa presunta brigata sia composta da arabi iraniani o da beluci, dato che si ritiene che la maggior parte dei suoi membri siano tali. I jihadisti dicono che “l’operazione è stata condotta per infliggere perdite all’economia del regime criminale iraniano”.
Secondo il Centro di Lotta al Terrorismo dell’esercito americano, Ansar Al-Furqan proviene da Jundallah, gruppo terrorista sconfitto, che aveva ucciso centinaia di funzionari e civili iraniani. Jundallah era un’insurrezione jihadista beluci in lotta per un “libero Belucistan” nell’area del Pakistan sud-occidentale e dell’Iran sud-orientale. Il suo leader venne ucciso nel 2010 e da allora si è diviso ed evoluto in Ansar Al-Furqan ed altri gruppi. Alcuni di questi sono sotto influenza straniera. Riportava Mark Perry nel 2012:
Una serie di note CIA descrive come agenti del Mossad fingevano di essere spie americane per reclutare membri di Jundallah per combattere la loro guerra segreta contro l’Iran.
Agenti del Mossad hanno ingaggiato terroristi di Jundallah per uccidere esperti nucleari in Iran. Non dovrebbe dunque sorprendere che un gruppo di seguaci di Jundallah stia ora attaccando l’infrastruttura economica iraniana nello stesso momento in cui Mossad e CIA coordinano un’altra campagna per rovesciare il governo. Ciò indica chiaramente un piano ben più ampio ed organizzato.
Ieri sera gruppi di 20-50 giovani sono comparsi in 20 città iraniane ed hanno iniziato a vandalizzaare (video) le strade. Hanno buttato giù demarcazioni e cartelloni pubblicitari, frantumato finestre ed incendiato bidoni della spazzatura. Brevi video di decine di incidenti sono apparsi su vari account Twitter, con descrizioni spesso molto esagerate.
Il video “manifestanti bruciano gli uffici governativi nella provincia di Ahvaz” mostra solo l’incendio di un bidone della spazzatura davanti ad un edificio. L’unico rumore nel video “polizia usa proiettili sui dimostranti” deriva dalla distruzione di finestre di un ufficio container. Un video promosso come “3 persone uccise nella sparatoria della polizia nel Lorestan” mostra un piccolo ma rumoroso gruppo. Due persone vengono portate via ma non è chiaro chi siano o cosa sia successo loro. Non si sente alcuno sparo e non c’è polizia. In altri video la polizia risponde al lancio di pietre ed ai rivoltosi vandali.
I gruppi, la loro apparizione in circa 20 città e quanto fatto è chiaramente coordinato. I media promoter agregano i video per un pubblico più vasto. Il governo iraniano ha chiesto a Telegram, molto usato nel paese, di chiudere un canale che invitava i manifestanti a lanciare bombe Molotov contro edifici governativi. Il capo di Telegram ha concordato che tali incitamenti sono contrari ai Termini di Servizio ed ha dunque chiuso il canale. Immediatamente sono sorti nuovi canali con messaggi simili. Il governo dovrà completamente bloccare Telegram o infiltrarsi nei suoi canali per interrompere tale coordinamento di attività militanti.
Quei politici americani che avevano chiesto di “bombardare, bombardare, bombardare” l’Iran (McCain) o minacciato di muovergli guerra (la Clinton) hanno rilasciatos dichiarazioni a sostegno del “popolo iraniano” – cioè i rivoltosi nelle strade. Questa è la stessa gente che ha soffocato il popolo iraniano infliggendogli sanzioni su sanzioni – branco di ipocriti. Donald Trump ed il suo Dipartimento di Stato hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno dei “manifestanti pacifici” che hanno vandalizzato le città in tutto il paese ed hanno chiesto che “il regime rispetti i loro diritti umani fondamentali”. Le preoccupazioni professate per il popolo iraniano sono senza senso. Una nota trapelata di recente avvisava il segretario di stato americano Tillerson che:
…gli Stati Uniti dovrebbero usare i diritti umani per bastonare i propri avversari, vedasi Iran, Cina e Corea del Nord, dando invece un lasciapassare ad alleati repressivi come Filippine, Egitto ed Arabia Saudita.
L’annuncio ufficiale statunitense arriva molto presto ed è dannoso per qualsiasi movimento reale in Iran. Fa chiaramente capire che queste proteste siano supportate dagli USA e così elimina la possibilità di conquistare una base più ampia in Iran.
Suzanne Maloney @MaloneySuzanne – 5:51 AM – 31 Dec 2017
Le cose stanno così: qualsiasi cosa il governo americano dica o non dica su queste proteste, la realtà (come ha twittato il presidente, @POTUS) è che il mondo sta guardando cosa succede in Iran. Il modo in cui Teheran risponderà alle attuali proteste modellerà la sua relazione con il mondo, proprio come fece nel 2009.
Questa reazione potrà dunque essere sfruttata per attuare più ampie e severe sanzioni contro l’Iran, in particolare dall’Europa. Queste sarebbero un altro tassello di un piano più ampio per soffocare il paese e portarlo ad un’escalation.
Fonte: http://www.moonofalabama.org
Link: http://www.moonofalabama.org/2017/12/iran-early-us-support-for-rioters-hints-at-a-larger-plan.html
30.12.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG
Preso da: https://comedonchisciotte.org/iran-il-supporto-americano-ai-rivoltosi-fa-parte-di-un-piano-piu-ampio/
Nell’articolo Iran – Gli agenti di regime change usano proteste economiche, abbiamo esaminato l’operazione israelo-americana in corso, l’istigazione di una rivolta in Iran. Ciò che segue sono alcuni altri punti di analisi ed una visione degli sviluppi da allora. Una rivoluzione colorata o una rivolta in Iran hanno poche chance di successo. Ma anche in caso di fallimento possono essere usate come pretesto per ulteriori sanzioni ed altre misure anti-iraniane. Gli incidenti attuali sono quindi solo parte di un piano ben più ampio.
Nelle democrazie “occidentali”, la “sinistra”, perlomeno in teoria, dovrebbe essere come culturalmente liberale o progressista e per un’economia sociale che avvantaggi una fascia di popolazione più ampia; la destra è considerata culturalmente conservatrice, che favorisce i segmenti più ricchi e con una preferenza per il libero mercato.
In Iran è diverso.
In breve: i conservatori, o “principalisti”, sono sì culturalmente tali ma preferiscono programmi economici a beneficio dei poveri. La loro base sono le popolazioni rurali e le fasce più povere degli abitanti delle città. L’ultimo presidente iraniano vicino a loro è stato Ahmedinejad. Una delle sue principali politiche è stata l’implementazione di pagamenti in contanti per i bisognosi, al posto di costosi sussìdi su prodotti petroliferi e generi alimentari. L’attuale presidente iraniano Rouhani è un “riformista”. La sua base sono i mercanti e le parti più ricche della società. È culturalmente progressista ma le sue politiche economiche sono neoliberiste. Il nuovo budget che ha introdotto per il prossimo anno riduce le sovvenzioni per i poveri introdotte da Ahmedinejad. Aumenterà fino al 30-40% i prezzi del carburante e del cibo di base.
Le proteste del 28 e 29 dicembre hanno riguardato queste ed altre questioni economiche. Rivolte del genere si verificano regolarmente in Iran. Quelle attuali però sono state presto dirottate da piccoli gruppi che hanno scandito slogan contro il sistema iraniano e contro il forte impegno in Siria e Palestina. Queste non sono le posizioni della maggioranza degli 80 milioni di iraniani:
Secondo un sondaggio, il 67,9% dice che l’Iran dovrebbe aumentare il sostegno ai gruppi anti-IS, rispetto al 59,8% di un anno fa. Una maggioranza del 64,9% inoltre sostiene il dispiegamento di personale militare in Siria per aiutare il regime di Assad, in leggero aumento rispetto al 62,7% di un anno fa.
I piccoli gruppi che hanno dirottato le proteste contro le politiche economiche di Rouhani sono stati pesantemente promossi dai soliti sospetti, gli operatori di influenza americani. Avaaz, RAND cooperation, Human Rights Watch ed altri sono sùbito saliti sul carro dei vincitori (come al solito, Ken Roth di HRW ha usato un’immagine di un raduno filogovernativo per illustrare le proteste antigovernative, molto più piccole). I gruppi più piccoli che hanno dirottato e pubblicizzato la manifestazione sembrano ben coordinati. Non sono però né un movimento genuino né una maggioranza.
La mattina del 30 dicembre si sono svolte in diverse città grandi manifestazioni a sostegno della Repubblica Iraniana. A Teheran ne hanno preso parte diverse migliaia di persone.
Suzanne Maloney, l’autoproclamatasi “drogata di Iran” del Center for Middle East Policy del Brookings Institute, li ha interpretati come contro-dimostrazioni ai piccoli raduni della sera prima:
Suzanne Maloney @MaloneySuzanne – 2:40 PM – 30 Dec 2017
La Repubblica Islamica è molto abile ad organizzare raduni pro-regime (lo stesso Rouhani ne ha capeggiato uno nel 1999 dopo le proteste studentesche). Quel che è interessante è che stavolta è stato organizzato quasi sùbito.
La “drogata di Iran” nonché “esperta” non sa che manifestazioni annuali pro-governative si tengono il 9° di ogni Dey (calendario iraniano) dal 2009 e sono programmate con largo anticipo. Commemorano lo sventato tentativo di rivoluzione colorata a firma CIA del 2009. Quel tentativo aveva seguìto la rielezione di Ahmedinejad. Aveva usato come burattini la parte più ricca della società iraniana nel nord di Teheran. Non è ancora chiaro di quali strati sociali, se così è, si stia avvalendo questo tentativo.
Nel giugno 2009 Brookings ha pubblicato un manuale su come rovesciare il governo iraniano o prendere il controllo del paese. La Maloney ne era uno degli autori. “QUALE PERCORSO IN PERSIA? – opzioni per una nuova strategia americana verso l’Iran” (pdf) è suddiviso in quattro parti:
Parte I – Dissuadere Teheran: le opzioni diplomatiche
Parte II – Disarmare Teheran: le opzioni militari
Parte III – Rovesciare Teheran: regime change
Parte IV – Scoraggiare Teheran: contenimento
La parte III comprende:
Capitolo 6: rivoluzione di velluto: sostenere una rivolta popolare
Capitolo 7: ispirare un’insurrezione: sostenere una minoranza e gruppi di opposizione
Capitolo 8: colpo di stato: sostenere una mossa militare contro il regime
La “rivoluzione colorata” di velluto fallì nel 2009 quando il “movimento verde” non riuscì a convincere il popolo iraniano che si trattava di più di un tentativo straniero di rovesciare la propria repubblica.
Ciò a cui assistiamo attualmente in Iran è una combinazione dei capitoli 6 e 7 del piano Brookings. Dietro un movimento in qualche modo popolare che protesta contro le politiche economiche neo-liberiste del governo Rohani, un movimento militante, come visto la scorsa notte (sotto), sta attuando una strategia di escalation che potrebbe portare ad una guerra civile. Abbiamo già visto una combinazione simile in Libia ed all’inizio dell’attacco alla Siria (Tony Cartalucci di Land Destroyer Report ha ampiamente scritto sul dossier Brookings, definendolo come un “manuale per rovesciare nazioni”).
Lo scorso giugno il Wall Street Journal ha riferito che la CIA aveva istituito una cellula operativa speciale per attacchi del genere contro l’Iran:
La Central Intelligence Agency ha istituito un’organizzazione focalizzata esclusivamente sulla raccolta e l’analisi delle informazioni sull’Iran, riflettendo la decisione dell’amministrazione Trump di rendere quel paese un obiettivo prioritario per le spie americane – dicono funzionari USA.
L’Iran Mission Centre riunirà analisti, personale operativo e specialisti di tutta la CIA per mettere in pratica le capacità dell’agenzia, azioni segrete incluse.
Il capo del nuovo ufficio è uno dei più spietati funzionari CIA:
Per guidare il nuovo gruppo, Pompeo ha scelto un veterano dell’intelligence, Michael D’Andrea, che di recente ha supervisionato il programma di attacchi letali di droni ed è stato accreditato da molti suoi colleghi per i successi contro al-Qaeda.
…
Il signor D’Andrea, ex direttore del Centro antiterrorismo della CIA, è noto tra i pari come un manager esigente ma efficace, ed un convertito all’Islam che lavora per lunghe ore. Alcuni funzionari hanno espresso preoccupazione per ciò che percepiscono come la sua posizione aggressiva nei confronti dell’Iran.
D’Andrea è il tipo della CIA che “ha commesso un errore” quando avrebbe potuto prevenire l’11/9. È stato direttamente coinvolto nel programma di torture CIA e nella campagna di omicidi via droni in Pakistan ed Afghanistan. È sospettato di essere il cervello dietro la cooperazione USA con gli estremisti wahhabiti in Libia, Iraq e Siria.
Ieri mattina un gruppo terroristico sunnita ha fatto esplodere un oleodotto nel sud-ovest dell’Iran vicino al confine iracheno:
Ansar Al-Furqan afferma che “un importante oleodotto è stato fatto saltare in aria nella regione Omidiyeh dell’occupata città di Ahvāz”. Il gruppo ha aggiunto di aver stabilito una nuova unità, la Brigata dei Màrtiri di Ahvāz. L’area di Ahvāz ha storicamente avuto una grande popolazione araba. Non è tuttavia chiaro se questa presunta brigata sia composta da arabi iraniani o da beluci, dato che si ritiene che la maggior parte dei suoi membri siano tali. I jihadisti dicono che “l’operazione è stata condotta per infliggere perdite all’economia del regime criminale iraniano”.
Secondo il Centro di Lotta al Terrorismo dell’esercito americano, Ansar Al-Furqan proviene da Jundallah, gruppo terrorista sconfitto, che aveva ucciso centinaia di funzionari e civili iraniani. Jundallah era un’insurrezione jihadista beluci in lotta per un “libero Belucistan” nell’area del Pakistan sud-occidentale e dell’Iran sud-orientale. Il suo leader venne ucciso nel 2010 e da allora si è diviso ed evoluto in Ansar Al-Furqan ed altri gruppi. Alcuni di questi sono sotto influenza straniera. Riportava Mark Perry nel 2012:
Una serie di note CIA descrive come agenti del Mossad fingevano di essere spie americane per reclutare membri di Jundallah per combattere la loro guerra segreta contro l’Iran.
Agenti del Mossad hanno ingaggiato terroristi di Jundallah per uccidere esperti nucleari in Iran. Non dovrebbe dunque sorprendere che un gruppo di seguaci di Jundallah stia ora attaccando l’infrastruttura economica iraniana nello stesso momento in cui Mossad e CIA coordinano un’altra campagna per rovesciare il governo. Ciò indica chiaramente un piano ben più ampio ed organizzato.
Ieri sera gruppi di 20-50 giovani sono comparsi in 20 città iraniane ed hanno iniziato a vandalizzaare (video) le strade. Hanno buttato giù demarcazioni e cartelloni pubblicitari, frantumato finestre ed incendiato bidoni della spazzatura. Brevi video di decine di incidenti sono apparsi su vari account Twitter, con descrizioni spesso molto esagerate.
Il video “manifestanti bruciano gli uffici governativi nella provincia di Ahvaz” mostra solo l’incendio di un bidone della spazzatura davanti ad un edificio. L’unico rumore nel video “polizia usa proiettili sui dimostranti” deriva dalla distruzione di finestre di un ufficio container. Un video promosso come “3 persone uccise nella sparatoria della polizia nel Lorestan” mostra un piccolo ma rumoroso gruppo. Due persone vengono portate via ma non è chiaro chi siano o cosa sia successo loro. Non si sente alcuno sparo e non c’è polizia. In altri video la polizia risponde al lancio di pietre ed ai rivoltosi vandali.
I gruppi, la loro apparizione in circa 20 città e quanto fatto è chiaramente coordinato. I media promoter agregano i video per un pubblico più vasto. Il governo iraniano ha chiesto a Telegram, molto usato nel paese, di chiudere un canale che invitava i manifestanti a lanciare bombe Molotov contro edifici governativi. Il capo di Telegram ha concordato che tali incitamenti sono contrari ai Termini di Servizio ed ha dunque chiuso il canale. Immediatamente sono sorti nuovi canali con messaggi simili. Il governo dovrà completamente bloccare Telegram o infiltrarsi nei suoi canali per interrompere tale coordinamento di attività militanti.
Quei politici americani che avevano chiesto di “bombardare, bombardare, bombardare” l’Iran (McCain) o minacciato di muovergli guerra (la Clinton) hanno rilasciatos dichiarazioni a sostegno del “popolo iraniano” – cioè i rivoltosi nelle strade. Questa è la stessa gente che ha soffocato il popolo iraniano infliggendogli sanzioni su sanzioni – branco di ipocriti. Donald Trump ed il suo Dipartimento di Stato hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno dei “manifestanti pacifici” che hanno vandalizzato le città in tutto il paese ed hanno chiesto che “il regime rispetti i loro diritti umani fondamentali”. Le preoccupazioni professate per il popolo iraniano sono senza senso. Una nota trapelata di recente avvisava il segretario di stato americano Tillerson che:
…gli Stati Uniti dovrebbero usare i diritti umani per bastonare i propri avversari, vedasi Iran, Cina e Corea del Nord, dando invece un lasciapassare ad alleati repressivi come Filippine, Egitto ed Arabia Saudita.
L’annuncio ufficiale statunitense arriva molto presto ed è dannoso per qualsiasi movimento reale in Iran. Fa chiaramente capire che queste proteste siano supportate dagli USA e così elimina la possibilità di conquistare una base più ampia in Iran.
Suzanne Maloney @MaloneySuzanne – 5:51 AM – 31 Dec 2017
Le cose stanno così: qualsiasi cosa il governo americano dica o non dica su queste proteste, la realtà (come ha twittato il presidente, @POTUS) è che il mondo sta guardando cosa succede in Iran. Il modo in cui Teheran risponderà alle attuali proteste modellerà la sua relazione con il mondo, proprio come fece nel 2009.
Questa reazione potrà dunque essere sfruttata per attuare più ampie e severe sanzioni contro l’Iran, in particolare dall’Europa. Queste sarebbero un altro tassello di un piano più ampio per soffocare il paese e portarlo ad un’escalation.
Fonte: http://www.moonofalabama.org
Link: http://www.moonofalabama.org/2017/12/iran-early-us-support-for-rioters-hints-at-a-larger-plan.html
30.12.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG
Preso da: https://comedonchisciotte.org/iran-il-supporto-americano-ai-rivoltosi-fa-parte-di-un-piano-piu-ampio/
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