La
Libia, un Paese nel caos più totale dal futuro tuttora ignoto, si
ritrova al centro degli interessi geopolitici delle grandi potenze.
L’attuale labirinto libico, dossier strategico per Roma, va letto nella
prospettiva della guerra del 2011. L’Italia e il nodo libico.
Per
comprendere a fondo il complesso scacchiere libico è fondamentale
sapere le ragioni dell'attacco contro la Libia del 2011, accompagnato da
un coro mediatico secondo cui Muammar Gheddafi da un giorno all'altro
diventò un dittatore pazzo da distruggere. "Libia. Da colonia italiana a
colonia globale" è un libro di Paolo Sensini (edito da Jaca Book) che
ripercorre la travagliata storia della Libia gettando luce sulle
fatidiche "primavere arabe" e sulle vicende che i media mainstream hanno
taciuto.Gli interessi economici dei Paesi occidentali e le immense risorse di petrolio furono le principali cause di quella guerra che segnò l'inizio di un disastro degenerato fino ai giorni nostri. Oggi i riflettori della stampa sono puntati sul dramma dei migranti trattenuti e torturati in Libia, scenario sempre più complesso dove a scontrarsi sono gli interessi dell'Italia e dei suoi "alleati" occidentali. Quali sono le possibili soluzioni della crisi libica? Qual è il ruolo della Russia in questo contesto? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Paolo Sensini, storico, analista geopolitico e autore del saggio "Libia. Da colonia italiana a colonia globale". — Il dossier libico è di un'importanza cruciale per l'Italia. Paolo, qual è il ruolo di Roma e qual è la posta in gioco in questo scenario?
— La posta in gioco è molto alta, perché con la guerra del 2011 l'Italia si è giocata il rapporto con il Paese più importante del Nord Africa, fra i più grandi produttori di petrolio dell'intero continente africano. A seguito di quel disastro, causato in primis dai francesi congiuntamente a Gran Bretagna e Stati Uniti è iniziata una catastrofe economica, sociale e politica che si è protratta fino ad oggi. Il Paese è stato lasciato nel completo caos con brandelli di governi che si contendono diverse parti della Libia. Tutto ciò con un afflusso di centinaia di migliaia di persone, forse qualche milione da quando è crollato il Paese nel 2011 verso le coste italiane.
Oggi è in discussione il dossier che il
ministro Minniti aveva cercato di trattare con il governo Serraj, cioè
per un possibile controllo dei flussi di migranti, ma quest'iniziativa è
stata condannata dall'ONU, perché si sostiene che non si possono
fermare persone in Libia per via delle torture e ci sono dei rischi di
violazione del principio di non respingimento. L'ONU vanifica
quest'estremo tentativo per cercare di fermare quest'afflusso continuo.
— Per
capire la situazione attuale della Libia è indispensabile analizzare
anche il passato del Paese. "Libia da colonia italiana a colonia
globale" è il libro che hai scritto in merito. Ce ne puoi parlare?— Durante il 2011 avevo già dato un contributo con il libro "Libia 2011" in seguito ad un viaggio che feci con una delegazione internazionale in Libia. Nel 2011 ricorreva il 150-simo anniversario dell'Unità d'Italia e il 100-simo anniversario dell'occupazione italiana delle due province, la Cirenaica e la Tripolitania.
Ho scritto "Libia da colonia italiana a colonia globale" perché mi sembrava fondamentale capire la storia di quel Paese. Oltre all'aspetto storico parlo dello sviluppo e delle componenti religiose in particolare della Sanusiyya, la branca islamica della Libia molto estremista, per certi versi assimilabile ai wahabiti, perché anche loro sono letteralisti. Proprio loro sono stati i protagonisti della rivolta che i media occidentali ci spacciavano per rivolta democratica. Queste persone in realtà hanno gettato nel più completo caos il Paese. Ho cercato di chiarire questi aspetti che sono poco conosciuti e di entrare nel merito delle vere ragioni che hanno scatenato quel conflitto, in particolare da parte della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e dei Paesi del Golfo. I Paesi del Golfo hanno contribuito non solo con soldi e mezzi, ma anche con l'informazione, pensiamo ad al Arabiya e al Jazeera. Parliamo di una vera info war nei confronti della Libia. Essendo stato lì di persona ho potuto rendermi conto, parlando con le autorità, di ciò che era avvenuto.
— In Libia si scontrano gli interessi di più Paesi, frenando la soluzione della crisi alla fin fine. Qual è il gioco condotto dagli "alleati" dell'Italia?
— A noi era stato raccontato durante quel periodo che si interveniva perché c'erano le fosse comuni, si rievocava un immaginario che sconvolgeva la gente, quindi si giustificava un intervento militare anche dell'Italia. L'Italia è un Paese che nel 2009 firmò un trattato con la Libia con cui c'era un'amicizia e cooperazione. Questo trattato addirittura contemplava l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Libia qualora essa fosse stata attaccata da qualcuno. Poi sappiamo com'è andata, anche l'Italia ha partecipato a bombardarla…
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Foto: fornita da Paolo Sensini
Copertina del libro “Libia. Da colonia italiana a colonia globale” di Paolo Sensini
— Quindi?
— Questo ha scatenato uno tsunami, Gheddafi fu indicato come un nemico esistenziale degli asset finanziari africani. Le e-mail diffuse da Wikileaks fra Sidney Blumenthal e la Clinton hanno confermato questo fatto epocale. Seppure Gheddafi pagò la campagna elettorale a Sarkozy nel 2007, la Francia intervenne molto attivamente, la ragione del conflitto fu il desiderio di impossessarsi del petrolio e di scalzare l'Eni sostituendola con la Total. Togliere di mezzo Gheddafi, che era incontrollabile per questi Paesi, era un fatto importante.
— Per quanto riguarda i possibili scenari per la Libia, credi che siano fattibili delle elezioni?
— La
vedo molto difficile attualmente perché il quadro politico vede dei
rappresentanti come al Serraj, che è un personaggio messo dagli stessi
attori che hanno distrutto la Libia, cioè le Nazioni Unite e il
Consiglio di Sicurezza. Chi ha organizzato il bombardamento della Libia
sono gli stessi che oggi hanno inserito al Serraj. Dall'altro lato c'è
Khalifa Haftar, un personaggio sicuramente più rappresentativo e più
forte da un punto di vista militare. Neanche lui gode però di grande
popolarità. È una situazione dove c'è un vuoto di potere.
Una soluzione, molto complessa, che potrebbe garantire a mio avviso
il futuro della Libia, sarebbe provare a rimettere in gioco Saif al
Islam, il figlio di Gheddafi, personaggio ben posizionato prima del
crollo, il quale cercò un'apertura con l'Occidente. È stato imprigionato
per molto tempo e liberato di recente. È una strada tutta in salita, ma
l'unica che potrebbe avere, secondo me, un risultato in una situazione
complessissima.— Qual è il ruolo della Russia in Libia dal punto di vista della partita diplomatica fra Haftar e Serraj?
— Secondo il mio punto di vista la Russia ha giocato molto bene le sue carte. Ammaestrata dalla vicenda siriana, dove è intervenuta a fine settembre 2015, di fatto salvando un Paese dalla devastazione dei takfiri, sta giocando nel modo più intelligente possibile la sua partita nel Mediterraneo. Con gli accordi fra Haftar e Serraj e il tentativo di mediazione anche con l'Egitto, la Russia sta facendo un'opera molto importante cercando di tenere insieme i pezzi.
Mosca ovviamente fa la propria politica nel Mediterraneo, cerca di mediare delle situazioni, che gli americani avevano esasperato fino al disastro. L'abbiamo visto con le primavere arabe, dobbiamo ringraziare la signora Hillary per questo. Proprio questi giorni Putin ha dichiarato che la Siria è stata quasi integralmente bonificata, l'ISIS è stato quasi tutto debellato salvo qualche sacca. Da una parte vediamo l'importanza dell'intervento russo, d'altro canto vediamo che, pacificatasi la situazione, Israele attraverso i bombardamenti verso la Siria continua a creare una tensione pericolosa.
L'opinione dell'autore puo' non coincidere con la posizione della redazione.
Preso da: https://it.sputniknews.com/opinioni/201712085380379-libia-da-colonia-italiana-a-colonia-globale-paolo-sensini/
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