Oggi risulta difficile guardare con ottimismo
tanto al futuro del progetto quanto a quello del popolo libico. Per la
loro democrazia dovevano eliminare quel "cattivo dittatore" che sognava
di dare acqua gratis a tutti per mille anni, a quel "cane rabbioso" che
voleva rendere verde come la bandiera della Libia il deserto più arido
al mondo, ed oggi, dopo le bombe di pace, dopo la morte di Mu'Ammar
Gheddafi, la Libia è un inferno, e l'Africa ed il medioriente intero
hanno perso quello straccio di stabilità che il Rais riusciva,
nonostante tutto, a garantire.
di Luca Pinasco - 23 ottobre 2014
È doveroso dissociarsi dal delittuoso
oblio della memoria promosso con le menzogne dalla propaganda nostrana, è
doveroso riabilitare e mantenere vivo il ricordo di un leader che
sognava libertà per il suo popolo, è doveroso raccontare le criminali
azioni eseguite dalla NATO per impedirglielo. Ecco perchè dopo aver
descritto i motivi che hanno spinto le nazioni alleate ad abbattere con
la forza il regime di Mu’Ammar Gheddafi, tra i quali i suoi tentativi di
liberare la Libia e l’Africa tutta dalle dipendenze occidentali nella
politica, nell’economia e nella tecnologia, ho deciso di continuare con
la serie di articoli “Perchè hanno ucciso Gheddafi?”.
Risale al lontano 1953,
casualmente, durante la ricerca di giacimenti petroliferi nel deserto a
sud della Libia, la scoperta di enormi bacini d’acqua fossile accumulati
durante il periodo della glaciazione. Dopo il colpo di stato del 1
settembre 1969, ai danni di re Idris e Hasan, giudicati dal popolo
libico troppo filo-occidentali e poco curanti del benessere della
nazione, il nuovo governo Jamahiriyya guidato da Gheddafi ha avuto tra i
primi obiettivi quello di nazionalizzare le compagnie petrolifere e di
utilizzare i relativi proventi al fine di fornire l’ acqua potabile,
considerata un diritto, a tutto il paese.
Così, nei primi anni di
governo fu concepita la titanica opera “Great Man Made River” che vide
luce nel 1984, quando Gheddafi pose la prima pietra per la costruzione
del tubificio a Brega. Da allora iniziarono gli scavi per la costruzione
di un enorme fiume artificiale con lo scopo di desalinizzare e
trasportare 6.500.000 metri cubi di acqua potabile al giorno dai bacini
del deserto fino alle città. Per realizzarlo furono costruiti più di
500.000 tubi in calcestruzzo, migliaia di chilometri di autostrade, sui
quali i camion da trasporto hanno percorso in totale una distanza
superiore al doppio di quella dalla terra al sole, per realizzare tutto
ciò fu sostenuta dal governo libico una spesa totale di oltre 35
miliardi di dollari. Fu tale la maestosità di quest’opera che ancora
oggi è definita dai libici “L’ottava meraviglia del mondo”. Il progetto
si componeva di cinque fasi, tre delle quali sono state completate prima
della guerra del 2011. Nel 1996 durante l’inaugurazione d’apertura
della seconda fase Gheddafi disse: “Questa è la più grande risposta all’
America e tutte le forze del male che ci accusano di essere coinvolti
con il terrorismo. Siamo preoccupati solo della pace e del progresso.
L’America è contro la vita e spinge il mondo verso l’oscurità”.
Il Great Man Made River,
non solo ha migliorato molto la qualità della vita di tutti i cittadini
libici, fornendo acqua dolce in quantità in uno dei luoghi più aridi
della terra, dunque la disponibilità di dissetare se stessi, il
bestiame, di lavarsi e radersi quotidianamente, ma ha creato le
condizioni per lo sviluppo e la diversificazione di un’economia basata
soltanto sul commercio d’idrocarburi, favorendo la nascita di un
ampissimo spazio di produzione alimentare, coltura di cereali, frutta,
verdura, alimenti per animali, in pieno deserto, dando al paese sia la
possibilità di sganciarsi dal fabbisogno esterno di acqua e alimenti,
che un posto di primato nell’ agribusiness, diventando competitor di
grandi multinazionali e di stati leader nel settore come Israele o
California. Oltretutto grazie alle competenze specializzate sviluppate
dai cittadini libici durante la costruzione del progetto, la Libia è
diventata un paese leader anche nella progettazione idrogeologica, ed ha
cercato di utilizzare tali competenze per favorire altri stati
africani.
Invece di appoggiare
questo progetto con tutti i vantaggi che ne derivavano per l’Africa,
enti sovranazionali come la Banca Mondiale, le Nazioni Unite ed il Fondo
monetario internazionale, sfruttando un contesto globale dove il
fabbisogno di acqua è soddisfatto per poco più di metà della
popolazione, il consumo aumenta più che proporzionalmente rispetto alla
crescita demografica e le riserve d’acqua diminuiscono insieme ai
terreni agricoli, a partire dagli anni 90, hanno spinto gli stati a
forme sempre più aggressive di privatizzazione, monopolizzazione e
conseguente tariffazione delle risorse idriche. Questo genere di
politiche rientrano nello schema di asservire i popoli attraverso il
controllo delle loro risorse, cosa al quale Gheddafi ha sempre cercato
di opporsi in tutti i settori, dall’ energetico al finanziario, dal
militare all’alimentare.
Il resto è storia. Il
progetto ha raggiunto la sua terza fase quando, durante la guerra in
Libia, nonostante il governo abbia avvertito che “se il Great Man Made
River venisse danneggiato, sarebbe una catastrofe umanitaria ed
ambientale”, il 22 luglio 2011, i padroni occidentali hanno effettuato
gli ormai consueti “bombardamenti umanitari” a Berga, distruggendo il
principale tubificio per la manutenzione delle strutture e un importante
luogo di fornitura d’acqua attraverso gasdotto. Oggi risulta difficile
guardare con ottimismo tanto al futuro del progetto quanto a quello del
popolo libico. Per la loro democrazia dovevano eliminare quel “cattivo
dittatore” che sognava di dare acqua gratis a tutti per mille anni, a
quel “cane rabbioso” che voleva rendere verde come la bandiera della
Libia il deserto più arido al mondo, ed oggi, dopo le bombe di pace,
dopo la morte di Mu’Ammar Gheddafi, la Libia è un inferno, e l’Africa ed
il medioriente intero hanno perso quello straccio di stabilità che il
Rais riusciva, nonostante tutto, a garantire.
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