L’operazione Caronte ha sgominato una spietata gang di sfruttatori
africani Ventidue le persone coinvolte, una madama verrà giudicata a
Massa
10 novembre 2015
MASSA. L’operazione Caronte è iniziata nel 2011, da allora sono state
arrestate e condannate una ventina di persone. Una però, causa un errore
nella sentenza di primo grado, deve essere tornare nuovamente in corte
di assise. A Massa, perché il primo collegio che l’aveva giudicata - a
La Spezia - non può ripetersi. L’imputata, Soyer Lovert, è una donna
nigeriana, accusata di aver ridotto in schiavitù una giovane
connazionale e di averla costretta a prostituirsi. Tutto documentato da
una lunga serie di telefonate intercettate. Che verranno certificate
nella prossima udienza, già fissata per il 23 novembre. Perché si
ricomincia tutto da capo, risentendo i testi del pubblico ministero Federico Panichi,
della Direzione distrettuale antimafia di Genova. Del resto non c’era
altra strada, come ha sottolineato il presidente del collegio Giovanni Sgambati.
Lovert, 28 anni, secondo l’accusa ha introdotto illegalmente nel
territorio italiano Sandra (nome di fantasia perché all’epoca era
minorenne), la vittima testimone, al fine di farla prostituire. E per
convincerla a sottostare alla sua volontà l’aveva sottoposta a riti
voodoo e a violenze inaudite. Sandra ha già raccontato in tribunale a La
Spezia quello che aveva subito, e lo dovrà rifare pure a Massa. Ecco
cosa aveva detto nel primo processo: «Mi contattarono nel piccolo paese
nigeriano dove vivevo, mi prelevarono alcuni peli e prestai giuramento
di fedeltà secondo un rito tribale locale». Poi organizzarono il viaggio
in Italia. «Partii dalla Nigeria con l’uso di autobus e fuoristrada.
Attraversammo il deserto del Niger e raggiungemmo la Libia. Vidi molti
cadaveri durante il percorso perché c’era chi durante il tragitto moriva
di fame. Poi il drammatico attraversamento del Mediterraneo, lo sbarco a
Lampedusa e il trasferimento al centro di accoglienza di Milano. Là
vennero alcune persone a prelevarmi e da quel momento cominciò la mia
vita da prostituta». Un dramma che aveva turbato alcuni giudici
popolari.
Cominciata nei primi mesi del 2011, l'operazione Caronte aveva
accertato che l'associazione criminale aveva il suo vertice in Nigeria,
con ramificazioni in stati africani (Niger e Libia) e europei (Italia,
Francia e Germania). A coordinare le operazioni è stato il procuratore
capo di Genova, Michele Di Lecce, coadiuvato da
Federico Panichi, della Direzione distrettuale antimafia di Genova.
Ventidue le persone arrestate, inoltre ne erano state denunciate altre
54 persone. L'organizzazione nigeriana individuava quote di clandestini,
per lo più donne, da inviare in Europa. Alle ragazze veniva promesso un
posto di lavoro, ma una volta espatriate venivano sistematicamente
costrette a prostituirsi. Era stato calcolato che dal 2008 erano state
fatte entrare clandestinamente in Europa circa diecimila
extracomunitari. I clandestini venivano condotti prima attraverso il
deserto del Niger e della Libia, poi ammassati in campi lungo le coste
libiche, in attesa di essere trasferiti a Lampedusa. Successivamente
venivano smistati ai centri di accoglienza di Puglia, Molise, Campania,
Calabria e Sicilia. A questo punto i nigeriani già residenti in Italia
si attivavano per farli fuggire dai centri a prenderli alle loro dirette
dipendenze.
La provincia apuana è stata toccata soltanto di striscio da questa
tratta, ma è stato accertato che anche a Massa alcune ragazze erano
finite a vendere il loro corpo. Non avevano alternativa, anche perché
soprattutto attraverso i riti voodoo venivano terrorizzate. In più,
molte di loro, avevano
ancora i familiari in Africa e temevano una possibile ritorsione da
parte della gang. E una delle aguzzine più feroci, secondo il pubblico
ministero, era proprio la Lovert. Toccherà all’assise massese decidere
se è colpevole. Ricominciando tutto da capo.
Preso da : http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/2015/11/10/news/botte-minacce-e-voodoo-la-tratta-delle-nigeriane-1.12419954
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