Il quotidiano algerino Echorouk
ha recentemente pubblicato sul proprio sito web un articolo esclusivo
che porta all’attenzione una nuova tattica elaborata dalle
organizzazioni terroristiche, in particolare da ISIS, per reclutare
combattenti tra le folte file dei giovani disoccupati in Nord Africa.
Il quotidiano riporta che “l’apparato
dell’antiterrorismo algerino ha iniziato a combattere le reti di
reclutamento che mirano a convincere con l’inganno i
giovani disoccupati ad unirsi alle organizzazioni terroristiche in
Siria, Iraq e Yemen, utilizzando contratti di lavoro falsi”. Le fonti
dello stesso quotidiano hanno riferito che “finti uomini d’affari
contattano i salafiti sfruttando applicazioni come WhatsApp e Viber,
tramite cui vengono inviati falsi contratti di lavoro come autista o
altre posizioni in un dato paese arabo, aiutandoli ad ottenere visti e
perfino biglietti aerei per poi metterli in contatto con le
organizzazioni terroristiche attive nella regione”.
Riportando la testimonianza di un gruppo di giovani algerini disoccupati che hanno riferito di aver ricevuto via WhatsApp e Viber
offerte di lavoro (che non hanno accettato perché resisi conto che si
trattava di un inganno), il quotidiano algerino segnala che questa nuova
tattica di adescamento “non prende di mira soltanto salafiti, ma anche
giovani disoccupati disperati” del Nord Africa.
Da tempo l’organizzazione terroristica
guidata da Abu Bakr al-Baghdadi ripone particolare interesse in quello
che considera un importante bacino di reclutamento, i giovani arabi
disoccupati, cui l’ISIS offre dei veri e propri stipendi per convincerli
ad andare a combattere in Siria, Iraq e Libia. È evidente come
questa strategia abbia gioco facile fornendo la prospettiva concreta di
un salario laddove invece questa prospettiva è assente o difficilmente
realizzabile (per avere un quadro complessivo del tasso di
disoccupazione giovanile in Nord Africa è possibile visitare il sito del
World Bank).
L’esperto algerino in movimenti islamisti Ahmed Mizab, intervistato da Echorouk,
ha correttamente evidenziato che “i metodi tramite cui sono reclutati i
jihadisti vengono regolarmente cambiati per sfuggire ai controlli degli
apparati di sicurezza”. A questo proposito, segnaliamo che l’emittente britannica BBC ha riferito che “il 26 settembre l’ISIS ha annunciato su Twitter il lancio di un proprio canale sulla nuova app Telegram”.
Questa diversificazione dei canali di propaganda e di reclutamento,
adottata anche da altre organizzazioni terroristiche come Ansar
al-Sharia in Libia e AQAP (Al-Qaeda nella Penisola arabica), risponde a una duplice finalità: sfuggire al monitoraggio dei social media tradizionali (Facebook e Twitter) da parte dei servizi di sicurezza internazionali ed amplificare la portata del proprio messaggio.
Per affrontare le sorprendenti capacità
dimostrate dalle organizzazioni terroristiche nello sfruttare le nuove
tecnologie per far presa sulle giovani generazioni e, in particolare,
sulle fasce più deboli e svantaggiate della popolazione, è necessario
che i paesi arabi (e non solo) adottino un approccio proattivo in grado
di contrapporsi a queste organizzazioni sia sul fronte del contrasto dei
contenuti jihadisti sui canali social sia su quello economico-sociale.
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