Mercoledì, 24 Luglio, 2013
Per spiegare l’attuale situazione nel sud della Libia e in Niger si potrebbe ricorrere alla classica interpretazione delle relazioni internazionali come “palla da biliardo”. Secondo questa gli stati reagirebbero nell’arena internazionale esattamente come su un tavolo da biliardo rispondendo agli stimoli esterni. L’instabilità del Mali e dell’area saheliana è stata in buona misura il risultato dell’intervento militare in Libia del 2011. Gruppi tuareg che non si sentivano rassicurati dalla nuova sistemazione politica del paese hanno finito per confluire nei movimenti indipendentisti del Mali, mentre il contemporaneo afflusso di armi provenienti dai depositi del regime di Muammar Gheddafi ha accresciuto il potere dei gruppi islamico-radicali nel nord del Mali e in tutta l’area del Sahel e del Sahara. Le rivolte tuareg e islamiste hanno favorito le condizioni affinché ci fosse un colpo di stato in Mali nel marzo del 2012. A sua volta, questa situazione ha portato alle premesse per l’intervento della Francia e dell’Ecowas in Mali nel gennaio scorso. Questo ha permesso di riportare condizioni stabili di “facciata” nel paese e indire le elezioni, persistendo in realtà ancora tutte le motivazioni di rischio precedenti.
Inoltre, proprio come per un colpo di rimpallo, vari gruppi jihadisti, a cominciare da quello di Mokhtar Belmoktar, responsabile dell’attentato di In Amenas (Algeria) del gennaio scorso, stanno trovando nell’area che va dal sud della Libia al nord del Niger un nuovo teatro operativo, utilizzando il confine Algeria-Niger come corridoio per muoversi dal Mali verso Nord.
Diverse fonti d’intelligence nei mesi scorsi hanno segnalato come nel Fezzan (sud Libia) pare essersi stabilito il nuovo comando logistico e organizzativo di Aqmi (Al-Qaida au Maghreb islamique). L’intervento francese in Mali ha costretto parte dell’organizzazione a trovare rifugio qui e ha fatto assumere ancor di più caratteristiche transfrontaliere alla crisi maliana. Il Fezzan, scarsamente controllato dalle forze governative libiche, rischia di trasformarsi nella retrovia di Aqmi, mentre questa nuova presenza in Libia favorisce una commistione operativa con le milizie salafite libiche presenti soprattutto in Cirenaica. Questo legame appare rafforzato anche dalla maggior presenza di combattenti libici in Aqmi, storicamente ridotta a poche decine (max 50-60) di persone, che è stata evidenziata da diversi osservatori internazionali.
Proprio per un controllo di queste aree, il Fezzan e la Cirenaica, nel dicembre scorso il governo statunitense ha messo a disposizione del governo libico una serie di apparecchiature di controllo elettronico delle frontiere e diversi droni. Gli Stati Uniti inoltre si sono mossi a fine gennaio con il governo del Niger per chiedere l’installazione di una base di controllo di droni nella capitale Nyamey e una squadriglia di aerei spia U-28 ad Agades, nel nord. Il 22 febbraio 2013 il presidente americano Barack Obama ha inoltre annunciato il dispiegamento in Niger di un centinaio di specialisti «per rafforzare le attività di intelligence nella regione».
Il Niger sembrerebbe essere divenuto molto rapidamente il nuovo tassello debole dell’area. Gli Stati Uniti costituiscono un partner piuttosto nuovo rispetto alla storica presenza di Francia e Cina nel paese, principalmente per motivazioni economiche. Proprio le forze speciali francesi, in accordo con il presidente del Niger Mahamadou Issoufou sono intervenute a fine maggio al fianco di soldati del Niger ad Agadez, dopo che due attentati kamikaze avevano colpito un campo d’addestramento militare e una miniera nella quale opera la compagnia francese Areva. Gli attentati, che avevano causato 20 morti, erano stati rivendicati proprio dal gruppo qaedista guidato da Mokhtar Belmokhtar, sulla cui testa grava ora una taglia di 5 milioni di dollari offerta dal governo americano. La “Katiba Al Mulathamin” (Battaglione mascherato), legata ad Aqmi, rivendicava gli attentati con vari messaggi su internet, mostrando come all’azione avesse partecipato anche il Movimento per l’unificazione e il jihad nell’Africa occidentale (Mujao).
Il risultato finale dell’azione militare in Mali potrebbe quindi essere anche la destabilizzazione del Niger, grazie alla convergenza tattica tra diversi gruppi, Aqmi, Mujao e persino lo storico Movimento dei nigerini per la Giustizia (Mnj), gli indipendentisti radicati nella regione settentrionale di Agadez. In pratica una sorta di replica di quanto avvenuto in Mali, ma stavolta anche grazie a una sorta di grande “safe haeven” costituito dal Fezzan e risultato politico dell’attuale caos libico derivante dalla guerra del 2011.
Arturo Varvelli, ISPI Research Fellow.http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/niger-e-fezzan-i-nuovi-teatri-operativi-del-jihad
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