3 giugno 2014
L'uomo d'affari di Misurata, la cui elezione a primo ministro è oggetto di un ricorso alla Corte suprema, è sostenuto dagli integralisti islamici. Ha preso possesso del palazzo del governo, scortato da miliziani armati. Il premier uscente al Thani non ha opposto resistenza, ma le milizie opposte e l'esercito regolare sono già schierati
di VINCENZO NIGRO
In Libia ormai ci sono tutte le condizioni per una nuova fase di vera e propria guerra civile. Mentre nell'Est del paese, a Bengasi, le truppe fedeli al generale ribelle Haftar combattono contro gli integralisti di Ansar Al Sharia, lunedì notte a Tripoli il nuovo premier Ahmed Maiteeq con una prova di forza ha preso possesso del palazzo del governo. E questo nonostante la sua nomina sia stata approvata in maniera irregolare e il premier uscente al Thani non abbia acconsentito al passaggio dei poteri, in attesa di una decisione della Corte suprema.
Il mese scorso l'elezione di Maiteeq era stata dichiarata irregolare per un problema di convocazione del Parlamento e poi di conteggio dei voti. Ma soprattutto la nomina dell'uomo d'affari di Misurata sostenuto dai Fratelli musulmani e dalle milizie di Misurata è stata giudicata un colpo di mano degli integralisti contro la parte laica del paese.
Al Thani, il premier uscente, aveva dato ordine alla polizia che presidiava il suo ufficio di non opporre resistenza se fosse avvenuto qualcosa del genere, e infatti quando gli uomini di Maiteeq sono arrivati protetti da una ingente scorta di miliziani, i poliziotti di guardia si sono fatti da parte evitando lo scontro.
Maiteeq ha annunciato alla tv che "il nuovo governo è entrato in carica", e un suo portavoce ha confermato che "i consiglieri del nuovo governo sono potuti entrare senza problemi: non c'è stata alcuna opposizione da parte dei servizi di sicurezza schierati di fronte al palazzo".
L'azione di Maiteeq è una prova di forza perché la settimana scorsa il governo uscente aveva affidato alla Corte suprema libica il compito di decidere se il nuovo governo potesse essere considerato valido, visto che aveva ottenuto 113 voti in parlamento rispetto ai 120 necessari per la nomina. Secondo fonti diplomatiche, con Maiteeq si sono schierate alcune unità delle milizie di Misurata che erano arrivate da giorni alle porte di Tripoli, e che vengono sostenute dalle milizie di Tajura e Suk Al Juma, due quartieri di Tripoli in cui gli integralisti islamici hanno avuto buona presa. Sul campo avverso sono schierate innanzitutto molte formazioni dell'esercito regolare, spezzoni delle varie polizie e forze armate che si sono formati dopo la dissoluzione del regime di Gheddafi. Ma soprattutto a Tripoli è presente la potente milizia di Zintan, che dalla fine della guerra contro il colonnello continua a controllare l'aeroporto di Tripoli.
Sul fronte orientale domenica per ore si è combattuto con l'uso di armi pesanti e di elicotteri. A Bengasi le milizie islamiche tra cui quella di Ansar al Sharia hanno lanciato un attacco preventivo ai campi dell'esercito fedeli al generale Khalifa Haftar. I morti sono 30, i feriti almeno 120, tra cui molti civili bloccati dai combattimenti. Haftar ha fatto diffondere dei comunicati in cui chiede alla popolazione di rimanere in casa o di allontanarsi dalle zone degli scontri. "Controlliamo l'80 per cento di Bengasi", dice il generale; ma anche se fosse vero, le milizie islamiche presenti in città e nella Cirenaica sono molto forti, e per ora le forze vicine ad Haftar, anche se dispongono di alcuni aerei ed elicotteri, non sembrano essere riuscite a mettere in piedi un'azione militare capace di annullare il peso militare degli integralisti.
Tutto questo mentre a Tripoli sono presenti in queste ore gli inviati internazionali nominati dai vari governi per seguire la crisi libica. Indicati dai governi di Stati Uniti,Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Unione europea e Italia (per Roma l'inviato è l'ambasciatore Giuseppe Buccino), gli inviati - in coordinamento con il rappresentante Onu Mitri - dovevano lavorare a una mediazione politica in vista del G7 di Bruxelles in cui la Libia sarà uno degli argomenti di discussione. L'inviato Onu Mitri pensa alla convocazione di una conferenza di dialogo in extremis, prima delle elezioni politiche che per il momento rimangono fissate al 25 giugno.
Fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2014/06/03/news/libia_rischio_guerra_civile-87936847/
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