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lunedì 2 giugno 2014

Libia e energia: l’Italia e l’UE osservano con ansia

Scritto da: Nicola Costanzo 27 maggio 2014

Ieri l’ex premier Libico Mahmud Jibril, in un’intervista a Al Arabiya, ha dichiarato di appoggiare il generale Khalifa Haftar, augurandosi che il popolo libico si unisca nella lotta contro i fondamentalisti. Esternazioni che gettano ulteriore benzina sul fuoco che sta nuovamente divampando in Libia e che preoccupano in particolar modo l’Italia.

Nella storia recente, gli avvenimenti di Tripoli hanno infatti sempre avuto fondamentale importanza per Roma: la rivoluzione che portò Gheddafi al potere, la guerra del Kippur, lo shock petrolifero e la destituzione dello stesso Colonnello nel 2011. Il filo conduttore che accomuna tutti questi episodi e che unisce inevitabilmente i destini dei due Paesi è sempre stato la dipendenza energetica dell’Italia dalla Libia. Un rapporto che ha portato Roma a intessere stretti legami con Tripoli: basti pensare alle trattative condotte da Moro negli anni ’70 con Gheddafi per non lasciare l’Italia a corto di petrolio e alla visita del Colonnello nell’agosto del 2010 sotto il governo Berlusconi.

La dipendenza energetica da Tripoli non è cessata – il 10% del gas importato dall’Italia proviene dalla Libia – e il simbolo di questa condizione è il Greenstream Pipeline. Un’infrastruttura imponente, operata da Eni al 75%, che con i suoi 520 km rappresenta il gasdotto più lungo del Mar Mediterraneo. In funzione dal 2004 e realizzato in tempi record, è in grado di trasportare 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno, collegando la stazione di compressione di Melillah al terminale di ricevimento di Gela, in Sicilia. Le attuali turbolenze libiche potrebbero mettere a rischio il funzionamento del gasdotto. Gli scontri dell’ultimo mese tra i fondamentalisti e gli uomini di Haftar hanno avuto come teatro principale Tripoli e i suoi dintorni. A preoccupare Roma è il fatto che Melillah disti solamente 80 km dalla capitale libica. Se la stazione di compressione dovesse essere coinvolta negli scontri o dovesse finire nelle mani sbagliate, il rischio è che il flusso di gas verso l’Italia possa essere interrotto.

Tuttavia a preoccuparsi non è solamente Roma, ma l’intera UE. I recenti fatti ucraini e lo storico accordo Gazprom-Cina della scorsa settimana hanno reso Bruxelles vulnerabile sul fianco esposto a Est. Quello che l’Unione non può permettersi è che venga a crearsi un’altra falla nel proprio sistema di rifornimenti energetici su un diverso fronte, quello libico. L’eventuale interruzione dei flussi di gas dalla Libia andrebbe a sommarsi al fallimento di un altro importante progetto: la costruzione del gasdotto South Stream, che avrebbe potuto rendere la penisola italica un importante hub energetico all’interno dell’UE e i cui lavori sono stati sospesi proprio a causa dei fatti di Kiev.

In condizioni normali, l’Europa potrebbe probabilmente sopperire alla chiusura temporanea del gasdotto libico, usufruendo del gas russo e di quello proveniente da altri canali sulla sponda meridionale del Mediterraneo, in particolare dai gasdotti Transmed e Maghreb-Europe, che passano rispettivamente per Spagna e Italia, con una capacità complessiva di 39 miliardi di metri cubi di gas. Ma questa prospettiva diventerebbe difficilmente realizzabile se, contemporaneamente, Putin decidesse di chiudere i rubinetti del gas russo.

L’attuale condizione di Bruxelles in ambito energetico, quindi, è sempre più preoccupante e peggiora progressivamente a causa di una serie di eventi a catena. In primis, i fatti di Kiev e la conseguente crisi politica, accompagnata dalle minacce di Putin di interrompere i flussi di gas verso l’Europa. Successivamente, l’accordo siglato da Gazprom con la Cina, che ha messo il Vecchio Continente in una posizione ancora più debole nel suo rapporto con Mosca. Infine, questo nuovo spettro dei disordini libici, che potrebbe causare un ulteriore problema di approvvigionamento energetico per l’Unione in un momento già delicatissimo. Ora, lo sguardo preoccupato di Bruxelles non si volge solo a Kiev, ma anche a Sud, verso Tripoli.

Fonte: http://www.rivistaeuropae.eu/interno/libia-insicurezza-nuova-vecchia-minaccia-per-lue/

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