di
Marìca Spagnesi
08-08-2018
L'ultima trovata della pubblicità dei piatti pronti mostra due ragazzi sporchi di fango, esausti, tristi e affamati perché hanno tentato di coltivare i propri spinaci anziché acquistare il piatto pronto e "comodo" che si trova al supermercato. Siamo arrivati anche a questo! Eppure l'orto è molto più pulito ed economico del meccanismo auto-supermercato-cibo confezionato!
"Dimentica pure stivaloni e fango! A raccogliere gli
spinaci freschi per preparare gli spinaci filanti ci pensa ............
(un noto marchio di piatti pronti, nda)!". Recita così la pubblicità che
gira sui social e che mostra un ragazzo e una ragazza vestiti come se
fossero sopravvissuti a un'esplosione nucleare, con la terra addosso
come fossero stati immersi nel fango fin sopra i capelli per un mese e
con le facce provate e stanche come avessero lavorato in miniera per un
anno intero; in più, hanno un'espressione triste e contrita di fronte al
tavolo desolatamente vuoto. Ma, niente paura!, proprio accanto a loro
si materializza un piatto caldo di spinaci filanti. E il sorriso è
ritrovato, l'espressione rilassata, la felicità assicurata.
"Potresti farli anche tu, si legge in un altro spezzone, ma perché avventurarti in campagna"? Già... non ci avevo mai pensato. Perché?
Avete voglia di un piatto di tagliatelle ai funghi? Avete per caso mai pensato di raccoglierne nel bosco? Dopo 15 giorni di piogge torrenziali? E i funghi velenosi? E gli orchi che si nascondono dietro agli alberi? E i serpenti? E gli scorpioni cattivi? Ma perché soccombere a questa orrenda sorte di una vita grama e durissima? Perché sottoporsi a tali torture quando esistono i piatti pronti, solo da acquistare al suprmercato e scaldare? Già... E' vero... Perché?
A chi sono rivolte queste pubblicità? A chi vive in città e non ha mai avuto un orto nei suoi pensieri? A chi è contento e grato a chi offre il servizio di piatti già pronti, lavati, cucinati e impiattati? Così, una serie di vignette, giusto per attirare l'attenzione e strappare un sorriso? Francamente, non credo.
Dello stesso tenore, gli spot si susseguono. E le domande cambiano: "Vuoi goderti le tue ricette preferite senza perdere tempo a cercare gli ingredienti e a cucinarli? Pensa solo a goderti la cena. Perché dovresti preoccuparti di raccogliere gli spinaci? Perché dovresti preoccuparti di stendere la pasta fresca?" D'altra parte sanno tutti che enorme strapazzo sia andare a cercare la farina e le uova, occuparsi del proprio cibo e prepararlo, metter su una pentola d'acqua e aspettare che bolla.
Potresti farlo anche tu. Ma perché affannarti? Risparmiati la fatica!
Questi spot sembrano confezionati e diretti a un pubblico preciso: forse quelli che ancora si ostinano a cucinare, ad avere il piacere di cercare gli ingredienti più sani per sé e la propria famiglia, a non farsi sopraffare dalla mancanza di tempo e dai ritmi sempre meno sostenibili che ci costringono a delegare persino le attività più importanti come la preparazione del nostro cibo. Oppure il pubblico è un altro: quello che sta tornando alla terra e che sceglie di avere un orto, che pensa di essere responsabile in prima persona delle scelte che fa a cominciare da quello che mette nel piatto e per finire ad ogni cosa che acquista. Sempre più consapevolmente.
Cercherò di rispondere a tutte le domande che le industria dei piatti pronti si pongono e ci pongono. L'orto, gentili signori, al contrario di quello che sembrano suggerire i vostri spot, è un posto pulitissimo, accogliente, silenzioso e fresco. Il fatto che la terra sia sporca è solo il punto di vista della tv. O forse si considera più pulita la città rispetto alla campagna. Questo, però, non è affatto vero se consideriamo che in città come Roma i livelli di inquinamento ambientale, acustico e luminoso, la spazzatura dovunque e la plastica che ormai ci sta sommergendo a ogni angolo di strada, non ne fanno sicuramente un posto bello e sano in cui vivere. D'altra parte, posso assicurare, sono andata più volte nel mio orto a piedi nudi, mi ci sono seduta per terra un numero infinito di volte, ho respirato a pieni polmoni la sua aria, toccato e messo in bocca ogni cosa commestibile. Tutte cose che non consiglierei a nessuno di fare in città.
Inoltre, riguardo allo strapazzo, l'affanno, la fatica, rispondo che nessuno che abbia coltivato i suoi spinaci potrebbe mai avere l'espressione triste e desolata che hanno i ragazzi nello spot nel raccoglierli. Si tratta, infatti, di felicità allo stato puro, di grandissima soddisfazione, di piacere nel farsi avvolgere dalla terra e dall'acqua.
La terra e i suoi frutti, quando sono coltivati da noi, sono una terapia straordinaria per mille malattie fisiche e psicologiche. Provate a mescoalare lacrime, dolori, pensieri e preoccupazioni insieme ai semi che coprite di terra fresca e vedrete che ne nasceranno frutti e fiori. Provate a fare la stessa cosa nel cemento delle città indifferenti. Niente pulisce, rigenera e trasforma come la terra e l'acqua. Il cibo che si semina e si coltiva ci rende sensibili, attenti, immensamente grati e... più intelligenti. Il cibo che si raccoglie e che si mette nel piatto ci costa infinitamente meno, ci rende più ricchi e più sani.
Davvero coltivare gli spinaci o i fagiolini è più faticoso che mettersi in macchina, cercare parcheggio, entrare al supermercato, aggirarsi come uno zombie tra scaffali strapieni di cose inutili, perdere tempo a cercare la confezione di piatti pronti, mettersi a fare la fila per pagare, caricare e scaricare? Davvero è più pulito usare il carburante per andarci e tornare a casa, occuparsi di smaltire la plastica nella quale sono confezionati? O è più pulito, forse, il viaggio su strada che hanno fatto centinaia di migliaia di quei prodotti solo per arrivare nei punti vendita?
Si sa, se si raccolgono i funghi e ci si avventura nei boschi, i pericoli possono essere tanti. Soprattutto dopo "le piogge torrenziali" di cui parla lo spot o la quantità di funghi velenosi che si corre il rischio di raccogliere.Ma davvero è più pericoloso che attraversare una strada in città nell'ora di punta o mettersi in macchina per andare al lavoro? I morti e i feriti per incidenti stradali ogni anno sono migliaia. Molti meno quelli che muoiono sommersi dal fango del proprio orto in un giorno di pioggia.
Si dirà che si tratta di spot divertenti, come ho letto nei commenti di alcuni consumatori o che i prodotti pubblicizzati sono proprio buoni, freschi, saporiti, fatti con ottime materie prime (cosa che non metto in dubbio perché non conosco personalmente il prodotto). Costano tanto, sì, ma in fondo, vuoi mettere la comodità?
Perché un'azienda di prodotti pronti sente la necessità di fare spot simili? L'impressione che se ne ricava è di profonda tristezza perché si tratta di un tentativo, efficace quanto subdolo, di rendere inopportuno, stupido, sconveniente e perfino ridicolo coltivare il proprio cibo, restare a contatto con la terra che rimane l'unica capace di nutrirci sostituendola con un'azienda che si occupa di noi: ci nutre, ci coccola, ci solleva dalle fatiche, ci consola con la bontà di un cibo già fatto, pronto, raccolto, condito, cotto, servito. E' un altro tentativo di allontanarci da noi stessi, di renderci belli, puliti, rilassati e ignari.
L'enorme fatica che ci prende è, dunque, prepararci da mangiare e non è, invece, andare al lavoro e tornare troppo tardi per farlo, non è dedicare troppo tempo a lavorare, adeguarci a orari impossibili, spostarci in città che diventano giungle vere e proprie, rincasare troppo esausti anche per dormire. Il problema è dedicare del tempo alle cose davvero importanti come pensare a quello di cui ci nutriamo.
Se la pubblicità inizia a interessarsi di chi fa un orto, di chi vuole scegliere, pensare, decidere e fare da sé, di chi non vuole ancora cedere (o ha smesso di farlo) al richiamo commerciale sempre più invadente e pressante della tv e dei social, significa forse che la strada è giusta e che si è in molti. Molti in grado di generare una certa preoccupazione e non più un'esigua minoranza quasi invisibile e praticamente innocua.
"Potresti farli anche tu, si legge in un altro spezzone, ma perché avventurarti in campagna"? Già... non ci avevo mai pensato. Perché?
Avete voglia di un piatto di tagliatelle ai funghi? Avete per caso mai pensato di raccoglierne nel bosco? Dopo 15 giorni di piogge torrenziali? E i funghi velenosi? E gli orchi che si nascondono dietro agli alberi? E i serpenti? E gli scorpioni cattivi? Ma perché soccombere a questa orrenda sorte di una vita grama e durissima? Perché sottoporsi a tali torture quando esistono i piatti pronti, solo da acquistare al suprmercato e scaldare? Già... E' vero... Perché?
A chi sono rivolte queste pubblicità? A chi vive in città e non ha mai avuto un orto nei suoi pensieri? A chi è contento e grato a chi offre il servizio di piatti già pronti, lavati, cucinati e impiattati? Così, una serie di vignette, giusto per attirare l'attenzione e strappare un sorriso? Francamente, non credo.
Dello stesso tenore, gli spot si susseguono. E le domande cambiano: "Vuoi goderti le tue ricette preferite senza perdere tempo a cercare gli ingredienti e a cucinarli? Pensa solo a goderti la cena. Perché dovresti preoccuparti di raccogliere gli spinaci? Perché dovresti preoccuparti di stendere la pasta fresca?" D'altra parte sanno tutti che enorme strapazzo sia andare a cercare la farina e le uova, occuparsi del proprio cibo e prepararlo, metter su una pentola d'acqua e aspettare che bolla.
Potresti farlo anche tu. Ma perché affannarti? Risparmiati la fatica!
Questi spot sembrano confezionati e diretti a un pubblico preciso: forse quelli che ancora si ostinano a cucinare, ad avere il piacere di cercare gli ingredienti più sani per sé e la propria famiglia, a non farsi sopraffare dalla mancanza di tempo e dai ritmi sempre meno sostenibili che ci costringono a delegare persino le attività più importanti come la preparazione del nostro cibo. Oppure il pubblico è un altro: quello che sta tornando alla terra e che sceglie di avere un orto, che pensa di essere responsabile in prima persona delle scelte che fa a cominciare da quello che mette nel piatto e per finire ad ogni cosa che acquista. Sempre più consapevolmente.
Cercherò di rispondere a tutte le domande che le industria dei piatti pronti si pongono e ci pongono. L'orto, gentili signori, al contrario di quello che sembrano suggerire i vostri spot, è un posto pulitissimo, accogliente, silenzioso e fresco. Il fatto che la terra sia sporca è solo il punto di vista della tv. O forse si considera più pulita la città rispetto alla campagna. Questo, però, non è affatto vero se consideriamo che in città come Roma i livelli di inquinamento ambientale, acustico e luminoso, la spazzatura dovunque e la plastica che ormai ci sta sommergendo a ogni angolo di strada, non ne fanno sicuramente un posto bello e sano in cui vivere. D'altra parte, posso assicurare, sono andata più volte nel mio orto a piedi nudi, mi ci sono seduta per terra un numero infinito di volte, ho respirato a pieni polmoni la sua aria, toccato e messo in bocca ogni cosa commestibile. Tutte cose che non consiglierei a nessuno di fare in città.
Inoltre, riguardo allo strapazzo, l'affanno, la fatica, rispondo che nessuno che abbia coltivato i suoi spinaci potrebbe mai avere l'espressione triste e desolata che hanno i ragazzi nello spot nel raccoglierli. Si tratta, infatti, di felicità allo stato puro, di grandissima soddisfazione, di piacere nel farsi avvolgere dalla terra e dall'acqua.
La terra e i suoi frutti, quando sono coltivati da noi, sono una terapia straordinaria per mille malattie fisiche e psicologiche. Provate a mescoalare lacrime, dolori, pensieri e preoccupazioni insieme ai semi che coprite di terra fresca e vedrete che ne nasceranno frutti e fiori. Provate a fare la stessa cosa nel cemento delle città indifferenti. Niente pulisce, rigenera e trasforma come la terra e l'acqua. Il cibo che si semina e si coltiva ci rende sensibili, attenti, immensamente grati e... più intelligenti. Il cibo che si raccoglie e che si mette nel piatto ci costa infinitamente meno, ci rende più ricchi e più sani.
Davvero coltivare gli spinaci o i fagiolini è più faticoso che mettersi in macchina, cercare parcheggio, entrare al supermercato, aggirarsi come uno zombie tra scaffali strapieni di cose inutili, perdere tempo a cercare la confezione di piatti pronti, mettersi a fare la fila per pagare, caricare e scaricare? Davvero è più pulito usare il carburante per andarci e tornare a casa, occuparsi di smaltire la plastica nella quale sono confezionati? O è più pulito, forse, il viaggio su strada che hanno fatto centinaia di migliaia di quei prodotti solo per arrivare nei punti vendita?
Si sa, se si raccolgono i funghi e ci si avventura nei boschi, i pericoli possono essere tanti. Soprattutto dopo "le piogge torrenziali" di cui parla lo spot o la quantità di funghi velenosi che si corre il rischio di raccogliere.Ma davvero è più pericoloso che attraversare una strada in città nell'ora di punta o mettersi in macchina per andare al lavoro? I morti e i feriti per incidenti stradali ogni anno sono migliaia. Molti meno quelli che muoiono sommersi dal fango del proprio orto in un giorno di pioggia.
Si dirà che si tratta di spot divertenti, come ho letto nei commenti di alcuni consumatori o che i prodotti pubblicizzati sono proprio buoni, freschi, saporiti, fatti con ottime materie prime (cosa che non metto in dubbio perché non conosco personalmente il prodotto). Costano tanto, sì, ma in fondo, vuoi mettere la comodità?
Perché un'azienda di prodotti pronti sente la necessità di fare spot simili? L'impressione che se ne ricava è di profonda tristezza perché si tratta di un tentativo, efficace quanto subdolo, di rendere inopportuno, stupido, sconveniente e perfino ridicolo coltivare il proprio cibo, restare a contatto con la terra che rimane l'unica capace di nutrirci sostituendola con un'azienda che si occupa di noi: ci nutre, ci coccola, ci solleva dalle fatiche, ci consola con la bontà di un cibo già fatto, pronto, raccolto, condito, cotto, servito. E' un altro tentativo di allontanarci da noi stessi, di renderci belli, puliti, rilassati e ignari.
L'enorme fatica che ci prende è, dunque, prepararci da mangiare e non è, invece, andare al lavoro e tornare troppo tardi per farlo, non è dedicare troppo tempo a lavorare, adeguarci a orari impossibili, spostarci in città che diventano giungle vere e proprie, rincasare troppo esausti anche per dormire. Il problema è dedicare del tempo alle cose davvero importanti come pensare a quello di cui ci nutriamo.
Se la pubblicità inizia a interessarsi di chi fa un orto, di chi vuole scegliere, pensare, decidere e fare da sé, di chi non vuole ancora cedere (o ha smesso di farlo) al richiamo commerciale sempre più invadente e pressante della tv e dei social, significa forse che la strada è giusta e che si è in molti. Molti in grado di generare una certa preoccupazione e non più un'esigua minoranza quasi invisibile e praticamente innocua.
Nessun commento:
Posta un commento