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martedì 28 agosto 2018

FRATELLI TRADITI: ancora una triste storia made in ‘Avvenire’ (.. a puntate!!!)

20 agosto 2018

Quante volte ho fatto lettere aperte ad Avvenire per come ha trattato le vicende siriane in questi anni di guerra? Molte volte? Di più. Quest’ ultimo episodio che vede ancora investito Avvenire è veramente triste. Una giornalista di questo giornale cattolico – che dovrebbe essere il punto di riferimento quotidiano dei cristiani – va in Siria appoggiandosi su una istituzione cristiana cattolica e sulla buona fede di una religiosa e poi tornata in patria stravolge e cambia tutta l’esperienza che gli è stata comunicata. E’ quanto racconta don Salvatore Lazzara insieme alla stessa suor Yola. Parla insomma la fonte primaria: a chi crederemo!? Una vicenda molto triste che dovrebbe far interrogare seriamente la redazione di Avvenire che indifferentemente utilizza giornalisti che scrivono su l’Espresso e poi su un giornale cattolico, quello dei Vescovi.
Vietato Parlare
Siamo certi la “Verità è troppo forte per essere sconfitta dalla malvagità di chi odia il popolo siriano”
Sono iniziati alcuni articoli sulla Siria, a firma di una giornalista, la quale per entrare in Siria si era inizialmente appoggiata alle suore Francescane di Damasco.
Le suore, in spirito di ospitalità, hanno offerto alla giornalista, tutto il supporto necessario per “vedere” come il popolo siriano e i cristiani, stanno riprendendo con serenità il cammino di stabilizzazione del paese. Ho contattato suor Yola Girges, che aveva ospitato e accolto la giornalista di Avvenire. Chi è questa suora coraggiosa che per amore del suo popolo ha gridato la verità con rispetto e fermezza? Suor Yola Girges, oltre a essere una delle missionarie del Cuore Immacolato di Mariache, a Damasco è anche la responsabile dell’Unione delle religiose della capitale, che raduna appunto un centinaio di religiose. Damascena per nascita, suor Yola è però originaria di una famiglia di Ghassaniyeh, uno dei villaggi cristiani del Nord, nella provincia di Idlib, diventata l’ultimo caposaldo dei terroristi dell’Isis e di Al Nusrah. Infatti in queste ore si sta combattendo la battaglia decisiva tra forze governative e terroristi. A Ghassaniyeh, tra l’altro, nel 2013 gli islamisti assassinarono il sacerdote siro-cattolico Francois Mourad.
Racconta con voce ferma suor Yola, “non possiamo sempre piangere i morti! Per loro, dobbiamo andare avanti e guardare con fiducia al futuro. La fede ci aiuta in questo percorso”. La serenità -afferma sempre suor Yola Girges-, nasce dalla forza di un popolo che ha sofferto la persecuzione e il terrorismo, ma che non si è mai piegato. Non ci può essere spazio alla vendetta e all’odio. La Siria non è morta. Ci sono tanti segni di rinascita: l’anno scorso da Ghouta, sono arrivati 10 figli di terroristi, che sono stati accolti dalle suore con tanto amore. A chi presentava obiezioni, è stato risposto che la colpa dei padri, non può ricadere sui figli. Tutti devono avere la possibilità di cambiare, per costruire un mondo migliore. Così questi bambini musulmani, hanno potuto costatare che i “cristiani” non sono “bestemmiatori”, ma seguaci del Figlio di Dio, che hanno a cuore il bene dell’uomo. Un musulmano, addirittura ha detto: “io avevo imparato che nel Corano Gesù è un profeta, ma ora, capisco che non è solo un profeta, ma il Figlio di Dio”.
Suor Yola Girges, sommessamente fa notare, che “non immaginava dopo otto anni di guerra, una ripresa così vigorosa. C’è nella gente tanta voglia di fare!” Da dove nascono questi sentimenti? Sicuramente dalla fede forte, provata da anni di terrorismo che ha decimato la comunità cristiana, ma anche dall’Amore verso la propria terra e le proprie radici. Lo sappiamo bene: la persecuzione è germe di nuovi cristiani. La testimonianza di fedeltà al Vangelo è contagiosa! I siriani non sono un popolo triste e oppresso! I siriani sono un popolo gioioso, amante della vita, fiducioso e speranzoso. Vive con la certezza che dopo la tempesta arriva sempre il sereno!
Gli anni della guerra, hanno sviluppato tra la gente inimmaginabili sponde di solidarietà, che nemmeno i progetti delle più grandi organizzazioni umanitarie sono in grado di pensare ed attuare. Questa estate tanti ragazzi e giovani hanno partecipato alle attività proposte, per stare insieme e imparare sempre di più il linguaggio dell’Amore e della Fraternità. Il Cristianesimo in Siria non è morto, e nemmeno spento. E’ in crescita: le Chiese nel giorno del Signore si riempiono non solo di adulti, ma anche di tanti giovani, i quali trovano nella fede un punto di riferimento importante per la loro crescita umana e spirituale.
C’è chi pensa che il cristianesimo in Siria sia “colluso” con il “regime sanguinario di Assad”. Purtroppo vale sempre il detto: ripeti una menzogna tante volte, e finirà per diventare mezza verità. Chi non è mai stato in Siria, e scrive da dietro le scrivanie a migliaia di chilometri di distanza, sicuramente non può avere una idea di ciò che significa “Repubblica Araba Siriana”. Ecco perchè suor Yara non comprende chi scrive “che quanti parlano bene del governo sono collusi con il ‘regime’”. Non si tratta di avere paura o di essere succubi di un “regime sanguinario”. Le forme di partecipazione alla vita sociale sono diverse, e variano da nazione a nazione. Da continente a continente. Nessuno ha il diritto di imporre ad un popolo quello che deve fare e chi votare. In Siria, tutte le religioni presenti sul territorio secondo un sano principio di laicità, fanno parte del tessuto sociale, e della storia del paese, e tutti godono delle attenzioni e del riconoscimento da parte del governo.
Assad, non agisce per sé, né per la sua appartenenza religiosa.
Non ha mai parlato a nome dell’Islam né del Cristianesimo. Parla a nome della Siria, di cui fanno parte musulmani, cristiani e altre confessioni religiose. Lo ha ricordato suor Yola Girges, alla giornalista di Avvenire, quando gli ha fatto notare la foto di Assad che accoglie San Giovanni Paolo II all’aeroporto di Damasco. Dunque, risulta alquanto ambiguo il comportamento dei mass media europei. Ad esempio: se ascoltate prima Al Arabiya (emittente degli Emirati Arabi con sede a Dubai), e Al Jazeera (emittente del Qatar con sede a Doha); poi si può costatare che i mass media occidentali traducono quello che hanno detto le due emittenti arabe, le quali dipendono dai paesi che sono in conflitto con la Siria. Dunque quale grado di credibilità possono avere le emittenti in questo contesto di grave “conflitto di interessi?”
Da otto anni viene ripetuto lo stesso concetto: “Assad è un dittatore”. E l’Europa di seguito: “Assad ha perso la sua legittimità”, “Assad deve andarsene”. Assad invece deve finire il suo legittimo mandato. L’Europa non vuole ammettere che è un presidente garantito dal suo popolo e lui è il garante del popolo, come avviene in qualsiasi democrazia del mondo. E’ il popolo che decide, e non i post e gli articoli dei giornalisti sui media e sui social network! Assad, finora ha lottato per conservare e difendere l’unità del suo paese e dei siriani, contro il terrorismo e le ingerenze dei paesi del golfo e dell’occidente. Nemmeno la stampa nazionale italiana, riesce a guardare oltre. Ormai la guerra al terrorismo è quasi terminata. Un noto quotidiano, rilanciando la notizia, dichiara: “così ha vinto il dittatore Assad”. Comunque abbiamo fatto un passo avanti, al “dittatore” è stato riconosciuto il merito di aver sconfitto il terrorismo!
Come racconta Suor Yola Girges, “la Siria si va riprendendo. Purtroppo, questi ultimi anni sono stati duri e difficili. Ma non ci scoraggiamo! Non si può nascondere che durante il conflitto, per paura l’emigrazione dei siriani, sia musulmani che cristiani, è aumentata”. I 5 patriarchi d’Antiochia (Chiesa ortodossa siriaca, Chiesa greco-ortodossa, Chiesa cattolica sira, Chiesa cattolica maronita, Chiesa cattolica greco-melchita) hanno detto: “Non lasciate la vostra terra”. Ora l’appello lanciato dai capi religiosi, ed appoggiato dalle autorità politiche, sta avendo i suoi effetti: dal Libano e da altre parti i rifugiati stanno rientrando nelle loro case. Ogni uomo ha diritto, prima che di emigrare, a vivere in sicurezza nella propria terra. Potrebbe essere un modello da seguire: aiutare nella loro terra quanti hanno necessità, favorendo la ricostruzione e la creazione di posti di lavoro. Certo, quanti non si sentono di tornare a causa delle ferite della guerra, devono avere la possibilità di essere accolti, manifestando sinceramente la propria identità e la volontà di integrarsi nel paese ospitante.
In Siria, le strutture pubbliche cominciano a funzionare. Le arterie autostradali più importanti sono state riaperte alla viabilità. Le città maggiormente colpite dal conflitto in tempi record stanno ritornando alla normalità con l’aiuto di tanti volontari di buona volontà. A Maolula il monastero di Santa Tecla, ha riaperto le visite ai turisti. Ad Aleppo, è stato inaugurato un ristorante italiano e la cittadella antica è stata riaperta al pubblico. Ad Homs, si ritorna a pregare nelle Chiese ancora distrutte. I tunnel usati dai terroristi, sono stati trasformati in gallerie d’arte visibili al pubblico ecc… Certo tanto altro deve essere fatto e certamente ci saranno dei ritardi. Siamo troppo abituati a puntare il dito su quello che non funziona, piuttosto che rallegrarsi per il bene che si fa. Perchè nessuno ne parla?
Per concludere, mi chiede di dire Suor Yola Girges, “l’ospite, il forestiero in Oriente, è sacro. Si condivide il pane e tutto ciò che si possiede”. Con un velo di amarezza, ma non di disperazione e di odio, questa coraggiosa suora damascena, nel confronto avuto con la giornalista di Avvenire dopo la pubblicazione dei suoi non obiettivi e reali articoli, gli ha ricordato in spirito cristiano che “ha tradito il pane che hanno mangiato insieme”. Ma siamo certi la “Verità è troppo forte per essere sconfitta dalla malvagità di chi odia il popolo siriano”. Un forte ringraziamento a Suor Yola Girges, e a quanti in Siria lavorano per aiutare il popolo ad essere libero dagli oppressori che molte volte si presentano come lupi travestiti da agnelli.
a cura di don Salvatore Lazzara e suor Yola Girges ( pubblicato su l’Antidiplomatico)
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