“L’Italia deve imparare le lezioni del passato coloniale e rispettare l’accordo che abbiamo firmato insieme, così supereremo gli anni di ostilità. Purtroppo, per quello che vedo oggi, l’Italia è occupata da governi falsi, non eletti e senza rispetto: invito il governo italiano a non trascinare le sue flotte in Libia per un diffuso sentimenti che porterà tutte le parti ad unirsi contro l’Italia. Continuando così l’Italia non avrà futuro in Libia. Quando tornerà, l’Italia non avrà alcuna credibilità dopo che il trattato è stato rotto”. Riserva parole dure per l’Italia Ahmed Gaddaf al-Dam, cugino del rais Muammar Gheddafi, ex generale a fianco del cugino, oggi uno degli esponenti politici in Libia con più seguito. Ha risposto alle nostre domande dal Cairo, in Egitto, tra i mille impegni politici ed istituzionali, rincorso dalle testate di mezzo mondo. Dopo una lunga attesa, siamo riusciti ad avere risposte che danno un quadro chiaro della Libia di oggi e che chiarisce le responsabilità del caos libico, che gravano sui governi europei e della Nato, sia per la guerra e l’uccisione del rais, sia per la cattiva gestione di un post che ha gettato la Libia in una totale assenza di sicurezza e legislazione.
– Ci aiuti a fare la Sua presentazione: chi è Ahmed Gaddaf al-Dam e qual è il suo ruolo in Libia oggi?
“Io sono un cittadino arabo del Nordafrica. Sono stato un soldato per il mio Paese e per i valori in cui credevo e ho lavorato duro per portarli avanti. Oggi, vedendo la situazione catastrofica in cui volge il mio Paese, ci vergogniamo tutti di non poter fare niente per salvarlo, ecco perché sto lavorando con i giusti libici per salvare la madrepatria, attraverso il ‘Fronte di Lotta Nazionale’, che mi ha onorato della carica di suo rappresentante politico”.
– Macron ha tenuto un incontro a Parigi con il primo ministro Fayez al-Serraj e l’uomo forte del consiglio di Tobruk, Khalifa Haftar: c’è stato un impegno per un cessate il fuoco e per arrivare alle elezioni in primavera. Non ci sono firme, ma c’è stato un implicito riconoscimento dell’autorità di Tripoli da parte di Haftar. Che impressioni ha avuto da questa riunione?
“Io sono con qualsiasi sforzo compiuto dai libici con qualsiasi governo, con parte di paesi, organizzazioni, o individui … La riunione di Parigi è un ring di una lunga serie. Funzionerà soltanto se il dialogo non esclude chiunque, se lavora per costruire un nuovo Stato e apre la strada al ritorno di un terzo degli sfollati di 7 anni fa, e al rilascio di migliaia di detenuti senza processo, che hanno affrontato trattamenti inumani tra il silenzio del mondo e delle Nazioni Unite”.
– Il lavoro diplomatico italiano in Libia è al centro delle relazioni tra il Suo paese e l’occidente. I francesi hanno nuovamente preso l’iniziativa, come hanno fatto con i primi bombardamenti nel 2011, senza aspettare la deliberazione delle Nazioni Unite. Con chi, pensa, dovrebbe interfacciarsi la Libia?
“Purtroppo ciò che sta accadendo oggi è un risultato naturale dell’aggressione della Nato al mio Paese, una palese infrazione delle norme. Le leggi internazionali e il leader della Francia, Sarkozy, aiutato da tutti… Oggi ognuno deve scusarsi con il popolo libico e correggere i propri errori. Come dice Gesù, ‘chi ha rovinato qualcosa, deve ripararlo’ e accetteremo qualsiasi regola positiva, ma quello che fanno le Nazioni Unite e l’Europa è ‘gestire il conflitto’ piuttosto che un’azione per porre fine al conflitto”.
– Muammar Gheddafi era il leader di un paese unito, mentre la realtà oggi vede la Libia essere frammentata in molte tribù autoctone, oltre la divisione tra Tripoli e Tobruk: come immagina il futuro della Libia? C’è un uomo forte in grado di prendere le redini del paese e riportarlo all’unità?
“L’impronta rivoluzionaria di Gheddafi resterà per le generazioni future. Non solo unì la Libia, ma ha lavorato per riunire gli arabi, è stato il motore dell’unità africana. Il suo sogno è stato quello di creare gli Stati Uniti d’Africa e questa generazione sta alzando la voce per le sue idee, quando vede gli europei essere unificati nient’altro che da un passato nero, la prima guerra mondiale e la seconda… uno stato atomico unito, a un tiro di pietra dalla Libia. Questa generazione non accetta la Libia divisa, perché è musulmana e araba. Stiamo scommettendo su questa generazione, nonostante quello che vediamo ora: la divisione è come dei virus sul corpo malato della Libia, quando si riprenderà tutto questo non avrà posto. In Libia uomini buoni condurranno la ruota della salvezza e domani il sole sorgerà di nuovo”.
– Haftar non è amato da tutti, anche perché è stato catturato nel 1987 dall’esercito americano durante La “Guerra di Toyota”, è stato quindi prelevato dalla CIA e portato negli Stati Uniti, dove è rimasto fino al 2011, per riapparire in Libia al comando di Benghazi, nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi. Eppure sembra essere l’uomo forte del momento, mentre al-Serraj di fatto è alla testa di un governo tribale e fatto di miliziani, un “sindaco di Tripoli”. Ha sbagliato La comunità internazionale a puntare su al-Serraj?
“Noi di ‘Fronte di Lotta’ riteniamo che il conflitto nel 2011 sia stato con l’occidente. E che tutti coloro che hanno partecipato sono vittime di una cospirazione che mira alla patria, perché le leggi di tutti i Paesi non permettono la cospirazione con i paesi stranieri, non la giustificano. Inoltre consideriamo che ci stiamo occupando da tutte le parti nella lotta all’estremismo e al terrorismo, questo è ciò che l’esercito sta facendo in oriente ed è guidato dal generale Khalifa Haftar. Nessuno sa come è stato scelto l’al-Serraj attraverso la Conferenza di Skhirat, alla quale non abbiamo preso parte. Noi rappresentiamo la maggioranza: le tribù, l’esercito, la polizia, le élite, gli sfollati. Anche il Parlamento non è stato scelto secondo le norme politiche. Non è legittimo. È ironico che i paesi europei lo trattino e firmino contratti e accordi con colui che non avrà nessun valore domani, come ha fatto l’Italia. Non è un governo legittimo. Invito gli altri governi a rispettare il pensiero dei libici, e noi non siamo traditori pronti a vendere la nostra patria”.
– Si è parlato del recente rilascio di Saif al-Islam. È un suo parente: pensa che possa giocare un ruolo nella crisi libica o in qualche modo tornare in campo? Ha qualche rapporto con lui?
“Saif al-Islam Gheddafi è un prigioniero di guerra. Si sarebbe dovuto togliere tutte le restrizioni nei suoi confronti per contribuire alla stabilità del Paese e questo è un diritto e dovere e riguarda ogni altra leadership libica. E chi non dovrebbe essere condannato dopo tutti i crimini di guerra che si sono svolti di recente in Libia? Le organizzazioni internazionali dovrebbero eliminare tutte le restrizioni verso i leader dell’ex regime, in modo da contribuire al ritorno della pace nella nostra terra, per via della loro esperienza e del loro ruolo presso le loro tribù, che costituiscono la maggioranza in Libia”.
– Il traffico di migranti continua, anche perché finanzia organizzazioni criminali e terroristiche. Recentemente il ministro dell’Interno italiano, Marco Minniti, ha riunito a Roma circa sessanta capi tribù e l’Unione Europea sta versando denaro (fino ad ora 136 milioni di euro) sostanzialmente perché le tribù a sud respingano i migranti. Pensa che siano buone strategie?
“Tutte le trattative che si svolgono oggi, purtroppo, non avranno successo perché dei traffici sono responsabili bande criminali che si trovano in una parte della Libia che è diventata un’arena aperta per tutte le bande del mondo: dalla migrazione alle arm alla droga. Tutti dovrebbero riconoscere che la Libia è una vittima di queste migrazioni, proprio come l’Europa. Siamo sorpresi quando i governanti europei parlano di campi e di reinsediamento, oppure quando inviano flotte minacciando la sovranità dei libici per provocarli… Siamo pronti a contribuire con la nostra esperienza per trovare soluzioni logiche e rapide a questo problema serio e umanitario, che in realtà minaccia la Libia e la popolazione più di altri. Purtroppo le bande, che sono state fatte entrare dalla Nato hanno reclutato gli immigrati e i mercenari in operazioni terroristiche, sfruttandoli per le loro esigenze. Fino a quando non torneranno nei loro Paesi, saranno come quelli che sono tornati dall’Afghanistan, che creano instabilità in tutta l’Africa”.
– Quali misure aveva adottato Muammar Gheddafi per contenere il flusso di migranti nel Mediterraneo? E soprattutto come ha fatto il rais a gestire la sicurezza della Libia e il potere delle tribù meridionali?
“Gheddafi è stato un leader eccezionale, portatore di un’ideologia ribelle, non tradizionale. Purtroppo l’occidente ha a che fare con i nostri Paesi con una vecchia mentalità ‘per essere schiavo o nemico ’. Gheddafi ha tentato con l’occidente di stabilire un nuovo 5 + 5, la nuova Africa e l’Europa attraverso i vertici dei meeting Africa-Europa, l’ultimo dei quali si è tenuto a Tripoli nel 2010; anche i suoi sforzi per unire il ricco continente africano e l’istituzione di un unico governo africano, che apre gli orizzonti di una vita dignitosa per i popoli del continente sono rimasti incompiuti. Oggi i libici stessi diventano fonte di preoccupazione in tutte le parti della terra, ma di fatto la Libia è diventata una valvola di certezza contro l’estremismo. Il terrorismo è sparso e contribuisce all’uccisione di africani attraverso le barche della morte, e ognuno è responsabile. Dichiariamo la nostra disponibilità a lavorare con tutti. Accogliamo con favore tutte le iniziative che diffondono la pace, purché si rispetti la sovranità della Libia. Costruiremo un nuovo e prospero domani!”.
* Vanessa Tomassini – www.laintervista.eu
Preso da: http://www.notiziegeopolitiche.net/il-cugino-di-gheddafi-al-dam-a-ng-invito-litalia-a-ritirare-le-navi-al-serraj-nessuno-sa-come-sia-stato-scelto/
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