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Queste dichiarazioni sono perfettamente in sintonia con il basso profilo esibito dal governo di Roma. Il comunicato del Consiglio dei ministri che ha approvato la nuova operazione la definisce «un supporto alla Guardia Costiera libica con compiti che si aggiungono a quelli già svolti per la sorveglianza e la sicurezza nel Mediterraneo centrale (dall’operazione della Marina militare italiana Mare Sicuro, ndr) ». Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è a dir poco circospetto nei suoi commenti sulla decisione. «Collaboreremo con la Guardia Costiera libica – mette le mani avanti – non con un enorme invio di grandi flotte e squadriglie aeree», ma con un’attività di sostegno che consentirà alle autorità di Tripoli di «rafforzare le loro capacità di controllo delle frontiere e del territorio nazionale». Il premier prevede che l’aiuto possa dare «un contributo molto rilevante nel regolare i flussi migratori che arrivano nel nostro Paese».
La stabilizzazione del Paese africano per Roma è «una priorità», ma l’Italia si rende perfettamente conto che «è un percorso accidentato e non un’autostrada in discesa». Contemporaneamente Roma tenterà di rafforzare il ruolo dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati, l’Unhcr, e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni che gestiscono campi di accoglienza in Libia.
L’Italia vorrebbe che fossero «rispettosi dei diritti umani», ricordando che qualche mese fa l’ambasciatore tedesco in Niger aveva scritto che sono «peggio dei lager». Il ministro dell’Interno Minniti è riuscito ad associare il Mali alla ‘cabina di regia’ sui movimenti migratori istituita il 21 maggio a Roma. All’organismo di consultazione permanente avevano già aderito Ciad, Libia e Niger.
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