di Giancarlo Elia Valori - 03 aprile 2017
Il 24 marzo scorso Al Serraj ha sciolto il suo ministero del petrolio e ha assunto, formalmente, il controllo diretto della NOC, National Oil Company, la compagnia petrolifera unica dello stato libico.
Nelle more della ferocissima guerra civile seguita alla eliminazione di Gheddafi e del suo regime, la NOC era rimasta sostanzialmente sopra le parti ed era riuscita a garantire, pur nella netta diminuzione della estrazione di petrolio, una parte del guadagno a tutte la parti in causa. E questo accade anche dopo la presa, da parte delle truppe di Khalifa Haftar, dei terminal petroliferi di Es Sider e di Ras Lanuf.
Secondo le previsioni del presidente della NOC, Mustafa Sanalla, l’azienda petrolifera libica potrebbe raggiungere gli 1,25 milioni di barili/giorno alla fine di quest’anno e 1,6 milioni di b/d entro il 2022. Sanalla, in una recente conferenza a Londra, ha dichiarato che tutti i contratti in essere saranno onorati all’interno delle strutture della Banca Centrale di Libia, che si è allineata con il governo del GNA di Al Serraj.
Ma Sanalla ha chiarito che anche il governo del LNA ha “una chiave” per aprire la porta del petrolio, e per accedere ai fondi occorre che ci siano “entrambe le chiavi”, quella del GNA di Al Serraj e l’altra del LNA.
È evidente che la NOC è l’unico ente libico a credere ancora alla futura unità del territorio nazionale. E che quindi la volontà di Al Serraj, l’unico politico libico riconosciuto dall’ONU e dalla inetta UE ma che non controlla nemmeno la città dove si è insediato, Tripoli, è una scelta che sconta la separazione tra le varie parti della vecchia Libia unitaria. Peraltro, fu la separazione in tre aree, la Cirenaica, la Tripolitania e il Fezzan, la soluzione che Bevin e De Gasperi trovarono subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, una scelta che avrebbe dato all’Italia l’area petrolifera primaria, la Tripolitania, e rispettivamente alla Francia il Fezzan e alla Gran Bretagna la Cirenaica.
Avremmo così evitato quella vera e propria “guerra contro l’Italia” che è stata l’operazione contro Gheddafi.
Oggi invece, se la vecchia Libia si frazionerà nelle sue tre componenti tradizionali, avremo l’Egitto nella Cirenaica, area strategica primaria per il Cairo, l’Algeria nel Fezzan e, con ogni probabilità, un mix tra Inghilterra e Francia in Tripolitania, e l’Italia sarà esclusa da ogni gioco in Nordafrica. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso. Alla fine del febbraio scorso, peraltro, Sanalla aveva firmato un accordo con la russa Rosneft per raccogliere, anche in una situazione complessa come quella libica, gli investimenti necessari all’aggiornamento tecnologico e alla riparazione delle reti estrattive e della distribuzione.
Che era il problema primario della NOC per tutta la durata della guerra civile libica. Anche l’austriaca OMV, che non risponde certo agli equilibri strategici franco-britannici, ha confermato con la NOC un vecchio contratto del 2008, per l’esplorazione e l’estrazione del campo di Murzuq, a sud di Tripoli.
La scelta politica di Al Serraj è evidentemente una reazione alla autonomia di Sanalla e risponde alla necessità, da parte dei sostenitori occidentali del governo GNA di Tripoli, di escludere altri concorrenti nella ancor ricca area petrolifera libica.
La reazione di Mustafa Sanalla al tentativo di Al Serraj di controllare da solo la NOC è stata chiara; infatti il presidente della azienda petrolifera libica ha affermato che solo i due organismi parlamentari di Tripoli e di Tobruk, congiuntamente, possono decidere sulla NOC, che peraltro ha finanziato entrambe le parti, oltre alle truppe di Haftar.
La mossa di Al Serraj, che mirava a togliere ogni sostegno finanziario ai suoi avversari, non è però andata a buon fine.
Il 25 marzo scorso, appena un giorno dopo la dichiarazione del leader del GNA, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU hanno diffuso un comunicato congiunto nel quale si sosteneva la posizione di Sanalla a favore dell’indipendenza della NOC. Da ciò deriva che, anche per gli storici sostenitori del GNA e del suo presidente Al Serraj, quest’ultimo non è più il solo interlocutore possibile nell’ambito politico libico. La Russia ha preso, quindi, la palla al balzo: il 30 marzo, dopo un incontro in Giordania tra lo stesso Al Serraj e il vice-ministro degli esteri russo Bogdanov, Mosca ha affermato che “occorre un negoziato a tutto campo” tra tutte le parti in causa.
Quindi la Russia si pone come unico mediatore tra tutte le fazioni libiche, per mantenere unito il paese (interesse primario, per Mosca) e per riempire il vuoto che l’Occidente pasticcione e idealista, giocando tutte le sue carte su Al Serraj, ha creato. Al Serraj, più pasticcione ancora, ha perso quindi l’appoggio dell’unico ente internazionale che gli forniva legittimità, l’ONU, e ha creato l’occasione, per la Russia, di mediare tra tutte le parti in causa divenendo l’unico arbitro del futuro della Libia.
L’Unione Europea e l’Italia non sembrano essersi ancora accorte della nuova situazione creatasi nel quadrante libico; mentre il loro unico punto di riferimento, il capo del GNA Al Serraj, perde potere, con la Russia che entra in tutto lo scacchiere libico, non solo in quello cirenaico del governo di Tobruk, già sostenuto da Mosca, ma direttamente nella “Operazione Dignità” di Haftar, le cui forze sono ormai addestrate e sostenute dai russi.
Le due vecchie fazioni della NOC, quella di Tripoli e l’altra con sede ad Al Bajda, si sono sempre combattute, e il progetto del GNA di Al Serraj di ridurre progressivamente il peso di NOC-Tripoli e di NOC al-Bajda dura da molto tempo. Inizialmente, il governo di Tobruk aveva programmato di prendere il controllo di tutte e tre le organizzazioni finanziarie della Libia con sede a Tripoli: la NOC, la Banca Centrale Libica, la Libyan Investment Authority. Malgrado Tobruk abbia nominato dei nuovi manager per le tre primarie aziende libiche, tutte e tre hanno scelto la linea dell’autonomia, per continuare ad operare legittimamente sui mercati internazionali e per evitare l’eccesso di spese derivante dal sostegno di una sola fazione in armi.
La Banca Nazionale Libica ha, dall’inizio della guerra civile, autonomamente approvato il budget per le due principali parti in causa, rifiutando peraltro di prendere in considerazione le richieste redatte dai due governi. La NOC ha quindi trasferito i suoi guadagni alla sola Banca Centrale della Libia, che paga la quasi totalità degli stipendi pubblici.
Il governo di Tobruk, peraltro, non ha cercato di separare ufficialmente la sua NOC-Al Bajda da quella tripolina, ma ha tentato in ogni modo di far arrivare compagnie straniere e società di trasporto in Libia per poi far siglare gli accordi alla sola sede NOC di Al Bajda.
In questo modo, la “nuova” NOC di Tobruk ha onorato tutti i contratti internazionali precedenti al Marzo 2015, il momento della separazione informale tra le due NOC, ma non accetta nessun contratto successivo, come quello, molto rilevante, che NOC-Tripoli, quella primaria, ha firmato con la Glencore. Si tratta di un accordo che dava alla ditta anglo-svizzera i diritti sul greggio che viene estratto dai campi di Sarir e Messla fino al terminal di Marsa al Hariga, vicino a Tobruk.
La scelta politica e industriale di NOC-Al Bajda è stata, a questo punto, quella di estrarre e far arrivare ai terminal il petrolio da sola.
Per ora, c’è un solo accordo in discussione, con una compagnia egiziana, ma Al Bajda afferma di avere trattative in corso con almeno altre 40 aziende estrattive, ma si tratta in ogni caso di piccole imprese collocate tutte le Medio Oriente.
Uno dei problemi da risolvere è stato anche quello relativo a Ibrahim Jadhran, il vecchio capo delle Guardie per la Protezione dei Pozzi. Ora Haftar ha preso definitivamente possesso dei terminal nella “mezzaluna petrolifera” libica, ed ha posto fuori combattimento Jadhran e le sue guardie del petrolio ma, nel 2014, il capo delle Guardie Petrolifere e della “forza di autodifesa della Cirenaica” aveva tentato di vendere petrolio in proprio, trovando la sola dura resistenza degli USA. Peraltro, la NOC-Al Bajda, allora ancora formalmente unita a quella di Tripoli, aveva tentato di bloccare i porti dall’agosto 2013 all’aprile 2014, ricevendo alla fine la garanzia, da parte dell’allora presidente Al Thinni, oggi capo del parlamento di Tobruk, di decenralizzare la NOC unitaria e di spostarla ad est.
Dato che oggi l’attacco di Al Serraj all’unica NOC che realisticamente funziona, quella di Tripoli, è fallito, si delinea una nuova politica russa in Libia, che è anch’essa basata sul petrolio.
È bene ricordare che Mosca era già presente in Libia, poco prima della caduta di Gheddafi nel 2011, con due aziende, la Gazpromneft e la Tatneft.
Rosneft lavora sempre molto in Medio Oriente; ed ha recentemente acquisito grandi attività di ricerca in Iraq e il 30% dell’area estrattiva offshore di Zohr, in acque egiziane.
Il sostegno russo ad Haftar riguarda quindi la capacità delle forze di “Operazione Dignità” di controllare efficacemente i pozzi e i terminali della “mezzaluna petrolifera” libica.
Mosca vede oggi, con la probabile presenza delle sue forze speciali a Bengazi, la concreta possibilità di garantire sia il petrolio libico che la sua nuova presenza nel Mediterraneo, con una futura base militare in Cirenaica.
Si può solo immaginare, oggi, quanto cambierebbe, nella strategia della NATO, la presenza di una base russa sulle coste libiche. Se invece la presenza della Russia, come è accaduto in Siria, accelera lo scontro tra fazioni in Libia, la destabilizzazione geopolitica dell’Europa è questione di poco tempo. Haftar, ora che ha preso possesso dei terminal, può decidere di continuare a collaborare con la NOC di Tripoli, come ha fatto in precedenza, oppure gestire da solo il transito e la vendita dei petroli, distribuendo i proventi secondo i suoi interessi politici.
Sanalla ha inoltre chiesto la creazione, da parte di “Operazione Dignità”, di una nuova “Guardia Petrolifera” indipendente, mentre il Parlamento dell’Est ha riaffermato la sua netta estraneità al governo del GNA di Al Serraj.
Quindi, frattura sempre più evidente tra Est e Ovest libici con la rete petrolifera in mano a Haftar, che è legato a Tobruk ma può facilmente rendersi autonomo da entrambi gli schieramenti politici, giocando proprio sul controllo dei terminal del petrolio. E con lui ci sono l’Egitto di Al Sisi, la Federazione Russa, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita che lo sostengono e che, se Haftar vincesse senza un sostegno e un solido accordo con l’UE, espellerebbero buona parte delle aziende europee dal sistema del petrolio libico.
Preso da: http://www.bergamonews.it/2017/04/03/fayez-al-serraj-tenta-di-prendersi-la-libica-national-oil-company/250464/
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