Dalla Libia alla Siria, di bufale ne sono
state raccontate parecchie: l'ultima è quella sull'uso delle armi
chimiche a Idlib da parte di Assad.
Di Filippo Bovo -
Si disse poi che anche a Tripoli vi era
stata una massiccia rivolta, sanguinosamente repressa dal regime, che
nel frattempo stava portando nel paese con appositi voli aerei dei
mercenari dall’Africa nera. Solerti testimoni e giornalisti raccontarono
che ben sette aerei da caccia avevano sorvolato in circolo la Piazza
Verde a bassa quota colpendo gli insorti: peccato che ciò non fosse
tecnicamente possibile per degli aerei del genere, e che in tutta la
piazza non si vedesse un solo segno d’arma da fuoco. In seguito vennero
fatte trovare delle “fosse comuni” in cui gli uomini di Gheddafi, sempre
secondo la stampa araba ed occidentale, avevano seppellito le vittime
della repressione: e invece era il cimitero dove venivano sepolti gli
animali dello zoo di Tripoli.
Su Gheddafi, naturalmente, non mancarono
anche bufale postume, certamente le più odiose, che gli attribuivano
una lussuria fuori dal comune, al punto da far sguinzagliare i suoi
poliziotti alla ricerca di ragazzine da portarsi a letto, o ancora
quella secondo cui la figlia Anna non sarebbe morta nel bombardamento
americano di Tripoli del 1986, ma tenuta nascosta al mondo per farlo
credere a tutti. Sul bunker di Bab al Aziziya fiorì tutta una serie di
leggende accuratamente alimentate dai nostri media, che ancor oggi
talvolta resistono nell’opinione di qualche passante malgrado siano poi
state sempre e regolarmente dimostrate come totalmente infondate.
Insomma, già sulla Libia se ne
raccontarono così tante, di balle, da far subito capire quale china
stesse prendendo il mondo dell’informazione in rapporto alle cose arabe e
mediorientali. Infatti nel frattempo era cominciata anche la crisi in
Siria, e pure in quel caso se ne stavano raccontando di tutti i colori.
In Siria vi erano state proteste
pacifiche e spontanee, stimolate da quanto visto in Tunisia e in Egitto.
Ma ben presto, soprattutto dal confine iracheno ma anche dal Libano e
dalla Turchia, entrarono gruppi di uomini armati e non identificati che
iniziarono ad attaccare le guardie frontaliere e le forze di polizia. Il
clima cominciò rapidamente a farsi incandescente, ma l’aumento della
tensione venne subito attribuita sempre e comunque al governo siriano da
parte dei soliti media occidentali e panarabi. Poichè, però, a
differenza della Libia in questo caso la Russia e la Cina non
permettevano ad alcuna coalizione occidentale d’intervenire in Siria, si
cominciarono ad escogitare espedienti sempre più raffinati. Così l’anno
dopo, nel 2012, già Obama accusava Assad di “aver oltrepassato la linea
rossa” usando armi chimiche contro la popolazione e i ribelli. S’arrivò
ad un passo dallo scontro non soltanto fra la Siria e la coalizione
occidentale a guida franco-anglo-americana, ma soprattutto fra
quest’ultima e la Russia che aveva già schierato le proprie forze
davanti alle coste siriane, oltre ad essere presente a Latakia e a
Tartous. Alla fine gli occidentali capirono che i russi non scherzavano,
e seppur a malincuore decisero di mollare la spugna.
Continuò però l’operazione di continuare
a bruciare la Siria dall’interno e dall’esterno, ricorrendo stavolta
all’ennesima novità sul fronte mediorientale, l’ISIS. Assecondando
l’espansione di quest’ultimo, gli occidentali e le petromonarchie del
Golfo presero due piccioni con una fava: l’Iraq, che s’era avvicinato un
po’ troppo all’Asse della Resistenza, si ritrovò invaso fino ed oltre
Mosul, e subì un cambio di governo che fornì la sua “normalizzazione”
politica; la Siria, che già faticava contro gli uomini dell’Esercito
Libero Siriano e di al Qaeda, si ritrovò con un nuovo fronte e le sue
forze cominciarono a trovarsi sempre più in difficoltà. Era la scusa,
per gli occidentali, per intervenire finalmente in Siria e in Iraq: con
la scusa di bombardare l’ISIS, spesso e volentieri invece le forze aeree
francesi e statunitensi colpivano gli uomini dell’Esercito Arabo
Siriano di Damasco e quelli di Hezbollah. Così, grazie ai bombardamenti
di Stati Uniti e Francia, l’ISIS anzichè perdere terreno ne guadagnava
sempre di più, mentre le forze siriane continuavano a perdere mordente.
L’intervento russo smontò e smascherò
anche quest’ennesima bufala: in sole due settimane il Califfato perse il
40% del proprio territorio. Questo semplicemente perchè la Russia
colpiva realmente gli obiettivi dell’ISIS anzichè quelli siriani e di
Hezbollah. In più occasioni, a partire da quel momento, la Russia fornì
all’opinione pubblica riprese scattate dai suoi satelliti spia, che
mostravano chiaramente quali fossero gli obiettivi dell’ISIS da colpire e
perchè gli occidentali non li avessero colpiti. Giustamente, i nostri
media preferirono sempre glissare.
Poi c’è stato il caso di Aleppo: poichè i
bombardamenti per strappare la città al Califfato erano condotti dai
russi e dai siriani, ogni giorno i media occidentali e panarabi
s’inventavano qualche nuovo ospedale bombardato. Aleppo, la seconda
città siriana per importanza, aveva sicuramente più di un ospedale, ma a
dar retta alla narrazione dei nostri media le strutture ospedaliere
erano addirittura decine e decine. Sul fronte iracheno, invece, i
bombardamenti fatti dalle forze statunitensi su Mosul non causavano
nessuna vittima, e men che meno veniva colpito alcun ospedale: qualcosa
d’incredibile, ma del resto è noto come le bombe americane siano
“intelligenti”.
L’ultima bufala è quella che sta
circolando in questi giorni, secondo cui Assad avrebbe nuovamente usato
le armi chimiche a nord di Idlib, con un bilancio rapidamente salito a
72 vittime. Anche in questo caso l’accusa è formulata dall’Osservatorio
Siriano per i Diritti Umani, notoriamente una sola persona residente a
Londra e legata a doppio filo ai ribelli del Consiglio Nazionale Siriano
e dell’Esercito Siriano Libero. Nessuno in Occidente, nè tra i media nè
tra i governi, ha pensato di dubitare di quest’accusa, attribuendo
immediatamente ad Assad quest’ennesima ed infamante responsabilità. Il
punto, però, è che ormai l’esercito siriano non dispone più di armamenti
chimici, come da accordi presi dopo il 2012. Mosca ha subito smentito
le accuse occidentali, come del resto già aveva fatto il governo siriano
attraverso l’agenzia SANA, e il Ministero della Difesa russo per voce
del Generale Maggiore Igor Konashenkov ha specificato che s’è trattata
dell’esplosione di un arsenale chimico di proprietà proprio dei ribelli,
colpito dalle forze aeree siriane. Quel tipo di gas, il sarin, era già
stato usato dai ribelli ad Aleppo, oltre ad essere contrabbandato anche
in Iraq, cosa che denuncia le pericolose contiguità fra quest’ultimi ed
il Califfato. Ma di questo, come di tante altre cose, i nostri media e i
nostri governi preferiscono non parlare.
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