In Arabia Saudita la paranoia religiosa supera spesso il confine del buon senso. L’interpretazione saudita prevalente dell’islam ha generato una confusione culturale, nella quale è emerso solo l’islam più tribale
In queste poche righe si concentra il pensiero
espresso dalla giornalista e studiosa di islam Liisa Liimatainen nel suo
ultimo libro sull’Arabia Saudita, pubblicato da Castelvecchi.
La giornalista finlandese che da
anni studia il mondo mediorientale, nelle sue molteplici sfaccettature
sociali, economiche, politiche e religiose, pone l’accento sulla
pesantissima influenza che la religione esercita sulla vita sociale del
popolo saudita e delle donne in particolare.
L’Arabia Saudita è notoriamente un
paese governato da un regime assolutista che viola costantemente i più
elementari diritti umani e le libertà fondamentali. Un Paese nel quale
convive la contraddizione fra la spinta modernizzatrice che vuole
avvicinarlo al mondo occidentale – che peraltro è il principale partner
economico della monarchia – e il freno conservatore e reazionario che
sottomette alla rigida interpretazione coranica i suoi cittadini.
L’Arabia è un paese con una
significativa influenza economica, politica e religiosa nella regione
mediorientale, ma altresì nelle relazioni con gli Stati Uniti d’America e
con l’Unione Europea. Ma è anche il paese con un regime teocratico che
si pone in posizione anacronistica nei confronti di quel processo di
modernizzazione e rinnovamento tipico del mondo occidentale. All’interno
di questa grande contraddizione si annida la sistematica violazione dei
diritti umani.
In questo paese non è garantita la
libertà di espressione, né la tutela delle minoranze religiose, spesso
crudelmente perseguitate.
All’interno di questo sconfortante
quadro si inserisce il tema della situazione femminile. Le donne in
Arabia Saudita vivono in una situazione di evidente subalternità
rispetto ai concittadini di sesso maschile: hanno avuto il diritto di
voto solo nel 2011 ma hanno potuto esercitarlo solo nel 2015 e grazie
alla battaglia portata avanti da quattro donne, due sunnite e due
sciite, che, superando le barriere e le contrapposizioni religiose,
hanno coordinato la lotta per il diritto di voto e portano avanti le
battaglie per i diritti civili delle donne. Discriminazioni, abusi,
violenze sono pane quotidiano per migliaia di donne saudite,
indipendentemente dalla fascia economica di appartenenza, ma con una
marcata accentuazione per quelle donne che appartengono alle classi meno
abbienti.
Il volume della Liimatainen diviene
quindi libro di inchiesta e denuncia insieme, un lavoro sul quale
riflettere e dal quale far partire una mobilitazione sociale di livello
internazionale per promuovere nella terra del profeta Muhammad, che si
professa amica dell’occidente, una vera battaglia per i diritti umani e
civili, per le libertà fondamentali dell’individuo e in maniera
particolare per la componente femminile della società.
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