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giovedì 8 dicembre 2016

Libia: le molte facce del caos

1 dicembre 2016

Se ci si interroga sulla situazione della Libia la parola che emerge immediatamente nel pensiero è “caos” ma questo caos ha molteplici facce e migliaia di attori interni, esterni , palesi e occulti che muovendosi disordinatamente, spesso sotto la pressione di fatti contingenti e apparentemente senza un progetto, sia pur di massima, contribuiscono a che nessuna possibilità di stabilizzazione del paese possa intravedersi, nemmeno in un lontano orizzonte.
Quando ci siamo riproposti di dare un quadro della situazione nella nostra Ex colonia, dirimpettaia a sud della Sicilia, l’intenzione era quella di risalire alla fine dell’aggressione occidentale, conclusasi con la tragica morte del colonnello Gheddafi, per ripercorrere poi l’evoluzione del quadro in questi 5 anni.
Ben presto però ci siamo resi conto che la complessità del panorama militare e politico, stante i continui voltafaccia  degli attori, la nascita di nuovi protagonisti, la moltitudine dei comprimari e delle comparse, che apparivano e scomparivano dalla scena, avrebbe richiesto, per dare un quadro della evoluzione durante 5 anni, ben più di un articolo, ma diversi volumi, solo a voler  fare una analisi molto superficiale.

Ci limiteremo pertanto a dare una visione generale limitatamente alla situazione attuale, senza avere certezza che sia ancora la stessa nel momento in cui queste poche note appariranno sulla nostra testata. Sul terreno la Libia  è divisa i tre grandi aree: La Cirenaica e parte del Fezan sono controllate militarmente dall’ Esercito Libico sotto, il comando di Khalifa Haftar un ex generale di Gheddafi tornato dall’esilio statunitense, e dai suoi alleati, le milizie Berbere di Zitan, sparse a macchia di leopardo anche in Tripolitania e le milizie tribali Tebu.Tutti questi hanno come riferimento politico la Camera dei Rappresentanti, con sede a Tobruk ,che sino al 2014 era l’istituzione  libica internazionalmente riconosciuta come legittima rappresentante del paese.
A questi si associano militarmente le PFG, forze di protezione degli impianti petroliferi, pagate dalle compagnie petrolifere, che però cambiano di campo a seconda degli interessi delle suddette compagnie.
La Tripolitania  sottoposta all’autorità del Governo di Accordo Nazionale, entità politica oggi  riconosciuta come rappresentante legale del  paese a seguito degli accordi patrocinati dall’ONU  che avrebbero dovuto riunire, almeno le formazioni più autorevoli che si dividono la Libia, in un unico organismo.
Detti accordi però non furono mai ratificati dal parlamento di Tobruk, sotto pressione del generale Haftar, che pretendeva come precondizione la sua nomina a ministro della difesa. Il cosiddetto (a questo punto) Governo di Accordo Nazionale si regge sulla forza di una miriade di milizie locali (sono circa 1000) e sulle forze raggruppate  nel contenitore denominato Alba Libica di cui fanno parte le potentissime milizie di Misurata. Teoricamente anche le milizie Tuareg appoggiano il governo di Tripoli, salvo governare in esclusiva il loro territorio.
Le forze di protezione degli impianti petroliferi, stante l’attuale riconoscimento internazionale, in teoria potrebbero schierarsi con Tripoli.
L’area desertica che abbraccia i confini Libici con L’Algeria, Il Mali, il sud della Tunisia e i Sudan è controllata dalle tribù Tuareg che nella forma appoggiano il governo di Tripoli  ma in pratica mantengono il totale  controllo del territorio e dei lucrosi traffici che lo attraversano.
Questa ripartizione di massima non è però esaustiva del mosaico libico in quanto la città e il circondario di El Beyda al confine tunisino sono nelle mani di una milizia che risponde al generale Haftar. Derna e il circondario e sino a qualche settimana fa Sirte erano nelle mani dell’IS, e dei suoi mercenari, in gran parte Tunisini e Sudanesi, come pure il circondario di Bengasi  e la stessa città era sottomessa ad Al Baghdadi sino a quando le milizie che la controllavano ne sono state espulse dall’Esercito Libico.
Dal punto di vista degli appoggi internazionali, Tobruk e sostenuta dall’Egitto, dalla Francia e dagli Emirati arabi uniti. Tripoli gode invece dell‘appoggio anglo americano, della Turchia, del Sudan e dell’Italia che sostiene sostanzialmente le Milizie di Misurata.
Sul terreno la situazione non appare favorevole al governo di Tripoli. Ammesso che esista un governo di Tripoli stante che il 13 ottobre scorso, Il Governo del primo ministro al-Serraj, che pure non controllava pienamente neppure la capitale, esercitando i suoi “poteri” dal compound della base navale di Tripoli, difesa da Commandos dello Special Air Service britannico, è stato rovesciato e costretto alla fuga in Tunisia dalle milizie fedeli all’ex-primo ministro islamista Khalifa al-Ghwell .
A seguito di ciò le Milizie di Misurata hanno dovuto rallentare il loro impegno contro gli uomini dello Stato Islamico a Sirte e Derna per inviare una colonna a sostegno del proprio alleato di a Tripoli. Una cosa appare comunque chiara: la velleità dell’intervento occidentale.
I bombardamenti americani su sirte e Derna senza l’intervento di terra delle milizie legate ai fratelli musulmani di Misurata non avrebbe sortito effetto alcuno; Le truppe addestrate ed inquadrate dai britannici a difesa di al-Serraj si sono disciolte come neve al sole alla prima cannonata dei miliziani di Khalifa al-Ghwell e appare dubbia l’opportunità dell’invio delle nostre forze speciali a sostegno delle forze di Misurata soprattutto se questo impegno, con ipocrisia tutta italica, viene mascherato con la difesa di un ospedale da campo.
Un ultima considerazione al di la del caos libico che è molto più caotico di quanto credo di essere riuscito a spiegare. Ad esempio non si capisce perché l’occidente si affanni a sostenere  gli islamisti l’un contro l’altro armati, non per differenze ideologiche, ma per mere questioni di potere e non appoggi, come faceva inizialmente, Tobruk che ha, nella protezione dell’Egitto  di al Sissi, la garanzia di essere immune da derive jihadiste.
Un ultima considerazione si diceva sulla componete “criminalità organizzata” nel caos. Con i criminali trattano e lucrano tutti nel disgraziato paese africano ma un ruolo particolare lo svolgono le milizie Tuareg che controllano in maniera transfrontaliera il crocevia di tutti i traffici illegali che dall’africa sub sahariana portano al mediterraneo. Dalle armi degli immensi depositi  di Gheddafi che vanno verso sud a nutrire le mille guerriglie dell’Africa nera alla droga e ai “migranti” che salgono nord per invadere l’Europa.
Non si farà mai per ovvie ragioni ma una nuova Norimberga che mandasse al patibolo chi ha voluto e nutrito il caos libico sarebbe l’unica maniera di rendere giustizia al popolo libico.
fonte:Massimo Granata Appunti.ru

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