Se ci si
interroga sulla situazione della Libia la parola che emerge
immediatamente nel pensiero è “caos” ma questo caos ha molteplici facce e
migliaia di attori interni, esterni , palesi e occulti che muovendosi
disordinatamente, spesso sotto la pressione di fatti contingenti e
apparentemente senza un progetto, sia pur di massima, contribuiscono a
che nessuna possibilità di stabilizzazione del paese possa intravedersi,
nemmeno in un lontano orizzonte.
Quando
ci siamo riproposti di dare un quadro della situazione nella nostra Ex
colonia, dirimpettaia a sud della Sicilia, l’intenzione era quella di
risalire alla fine dell’aggressione occidentale, conclusasi con la
tragica morte del colonnello Gheddafi, per ripercorrere poi l’evoluzione
del quadro in questi 5 anni.
Ben
presto però ci siamo resi conto che la complessità del panorama militare
e politico, stante i continui voltafaccia degli attori, la nascita di
nuovi protagonisti, la moltitudine dei comprimari e delle comparse, che
apparivano e scomparivano dalla scena, avrebbe richiesto, per dare un
quadro della evoluzione durante 5 anni, ben più di un articolo, ma
diversi volumi, solo a voler fare una analisi molto superficiale.
Ci
limiteremo pertanto a dare una visione generale limitatamente alla
situazione attuale, senza avere certezza che sia ancora la stessa nel
momento in cui queste poche note appariranno sulla nostra testata. Sul
terreno la Libia è divisa i tre grandi aree: La Cirenaica e parte del
Fezan sono controllate militarmente dall’ Esercito Libico sotto, il
comando di Khalifa Haftar un ex generale di Gheddafi tornato dall’esilio
statunitense, e dai suoi alleati, le milizie Berbere di Zitan, sparse a
macchia di leopardo anche in Tripolitania e le milizie tribali
Tebu.Tutti questi hanno come riferimento politico la Camera dei
Rappresentanti, con sede a Tobruk ,che sino al 2014 era l’istituzione
libica internazionalmente riconosciuta come legittima rappresentante del
paese.
A questi si associano
militarmente le PFG, forze di protezione degli impianti petroliferi,
pagate dalle compagnie petrolifere, che però cambiano di campo a seconda
degli interessi delle suddette compagnie.
La
Tripolitania sottoposta all’autorità del Governo di Accordo Nazionale,
entità politica oggi riconosciuta come rappresentante legale del
paese a seguito degli accordi patrocinati dall’ONU che avrebbero dovuto
riunire, almeno le formazioni più autorevoli che si dividono la Libia,
in un unico organismo.
Detti accordi
però non furono mai ratificati dal parlamento di Tobruk, sotto pressione
del generale Haftar, che pretendeva come precondizione la sua nomina a
ministro della difesa. Il cosiddetto (a questo punto) Governo di Accordo
Nazionale si regge sulla forza di una miriade di milizie locali (sono
circa 1000) e sulle forze raggruppate nel contenitore denominato Alba
Libica di cui fanno parte le potentissime milizie di Misurata.
Teoricamente anche le milizie Tuareg appoggiano il governo di Tripoli,
salvo governare in esclusiva il loro territorio.
Le
forze di protezione degli impianti petroliferi, stante l’attuale
riconoscimento internazionale, in teoria potrebbero schierarsi con
Tripoli.
L’area desertica che
abbraccia i confini Libici con L’Algeria, Il Mali, il sud della Tunisia e
i Sudan è controllata dalle tribù Tuareg che nella forma appoggiano il
governo di Tripoli ma in pratica mantengono il totale controllo del
territorio e dei lucrosi traffici che lo attraversano.
Questa
ripartizione di massima non è però esaustiva del mosaico libico in
quanto la città e il circondario di El Beyda al confine tunisino sono
nelle mani di una milizia che risponde al generale Haftar. Derna e il
circondario e sino a qualche settimana fa Sirte erano nelle mani
dell’IS, e dei suoi mercenari, in gran parte Tunisini e Sudanesi, come
pure il circondario di Bengasi e la stessa città era sottomessa ad Al
Baghdadi sino a quando le milizie che la controllavano ne sono state
espulse dall’Esercito Libico.
Dal
punto di vista degli appoggi internazionali, Tobruk e sostenuta
dall’Egitto, dalla Francia e dagli Emirati arabi uniti. Tripoli gode
invece dell‘appoggio anglo americano, della Turchia, del Sudan e
dell’Italia che sostiene sostanzialmente le Milizie di Misurata.
Sul
terreno la situazione non appare favorevole al governo di Tripoli.
Ammesso che esista un governo di Tripoli stante che il 13 ottobre
scorso, Il Governo del primo ministro al-Serraj, che pure non
controllava pienamente neppure la capitale, esercitando i suoi “poteri”
dal compound della base navale di Tripoli, difesa da Commandos dello
Special Air Service britannico, è stato rovesciato e costretto alla fuga
in Tunisia dalle milizie fedeli all’ex-primo ministro islamista Khalifa
al-Ghwell .
A seguito di ciò le
Milizie di Misurata hanno dovuto rallentare il loro impegno contro gli
uomini dello Stato Islamico a Sirte e Derna per inviare una colonna a
sostegno del proprio alleato di a Tripoli. Una cosa appare comunque
chiara: la velleità dell’intervento occidentale.
I
bombardamenti americani su sirte e Derna senza l’intervento di terra
delle milizie legate ai fratelli musulmani di Misurata non avrebbe
sortito effetto alcuno; Le truppe addestrate ed inquadrate dai
britannici a difesa di al-Serraj si sono disciolte come neve al sole
alla prima cannonata dei miliziani di Khalifa al-Ghwell e appare dubbia
l’opportunità dell’invio delle nostre forze speciali a sostegno delle
forze di Misurata soprattutto se questo impegno, con ipocrisia tutta
italica, viene mascherato con la difesa di un ospedale da campo.
Un
ultima considerazione al di la del caos libico che è molto più caotico
di quanto credo di essere riuscito a spiegare. Ad esempio non si capisce
perché l’occidente si affanni a sostenere gli islamisti l’un contro
l’altro armati, non per differenze ideologiche, ma per mere questioni di
potere e non appoggi, come faceva inizialmente, Tobruk che ha, nella
protezione dell’Egitto di al Sissi, la garanzia di essere immune da
derive jihadiste.
Un ultima
considerazione si diceva sulla componete “criminalità organizzata” nel
caos. Con i criminali trattano e lucrano tutti nel disgraziato paese
africano ma un ruolo particolare lo svolgono le milizie Tuareg che
controllano in maniera transfrontaliera il crocevia di tutti i traffici
illegali che dall’africa sub sahariana portano al mediterraneo. Dalle
armi degli immensi depositi di Gheddafi che vanno verso sud a nutrire
le mille guerriglie dell’Africa nera alla droga e ai “migranti” che
salgono nord per invadere l’Europa.
Non
si farà mai per ovvie ragioni ma una nuova Norimberga che mandasse al
patibolo chi ha voluto e nutrito il caos libico sarebbe l’unica maniera
di rendere giustizia al popolo libico.
fonte:Massimo Granata Appunti.ru
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