Intervista di Federico Bisceglie a Antonio Amorosi
Di Federico Di Bisceglie
Ma cosa ancor più grave è la provenienza di questi soldi. Il senso
comune ci porterebbe a pensare che il fatturato delle cooperative rosse
sia da attribuire agli incassi dei supermercati. Ma non è così, spiega
Amorosi nel suo libro: tramite diversi escamotage e costituzioni di
società, fanno fruttare il loro danaro grazie agli affari in borsa. Ben 889 milioni di euro fruttano gli affari borsistici. Mentre i supermercati “solo” 240 milioni. Per non parlare dei libretti “prestito sociale”, altra attività che per legge le cooperative non potrebbero fare e che arrivano ad un capitale complessivo di 10,8 milioni.
Ma se consideriamo che 1 italiano su 3 va alla coop e 1 su 5 ha la
card, tutto torna. O forse no. Come ha spiegato Amorosi, la grande forza
delle coop sono stati gli spot pubblicitari che negli anni si sono
succeduti, che hanno fatto passare il messaggio che alla coop ci si
sente tutelati, come essere a casa. Per quanto riguarda il regime fiscale al
quale le coop sono sottoposte lo scenario è impressionante: si apprende
infatti dalla presentazione del volume che le società mutualistiche
sono tassate solo su una parte del fatturato complessivo, per arrivare
ad esenzioni totali o quasi. È incredibile. È un sistema oscuro che
non si conosce e che per la prima volta Amorosi cerca di spiegare. Tra
l’altro non tralasciando un sistema corruttivo con il quale il sistema
cooperativistico agisce su amministrazione pubblica, imprenditoria e
uffici amministrativi. “Il sistema Emiliano”. Ecco cosa ci ha raccontato l’autore…
Lei è stato assessore alle Politiche Abitative al comune di
Bologna: cosa significa vivere dall’interno queste dinamiche inerenti a
coop rosse e politica?
«Diciamo che ho vissuto queste cose da un punto di vista prima esterno
poi interno. Nel senso che rivestire un ruolo istituzionale ti rende
osservatore da un punto di vista privilegiato. Nel senso che tocchi con
mano la realtà. È come essere in un film del quale sei attore e
regista».
Qual è stato dunque il motivo principale della stesura del libro?
«Il libro nasce dall’esigenza di raccontare un mondo che non si conosce.
Portando la mia esperienza e avendo avuto la grande opportunità di fare
l’assessore e quindi andando a fondo nella descrizione del fenomeno è
soprattutto delle dinamiche interne».
Quanto ha impiegato a completare il volume?
«Il lavoro ha richiesto un periodo intenso di ricerche e approfondimenti, per cui direi circa un anno».
Questo libro è figlio di Tangentopoli?
«È figlio della parte che non si è vista dell’inchiesta milanese del
’92. È figlio della parte vincente, ovvero del racconto di una realtà
che non potevamo nemmeno immaginare. La realtà che non si conosce.
Perché ci hanno sempre fatto credere alla logica spottistica di “persone
oltre le cose”».
È il consociativismo?
«Il consociativismo è come l’aria che respiri nel libro. Ma
questo problema non c’è quando si parla di un mondo chiuso e ristretto
come quello delle cooperative del quale anche i nemici possono far
parte. Se si guarda ad esempio all’evoluzione dell’imprenditoria
italiana si capisce tutto. I grandi imprenditori sono andati con il
“cappello in mano” a chiedere di poter partecipare ai grandi appalti
delle cooperative, proprio grazie alla forza di queste ultime. Basate
principalmente su una logica che parte dal locale e che si estende su
larga scala al nazionale. Nel libro racconto la storia dei grandi
appalti. Lo Stato ha una disponibilità di 2852 miliardi e per il 75%
sono stanziati fra centro e nord Italia. Dove stanno i grandi
imprenditori, le cooperative e la mafia. L’unica mosca bianca che si
distingua da questo sistema, oltre a Luxottica, è Esselunga e Caprotti».
A seguito della pubblicazione del libro ha ricevuto minacce?
«Minacce vere e proprie no. Diciamo lettere minacciose, che non si sono ad oggi trasformate in querele o altro».
Anonime immagino…
«No, firmate da persone coinvolte nel libro».
Progetti per il futuro?
«Beh, ne ho diversi. Il libro è già stato adottato per uno spettacolo
teatrale, per arrivare a colpire , in maniera diversa, un pubblico più
vasto su questa problematica».
Future pubblicazioni?
«Ho qualcosa in cantiere, ma ci vuole tempo e soprattutto un grande
impegno nell’ambito della ricerca, insomma ancora tutto da definire».
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