Di comidad (del 07/01/2016 @ 02:57:03)
Tra i filoni mediatici più praticati, e più fortunati, c'è quello dei
commenti falsamente critici nei confronti dell'establishment. La
situazione in Libia è talmente confusa e disastrata che non si può certo
fingere di ritenere salvifica l'aggressione della NATO del 2011 che ha
dato il via alla destabilizzazione del Paese, perciò, in un articolo su
"Il Fatto Quotidiano", dai toni irriverenti e sbarazzini, l'economista
Loretta Napoleoni non esita a parlare di "fiasco" della NATO,
e si spinge a considerare del tutto strumentale agli interessi
economici dell'Occidente l'accordo fatto firmare ai due governi in
guerra tra loro in Libia, quello di Tripoli e quello di Tobruk. La
Napoleoni conclude il suo commento esprimendo scetticismo nei confronti
delle posizioni del governo di Tobruk, il quale non chiede interventi
militari esterni per stabilizzare il Paese, ma solo di potersi dotare di
armamenti più adeguati.
Se la Napoleoni fosse contraria per principio alle vendite di armi, la
sua posizione avrebbe un senso, ma, per come si presenta, non fa altro
che adagiarsi nei paradossi della posizione occidentale. Il governo di
Tobruk è infatti quello ufficialmente riconosciuto dai governi
occidentali, con l'eccezione della Turchia, la quale invece rifornisce
di armi il governo di Tripoli, il più legato alle formazioni sedicenti
jihadiste. La Napoleoni avrebbe potuto cercare di spiegarci che senso
abbia riconoscere un governo e poi tenerlo sotto embargo di fornitura di
armi, tanto più che l'altro governo le armi le riceve, eccome; per di
più da Paesi nostri "alleati", come la Turchia, il Qatar e l'Arabia
Saudita. Certo, gli embarghi e le sanzioni sono anche un business,
perciò almeno una parte di quelle armi che non si potrebbero vendere,
poi arriva lo stesso, magari per farsela pagare dieci volte tanto. Sta
di fatto però che il business è a spese del governo di Tobruk, cioè il
governo ufficialmente considerato come "amico" dall'Occidente.
Ci sono quindi tutti gli elementi per ritenere che l'intervento della
NATO del 2011 non sia stato affatto un "fiasco", ma abbia raggiunto
tutti i suoi obiettivi, che non consistevano soltanto nella caduta di
Gheddafi, ma soprattutto nella destabilizzazione della Libia. La NATO ha
applicato, e sta continuando ad applicare, alla Libia, come alla Siria,
il "modello Congo", cioè la colonizzazione diretta di un territorio, le
cui istituzioni abbiano solo un ruolo di facciata, ed i cui governi non
estendano il loro effettivo potere oltre il quartiere di residenza. Si
tratta di trasformare questi Paesi in paradisi delle multinazionali, che
possono così rinverdire i fasti delle Compagnie Commerciali del XVII
secolo. Le Compagnie Commerciali gestivano direttamente i territori in
cui si insediavano, finanziando ed allevando milizie mercenarie locali.
Un vecchio film, ma è tornato in prima visione.
Nel 2011 il dibattito della sinistra si impantanò in termini come
"diritti umani", "democrazia" e "dittatura", rimuovendo completamente il
concetto di colonialismo. Si fu quindi costretti ad assistere allo
spettacolo di una "sinistra" entusiasticamente, o talvolta tiepidamente,
interventista, in nome dell'appoggio alle cosiddette "primavere arabe".
Il fatto è che il razzismo si è dimostrato un'ideologia molto duttile, e
con un altissimo potenziale mistificatorio. Quello che lo scrittore
inglese Rudyard Kipling, in una sua poesia del 1899, chiamava "il
fardello dell'Uomo Bianco", ora è diventato il tema dei "diritti umani",
con un proliferare di ONG che fanno da battistrada alle aggressioni
della NATO. La retorica sui "popoli minorenni" dell'altro grande cantore
del colonialismo britannico, il filosofo John Stuart Mill, si è
riciclata come orrore nei confronti dei "dittatori" che opprimono i
popoli inferiori; popoli che vedrebbero nelle cosiddette "libertà
occidentali" il loro faro, peraltro sempre irraggiungibile, appunto a
causa della loro irrimediabile inferiorità.
Il sistema occidentale è maestro di dissimulazione, ed i suoi popoli
vivono beatamente inconsapevoli del grado di militarizzazione della
propria vita. Ci si ricorda del militarismo quando ci sono le guerre, e
si ignora che è militarizzata la pace. L'Unione Europea e l'euro sono
stati creati per esigenze di disciplina NATO, in base all'articolo 2 del
Patto Atlantico, che impone l'integrazione economica dei suoi membri.
Intanto le tecnologie elaborate dal Pentagono vengono commercializzate
dai grandi prestanome, i Bill Gates, gli Steve Jobs ed i Mark
Zuckerberg, con tutto il contorno di fiabe che avvolge questi nuovi
santini. In fondo chi sta più inguaiato? Chi crede alla capanna di
Betlemme, o chi crede al garage di Steve Jobs?
L'Occidente "filantropico" ed "umanitario" ci fa anche credere di andare
alla guerra sempre controvoglia, per rispondere al "grido di dolore"
dei popoli bisognosi. La retorica del soccorso occidentale nei confronti
dei "popoli minorenni" ha le sue implicazioni sfacciatamente militari,
ma anche quelle diplomatiche. Visto che il governo di Tobruk dimostra
crescenti simpatie verso la Russia, e dato che la stessa Russia ha
cominciato a fare sul serio in Siria, decidendosi a restituire stabilità
al regime di Assad, ecco che la NATO, tramite l'ONU, dà il via
all'ipocrita balletto diplomatico degli "accordi" in Libia, simulando un
senso di responsabilità che in realtà non ha, e non ha mai avuto. Ma
l'opzione dell'aggressione militare diretta rimane sempre sul tavolo, e
se non c'è un "grido di dolore", ce lo si inventa. Visto che il governo
di Tobruk non è d'accordo, adesso ci si fa credere che sia la compagnia petrolifera libica ad invocare soccorso contro l'ISIS.
In questa situazione ai governi italiani è riservato il consueto ruolo
del fantoccio che si dà importanza. I giornali titolano, nientemeno, che
l'Italia guiderà una coalizione per un nuovo intervento in Libia,
ufficialmente contro l'ISIS, ma poi si precisa che le truppe non saranno italiane. E allora a chi obbediranno? A Renzi e alla Pinotti?
Preso da: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=705
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