di Gianandrea Gaiani 18 gennaio 2016
Lo schieramento di 4 cacciabombardieri ricognitori Amx dalla base
trevisana di Istrana a Trapani-Birgi, l’aeroporto siciliano che nella
guerra del 2011 rappresentò la base più importante per le operazioni
sulla Libia, apre qualche interrogativo.
Circa le opzioni militari che Roma intende esercitare nell’attuale crisi libica. Il governo di Matteo Renzi continua a considerare molto pericoloso l’avvio di azioni militari contro lo Stato Islamico almeno finché non si sarà insediato a Tripoli il nuovo esecutivo di unità nazionale guidato da Fayez al-Serraj, ma non può non prepararsi al peggio, incluso il rischio di fronteggiare sul piano militare una situazione che potrebbe degradare rapidamente e che avrebbe pesanti conseguenze pratiche anche in Italia. Nonostante il supporto internazionale e i migliori auspici delle Nazioni Unite il governo di unità nazionale che doveva venire ufficializzato oggi ha molti nemici all’interno della Libia, anche tra le fazioni di Tobruk e Tripoli che pure lo hanno fatto nascere tra mille compromessi e sotto le pressioni di Usa ed Europa.
Meglio non dimenticare che il futuro della Libia, ovvero il nuovo governo e la missione dell’Onu guidata da Martin Kobler e garante degli aiuti internazionali promessi al premier al-Serraj, si trovano entrambi in Tunisia per «ragioni di sicurezza» e l’auspicato insediamento a Tripoli non può essere dato per scontato neanche quando scadrà il nuovo termine fissato dai negozionatori e sollecitato dall’inviato delle Nazioni Unite. Inoltre è difficile comprendere se le incursioni aeree registrate negli ultimi giorni contro le forze dello Stato Islamico siano davvero da attribuire, come riferiscono diverse indiscrezioni, ai caccia Rafale venduti l’anno scorso da Parigi all’Egitto pilotati da equipaggi francesi. Al di là della paternità dei misteriosi raid appare certo che, se da un lato la necessità di fermare l’espansione dell’Isis è sempre più impellente, dall’altro un intervento armato esterno effettuato proprio ora a supporto delle forze fedeli al generale Khalifa Haftar (che risponde al governo di Tobruk) non aiuta certo a garantire autorevolezza al nuovo esecutivo di al-Serraj.
Le eventuali ingerenze dei nostri «alleati» francesi (gli stessi che nella guerra del 2011 fecero di tutto per sabotare gli interessi italiani in Libia) unite all’intensificazione delle offensive dello Stato Islamico contro i siti energetici in Cirenaica e Tripolitania e alla rapida avanzata dei jihadisti nel sud, verso Sebha, impongono all’Italia l’adozione di misure preventive a difesa delle infrastrutture di interesse nazionale. Il comunicato della Difesa ha messo gli aerei in relazione alla sorveglianza del Mediterraneo Centrale ma gli Amx sono aerei da attacco e ricognizione e appartengono a uno dei reparti operativi di punta dell’Aeronautica in termini di esperienza di combattimento. I quattro cacciabombardieri ammodernati allo standard Acol (Adeguamento Capacità Operative e Logistiche) schierati a Trapani, oltre a effettuare le previste esercitazioni sui poligoni sardi, garantiscono dalla base siciliana la capacità di intervenire in tempi rapidi a difesa degli interessi italiani in Libia, prima di tutto a protezione del terminal del gas di Melitha gestito dall’Eni e attaccato nei giorni scorsi da veicoli armati che probabilmente volevano solo saggiarne le difese. A Sabratha, non lontano da Melitha, l’Isis dispone di forze consistenti e di un campo d’addestramento in cui sono stati istruiti migliaia di volontari tunisini in parte inviati a combattere in Siria, in parte rientrati in Tunisia per effettuare azioni terroristiche e in parte attivi in Libia sotto le bandiere dello Stato Islamico. Indiscrezioni riferiscono che a difesa del terminal, che veicola il gas estratto nel deserto nei 520 chilometri di gasdotto Greenstream che lo trasporta a Gela, siano stati inviati uomini delle forze speciali della Marina già impiegati dal dispositivo Mare Sicuro per proteggere le piattaforme dell’Eni al largo delle coste libiche.
In caso di attacchi più massicci contro Melitha la presenza dei cacciabombardieri Amx potrebbe garantire un valido appoggio in termini di potenza di fuoco ma anche di semplice deterrente. Impiegati per anni in Afghanistan, gli Amx in alcuni casi hanno messo in fuga i talebani senza impiegare le armi ma con semplici passaggi radenti intimidatori sulle postazioni nemiche. Più che alla partecipazione a raid aerei contro le basi e le colonne dello Stato Islamico, il rischieramento a Trapani dei jet 51° Stormo sembra quindi preposto alla difesa di Melitha. Del resto anche il numero limitato di velivoli (armati con un cannoncino da 20 millimetri e quasi 2 tonnellate di bombe, missili e strumenti per la ricognizione) è idoneo ai compiti di difesa delle infrastrutture dell’Eni ma risulterebbe decisamente inadeguato per una campagna aerea su vasta scala contro l’Isis.
Circa le opzioni militari che Roma intende esercitare nell’attuale crisi libica. Il governo di Matteo Renzi continua a considerare molto pericoloso l’avvio di azioni militari contro lo Stato Islamico almeno finché non si sarà insediato a Tripoli il nuovo esecutivo di unità nazionale guidato da Fayez al-Serraj, ma non può non prepararsi al peggio, incluso il rischio di fronteggiare sul piano militare una situazione che potrebbe degradare rapidamente e che avrebbe pesanti conseguenze pratiche anche in Italia. Nonostante il supporto internazionale e i migliori auspici delle Nazioni Unite il governo di unità nazionale che doveva venire ufficializzato oggi ha molti nemici all’interno della Libia, anche tra le fazioni di Tobruk e Tripoli che pure lo hanno fatto nascere tra mille compromessi e sotto le pressioni di Usa ed Europa.
Meglio non dimenticare che il futuro della Libia, ovvero il nuovo governo e la missione dell’Onu guidata da Martin Kobler e garante degli aiuti internazionali promessi al premier al-Serraj, si trovano entrambi in Tunisia per «ragioni di sicurezza» e l’auspicato insediamento a Tripoli non può essere dato per scontato neanche quando scadrà il nuovo termine fissato dai negozionatori e sollecitato dall’inviato delle Nazioni Unite. Inoltre è difficile comprendere se le incursioni aeree registrate negli ultimi giorni contro le forze dello Stato Islamico siano davvero da attribuire, come riferiscono diverse indiscrezioni, ai caccia Rafale venduti l’anno scorso da Parigi all’Egitto pilotati da equipaggi francesi. Al di là della paternità dei misteriosi raid appare certo che, se da un lato la necessità di fermare l’espansione dell’Isis è sempre più impellente, dall’altro un intervento armato esterno effettuato proprio ora a supporto delle forze fedeli al generale Khalifa Haftar (che risponde al governo di Tobruk) non aiuta certo a garantire autorevolezza al nuovo esecutivo di al-Serraj.
Le eventuali ingerenze dei nostri «alleati» francesi (gli stessi che nella guerra del 2011 fecero di tutto per sabotare gli interessi italiani in Libia) unite all’intensificazione delle offensive dello Stato Islamico contro i siti energetici in Cirenaica e Tripolitania e alla rapida avanzata dei jihadisti nel sud, verso Sebha, impongono all’Italia l’adozione di misure preventive a difesa delle infrastrutture di interesse nazionale. Il comunicato della Difesa ha messo gli aerei in relazione alla sorveglianza del Mediterraneo Centrale ma gli Amx sono aerei da attacco e ricognizione e appartengono a uno dei reparti operativi di punta dell’Aeronautica in termini di esperienza di combattimento. I quattro cacciabombardieri ammodernati allo standard Acol (Adeguamento Capacità Operative e Logistiche) schierati a Trapani, oltre a effettuare le previste esercitazioni sui poligoni sardi, garantiscono dalla base siciliana la capacità di intervenire in tempi rapidi a difesa degli interessi italiani in Libia, prima di tutto a protezione del terminal del gas di Melitha gestito dall’Eni e attaccato nei giorni scorsi da veicoli armati che probabilmente volevano solo saggiarne le difese. A Sabratha, non lontano da Melitha, l’Isis dispone di forze consistenti e di un campo d’addestramento in cui sono stati istruiti migliaia di volontari tunisini in parte inviati a combattere in Siria, in parte rientrati in Tunisia per effettuare azioni terroristiche e in parte attivi in Libia sotto le bandiere dello Stato Islamico. Indiscrezioni riferiscono che a difesa del terminal, che veicola il gas estratto nel deserto nei 520 chilometri di gasdotto Greenstream che lo trasporta a Gela, siano stati inviati uomini delle forze speciali della Marina già impiegati dal dispositivo Mare Sicuro per proteggere le piattaforme dell’Eni al largo delle coste libiche.
In caso di attacchi più massicci contro Melitha la presenza dei cacciabombardieri Amx potrebbe garantire un valido appoggio in termini di potenza di fuoco ma anche di semplice deterrente. Impiegati per anni in Afghanistan, gli Amx in alcuni casi hanno messo in fuga i talebani senza impiegare le armi ma con semplici passaggi radenti intimidatori sulle postazioni nemiche. Più che alla partecipazione a raid aerei contro le basi e le colonne dello Stato Islamico, il rischieramento a Trapani dei jet 51° Stormo sembra quindi preposto alla difesa di Melitha. Del resto anche il numero limitato di velivoli (armati con un cannoncino da 20 millimetri e quasi 2 tonnellate di bombe, missili e strumenti per la ricognizione) è idoneo ai compiti di difesa delle infrastrutture dell’Eni ma risulterebbe decisamente inadeguato per una campagna aerea su vasta scala contro l’Isis.
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