30 dicembre 2015
Maurizio Blondet –
Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard
(mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di
febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di
bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione,
muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen,
dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l’isola è
quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell’arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola».
Per la pubblicità, è «l’arca dell’Apocalisse» prossima ventura.
Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è
la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due
colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred che studia OGM
per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui s’è
recentemente unito Bill Gates, l’uomo più ricco della storia universale,
attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates
Foundation.
Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l’anno.
Ce ne informa l’ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le università del mondo: che futuro avranno?
La Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che negli
anni ’70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di
«rivoluzione agricola genetica».
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell’Agricolture
Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi
dell’International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui
partecipò la Fondazione Ford ).
Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano
(ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement
Center, poi con un centro analogo per l’agricoltura tropicale (IITA,
sede in Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International Agricolture Research.
In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro
conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in
modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l’ente ONU per cibo e
agricoltura), la Banca Mondiale (allora capeggiata da Robert McNamara) e
lo UN Development Program.
La CGIAR invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli,
specie del Terzo Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e
sulla nascente industria dei semi geneticamente modificati.
Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di
influenza straordinaria per la penetrazione dell’agribusiness Monsanto.
«Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti», scrive
Engdahl, «negli anni ’70 la Rockefeller Foundation si mise nella
posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l’ha plasmata».
Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale.
I lavori per lo scavo nel granito della Doomsday Seed Vault
La genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli anni ’30,
quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori
tedeschi come ricerca sulla purezza razziale.
La Rockefeller Foundation finanziò generosamente quegli scienziati,
molti dei quali dopo la caduta di Hitler furono portati in USA dove
continuarono a studiare e sperimentare.
La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano, l’ingegneria
genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti cure
per i mali dell’uomo – insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta
ed altri giganti – sono i risultati di quelle ricerche ed esperimenti.
Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola d’ordine
propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale lo
accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell’Agricoltura
sotto Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred
Seed Company.
Norman Borlaug, l’agro-scienziato acclamato padre della Rivoluzione Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller.
Lo scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in Messico.
Ma davvero Rockefeller spende soldi per l’umanità sofferente?
La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni ’70,
mentre nasceva la CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese;
chi controlla il cibo, controlla la popolazione».
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida del cartello petrolifero mondiale.
Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per
OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione
agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo,
agli interessi di tre o quattro colossi dell’agribusiness
euro-americano.
In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di
nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati nei
laboratori dei giganti multinazionali.
I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il
business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i
contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto
da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.
Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.
Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e della Pioneer
Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all’avanguardia negli OGM.
La relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi dell’agricoltura tradizionale era finita.
Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole
americane ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti
chimici Monsanto e DuPont e con l’arrivo degli OGM, gli assolutamente
necessari anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello
specifico seme OGM.
Tutto brevettato, tutto costoso.
I contadini che per secoli avevano coltivato per l’autoconsumo e il
mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto
denaro.
Ecco pronta la soluzione: lanciarsi nell’agricoltura «orientata ai
mercati globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita,
cash-crop, raccolti per fare cassa.
Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle importazioni superflue.
I contadini potevano vendere all’estero sì: sotto controllo di sei
intermediari globali, colossi e titani come la Cargill , la Bunge Y
Born, la Louis Dreyfus …
La Banca Mondiale di McNamara, soccorrevole, forniva ai regimi
sottosviluppati prestiti per creare canali d’irrigazione moderni e
dighe; la Chase Manhattan Bank dei Rockefeller si offriva – visto che i
contadini non producevano mai abbastanza da ripagare i debiti contratti
per comprare pesticidi, OGM e sementi ibride brevettati – di indebitare i
contadini in regime privatistico.
Ma questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi.
I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti e i
fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato», ossia
con gli usurai.
I tassi d’interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti, divorarono anche la terra.
I contadini, accade in India specialmente, dovettero lavorare una terra non più loro, per pagare i debiti.
La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa.
Chilometri di monoculture di cotone geneticamente modificato, sementi sterili da comprare ogni anno.
E il meglio deve ancora arrivare.
Dal 2007 la Monsanto , insieme al governo USA, ha brevettato su scala
mondiale di sementi «Terminator», ossia che commettono suicidio dopo il
raccolto: una scoperta che chiamano, senza scrupoli, «Genetic Use
Restriction Technology», ossia volta a ridurre l’uso di sementi non
brevettate.
La estensione di sementi geneticamente modificate – ossia di cloni con
identico corredo genetico – è ovviamente un pericolo incombente per le
bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia.
Occorre la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra ecologisti e verdi radicali.
E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l’Arca di Noè
delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi
naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell’agribusiness, e da
nessun altro.
Le banche di sementi, secondo la FAO , sono 1.400, già per la maggior parte negli Stati Uniti.
Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta, Dow
Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare.
Perché hanno bisogno di un’altra arca di Noè agricola alle Svalbard, con
tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella
roccia.
Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud, Germania, Canada,
evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi gruppi.
La tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario complottista
fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi
naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a
ricorrere al caveau delle Svalbard, l’unico indenne.
E’ un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar diffamare
benefattori dell’umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil
Gates, Syngenta?
Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo scienziato
che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo
biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal
Congresso nel 1989.
Francis Boyle sostiene che «il Pentagono sta attrezzandosi per
combattere e vincere la guerra biologica», e che Bush ha a questo scopo
emanato due direttive nel 2002, adottate «senza conoscenza del
pubblico».
Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già speso 14,5 miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica.
Il National Institute of Health (ente governativo) ha connesso 497 borse
di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità militari.
La bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in queste ricerche.
Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I programmi
bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la nostra
stessa popolazione; questi programmi sono invariabilmente definiti
‘difensivi’, ma nel campo dell’armamento biologico, difensivo e
offensivo si identificano».
Altre possibilità sono nell’aria, e Engdahl ne ricorda alcune.
Nel 2001, una piccola ditta di ingegneria genetica californiana, la
Epicyte , ha annunciato di aver approntato un mais geneticamente
modificato contenente uno spermicida: i maschi che se ne nutrivano
diventavano sterili.
Epicyte aveva creato questa semente miracolo con fondi del Dipartimento
dell’Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con Monsanto i
brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso una
joint-venture con DuPont e Syngenta.
Ancor prima, anni ‘ 90, l ’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS,
ossia l’ONU) lanciò una vasta campagna per vaccinare contro il tetano
le donne delle Filippine, Messico e Nicaragua, fra i 15 e i 45 anni.
Perché solo le donne?
Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da tetano, e non si feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti?
Se lo domandò il Comite pro Vida, l’organizzazione cattolica
messicana ben conscia delle campagne anti-natalità condotte in
Sudamerica dai Rockefeller.
Fece esaminare il vaccino fornito dall’OMS gratuitamente e
generosamente alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva
gonadotropina corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal
germe attenuato del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali
anticorpi che rendevano incapaci le donne di portare a termine la
gravidanza.
Di fatto, un abortivo.
Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20 anni di
ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population Council
(dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of
Health (governo USA)… e anche la Norvegia aveva contribuito con 41
milioni di dollari al vaccino antitetanico-abortivo.
Guarda caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all’Arca di Noè e che la sorveglierà nelle sue Svalbard.
Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella vecchia fissa
dei Rockefeller per l’eugenetica del Reich: la linea di ricerca
preferita era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva
l’estinzione sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi
genetici.
Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei Rockefeller) il
Planned Parenthood International, la ONG più impegnata nel diffondere
gli anticoncezionali nel Terzo Mondo, aveva le idee chiare in proposito,
quando lanciò un programma sociale nel 1939, chiamato «The Negro
Project» (2).
Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del progetto era questo: «Vogliamo eliminare la popolazione negra».
Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero», «afro-americano».
E’ questo che conta davvero, per i progressisti.
Fonte: Disinformazione.it
Tratto da: terrarealtime2
Preso da:http://sapereeundovere.com/rockefeller-si-fa-larca-di-noe-cosa-ci-nasconde/
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