Nonostante sia sparita dalle prime pagine dei giornali, la battaglia per il controllo di Tripoli sta continuando e sembra lontana dalla fine

**IN realtà in Libia non cè una guerra civile, ma un popolo che combatte contro bande di terroristi pagati dall' occidente, che sostengono Serraji **
Le violenze erano iniziate lo scorso aprile, in maniera piuttosto
improvvisa. Il maresciallo Khalifa Haftar, il leader di fatto della
Libia orientale e da qualche mese anche di quella meridionale, aveva
attaccato Tripoli da sud, pochi giorni prima di un’importante conferenza
internazionale di pace organizzata dall’ONU. L’obiettivo di Haftar era
conquistare la capitale, sottraendola al controllo del governo guidato
dal primo ministro Fayez al Serraj, riconosciuto dall’ONU come unico
governo legittimo della Libia. Haftar, ha scritto
tra gli altri Arturo Varvelli dell’ISPI (Istituto per gli studi di
politica internazionale), sperava di sfruttare il malcontento della
popolazione verso le numerose e potenti milizie armate che operano nella
capitale, e l’opposizione delle stesse milizie a un più ampio piano di
riforme avviato dal governo di Serraj e finalizzato a ridurre la loro
influenza in diversi ministeri del governo. Le cose però sono andate
diversamente: le milizie e il governo di Tripoli si sono uniti contro il
nemico comune, mettendo da parte almeno temporaneamente le loro
differenze.
Per il momento non sembra esserci una soluzione alla crisi libica, e in particolare alla battaglia di Tripoli, anche a causa delle influenze dei paesi stranieri che appoggiano l’una o l’altra parte. L’Italia è sempre stata apertamente schierata dalla parte di Serraj, che però nel corso degli ultimi anni non è riuscito a prendere il controllo di tutta la Libia e ha visto il suo ruolo indebolirsi sempre di più. Negli ultimi mesi anche il governo guidato da Giuseppe Conte sembra avere preso un po’ le distanze da Serraj, allineandosi a una politica meno schierata, come quella adottata dagli Stati Uniti di Donald Trump: questo non significa però che Serraj sia rimasto senza appoggi internazionali. Haftar ha potuto contare fin da subito sull’appoggio di Egitto ed Emirati Arabi Uniti, due paesi che sono schierati dalla stessa parte in diverse crisi del Medio Oriente (per esempio sul tema dell’embargo sul Qatar), e poi con il sostegno di Russia e Francia. Secondo alcuni analisti, la situazione a Tripoli potrebbe sbloccarsi solo con l’intervento e la mediazione di qualche potenza straniera in grado di influenzare le decisioni di Haftar, anche se non sarà facile: rinunciare all’operazione contro Tripoli significherebbe per il maresciallo una sconfitta politica enorme.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nei primi mesi della battaglia per il controllo di Tripoli sono state uccise più di 500 persone e 75mila sono state costrette a lasciare le proprie case. I feriti sono circa 2.500.
Preso da: https://www.ilpost.it/2019/06/11/guerra-libia-tripoli-haftar/
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