Di Vanessa Tomassini.
Bengasi, 5 giugno 2019 – “Ho iniziato a
pubblicare le notizie riguardanti gruppi estremisti e terroristi su
Facebook e Twitter a partire dal 2012, quando la città era sotto il
controllo dei jihadisti. Ho sempre utilizzato fonti locali, rispettando
l’anonimato, perché in quel periodo non potevo espormi in prima persona.
Nel 2014 hanno anche provato ad uccidermi, nessuno poteva mettere
nemmeno un mi piace su Facebook perché sarebbe stato ammazzato. Ho
documentato l’operazione dignità, al-Karama, fin dal suo lancio da parte
del comando generale del Libyan National Army (LNA), lavorando come
giornalista indipendente attraverso i social network. A partire dal 15
ottobre 2014, quando l’esercito è entrato ufficialmente qui a Bengasi,
ho cominciato a lavorare come cronista con l’LNA per documentare quanto
stava accadendo considerando che non era presente alcun canale che
supportasse le operazioni militari. I miei account social sono diventati
dei mezzi di informazione, fino a quando nel 2015 abbiamo creato un
giornale chiamato Alwaqt News, a cui collaboravano redattori, fotografi e
grafici. Abbiamo fatto tutto ciò volontariamente, senza venir
retribuiti, solamente per mostrare al mondo con chi stavamo combattendo.
Ho sempre rifiutato di collaborare con qualsiasi agenzia. Ho sempre
raccontato tutto ciò che accadeva, compresi gli aspetti negativi, anche
ciò che l’opinione pubblica non accettava. La maggior parte della gente
sa che io supporto l’esercito, ma ho sempre documentato la verità anche
quando alcuni canali affermavano che l’esercito perdeva questa o quella
zona. Per questo la gente si è fidata di me. Dopo che la guerra è
terminata ho ricevuto una mail nel mio account Yahoo dalla cancelleria
della Corte Penale Internazionale (CPI)”.
A parlare è Mohamed
al-Gali, capelli neri ed occhi penetranti. Il 29 enne originario di
Bengasi, sospettato dalla CPI di aver filmato le esecuzioni sommarie di
diversi terroristi da parte di Mahmoud al-Werfalli per il quale la corte ha emesso un mandato di arresto e consegna, è la prima volta che accetta di parlare con una giornalista.
-Cosa voleva da te la Corte Internazionale?
“Mi hanno detto di avere informazioni che Mahmoud al-Werfalli è un mio amico”.
-Hai pubblicato tu il video di Mahmoud al-Werfalli?
“Sì, io l’ho pubblicato come notizia, non per accusarlo di essere un criminale”.
-Quindi era un tuo amico?
“Conosco Mahmoud al-Werfalli. Io a Bengasi durante la guerra avevo rapporti con tutti gli ufficiali dell’esercito”.
-Ma tu su Facebook come immagine di copertina hai una foto
con un gruppo di ragazzi. Tra questi c’è anche Mahmoud al-Werfalli,
giusto?
“Sì”.
-Quindi cosa ti ha chiesto la CPI?
“Dopo la pubblicazione del video delle esecuzioni, mi volevano
come testimone nel caso contro Mahmoud al-Werfalli. Quando ho ricevuto
la mail, non ho risposto subito ed ho informato prima l’esercito. Quando
la corte ha emesso il mandato di cattura per al-Werfalli, anche io sono
stato fermato e ci hanno fissato un appuntamento presso il tribunale
militare. Quando la gente lo ha saputo, mi ha difeso. Le persone hanno
iniziato una campagna a mio favore, dicendo che io non ho fatto niente”.
-Ma chi ha girato questo video?
“La Corte pensava che io fossi con Mahmoud al-Werfalli al momento
dell’esecuzione, ma io l’ho solamente condiviso. Non ho girato nessun
video sanguinario”.
-Da chi l’hai ricevuto?
“Quei video erano già online. Erano reperibili da chiunque sui social networks”.
-Lo hai spiegato alla CPI?
“Quando sono stato assolto dal tribunale di Bengasi, ho ricevuto
una telefonata internazionale da una persona egiziana che faceva da
traduttore ad un ufficiale della CPI che sosteneva che io avessi ripreso
quelle scene. Gli ho detto di averlo solamente pubblicato in qualità di
giornalista”.
-Facciamo un passo indietro. Tu sei amico di Mahmoud
al-Werfalli, hai anche la foto su Facebook con lui. Perché hai
pubblicato il video?
“Sì siamo amici. Questa foto di copertina è stata scattata
quando la guerra è terminata, ma ci sono anche altre foto con lui. Ho
pubblicato il video come reazione alle tantissime uccisioni perpetrate
dai terroristi. Con un attacco terroristico hanno massacrato 42 persone.
È stato un modo per me di reagire ai loro crimini. A livello
internazionale questi video erano inutili, ma hanno significato tanto
per la gente del posto”.
-Cosa intendi per reazione?
“Come ho detto al traduttore egiziano, negli attacchi
terroristici sono morti tantissimi miei amici. Credevo che pubblicare
questi video sarebbe servito da avvertimento per i militanti di Daesh,
all’epoca forte ed organizzato. Volevo far loro paura anche se sapevo
che era inutile. Ora questi gruppi terroristici, fuggiti da Bengasi e
che stanno combattendo a Tripoli contro l’LNA, utilizzano questi video
per spaventare i cittadini nella capitale, dicendo guardate cosa farà se
arriverà Haftar”.
-Sei mai andato di persona all’Aia?
“Quando ho affermato di non avere il passaporto, mi hanno riposto
che avrebbero provveduto loro a fornirmi i documenti per uscire dalla
Libia. C’è un’agenzia che si chiama Tadamol che dice di essere attiva
nella difesa dei diritti umani e sarebbe stata questa a preparare i miei
documenti. Tadamol è presente a Tripoli ed in Turchia ed è conosciuta
per i suoi collegamenti con la galassia jihadista. Tali connessioni sono
state dimostrate anche da un documentario trasmesso dal canale
Al-Jazeera. Così ho domandato alla persona della CPI come fosse
possibile che un tribunale internazionale collabori con gli estremisti.
Mi hanno detto: ‘Come?’ E io ho detto loro di essere stato contattato da
Moftah al-Sallak, noto per essere un terrorista. In un messaggio su
Facebook, Sallak mi avvertiva che avrebbe preparato un documento per la
CPI”.
-Cosa ti hanno risposto?
“Non hanno risposto ed abbiamo cambiato discorso. Così ho chiesto
perché volessero che comparissi di fronte alla Corte, considerando che
ci sono diverse foto del momento delle esecuzioni compiute da Mahmoud
al-Werfalli ed io non compaio in nessuna di queste. Ho poi riferito loro
del messaggio di Moftah. Così hanno accettato di raccogliere la mia
deposizione per telefono. In una seconda telefonata ho risposto alle
loro domande. Mi hanno chiesto quali programmi usavo, da quando caricavo
certi video ed ho inviato una serie di link con i filmati dei crimini
commessi da Ansar al-Sharia e della guerra contro l’esercito libico,
compreso un video del 2013 della telecamera di un negozio che mostrava
Ansara al-Sharia uccidere diverse persone. Ho continuato a chiedere
perché fossero in contatto con i terroristi e non mi hanno mai
risposto”.
-Come puoi essere sicuro che la CPI collabori con i terroristi?
“Perché quando Moftah el-Sallak mi ha inviato il messaggio,
nessuno sapeva che ero stato contattato dalla CPI. Non lo avevo detto a
nessuno. E poi perché si sono concentrati sull’esecuzioni compiute da
Werfalli, ma non hanno mai indagato sui tanti filmati dei crimini
commessi da Ansar al-Sharia? Quello che voglio dire è che nel 2012,
2013, 2014 e 2015, ci sono stati crimini documentati con immagini e
video compiuti dai terroristi. Hanno massacrato soldati, civili e donne.
La CPI non è intervenuta, né se ne è interessata. Ho detto loro tutto
questo, ma la loro risposta è stata che non hanno visto nulla e non
erano a conoscenza di cosa è successo qui in quegli anni. Per questo la
gente vede al-Werfalli come un salvatore e non crede nella corte
internazionale, né alle organizzazioni per i diritti umani che ci hanno
abbandonato in quegli anni bui. Continuo attraverso i miei account
Facebook e Twitter a trasmettere la verità alla gente ea coloro che
stanno combattendo qui in Libia contro l’esercito, specialmente a
Tripoli. Ho pubblicato molti nomi, dichiarazioni e immagini che
dimostrano il coinvolgimento dei sostenitori della Sharia nella guerra
contro l’esercito a Tripoli. Continuerò, non mi fermerò. So di non aver
fatto nulla di sbagliato in passato e spero che la verità emergerà e
rivelerà i terroristi che cercano di far tacere la mia voce attraverso
la CPI”.
Preso da: https://specialelibia.it/2019/06/06/esclusiva-mohamed-al-gali-parla-dei-video-con-mahmoud-al-werfalli-e-sfida-la-cpi-collabora-con-i-terroristi/
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