9 marzo 2016
Da qualche settimana il Washington Post e il New York Times stanno
conducendo con grandi mezzi una sottile operazione: scagionare Hillary
Clinton, allora segretaria di Stato, di quel che ha fatto in Libia.
Hillary è la candidata preferita dell’Establishment, specie ora che si
deve assolutamente evitare che alla Casa Bianca vada Trump. Se le cose
sono andate così male e la Libia è oggi uno stato fallito, è colpa di
una serie di fortuite e sfortunate circostanze; lei, la Cltinon, ha
deciso l’intervento per proteggere i civili libici dalla strage che
stava compiendo il loro dittatore.
Per fortuna s’è formata in Usa un gruppo civico di base, la Citizen
Commission on Benghazi (CCB). Lo scopo di questi cittadini: stabilire la
verità su quanto accadde a Bengasi l’11 settembre 2012, quando fu
attaccata la sede distaccata dell’ambasciata americana e i terroristi
massacrarono l’ambasciatore Chris Stevens e tre difensori, Marines. La
loro indagine (cito) “ha dimostrato che Gheddafi era un nostro alleato
di fatto nella guerra al terrorismo islamico…e come l’amministrazione
Obama e Hillary Clinton decisero di sostenere ribelli legati ad Al
Qaeda, invece che tenere negoziati di tregua con Gheddafi, ciò che
avrebbe portato alla sua abdicazione e alla transizione pacifica del
potere”.
Fu il figlio del Leader, Saif, a cercare contatti con gli occidentali dopo che
questi avevano ottenuto dall’Onu il mandato per l’intervento militare
(17 marzo 2011) col pretesto che Gheddafi “stava massacrando il suo
stesso popolo” (la guerriglia scatenata dagli islamisti era in corso). I
“cittadini per Bengasi” hanno raccolto nel 2014 la testimonianza
giurata del vice ammiraglio Chuck Kubik, che in quei giorni mise in
contatto i rappresentanti di Gheddafi con il generale Carter Ham, il
capo dell’AFRICOM (il comando supremo Usa in Africa). Kubik ha
testimoniato: noi americani chiedemmo agli emissari una prova per
dimostrare che chi li mandava era il loro capo: per esempio, ritirare le
truppe alla periferia di Bengasi. Poche ore dopo, vedemmo che le truppe
si ritiravano da Bengasi e da Misurata; fu concordata una tregua di 72
ore. Era l’inizio di una trattativa, e la controparte dimostrava la sua
serietà. Gheddafi offriva d dimettersi. Gli alti ufficiali Usa si
approntavano a trattare. “E allora ci è arrivata quella telefonata;
l’idea fu silurata sopra la testa dell’AFRICOM”.
Obama e la sua segretaria di stato Hillary volevano non solo
rovesciare Gheddafi, ma erano ben consci che stavano dando il potere a
terroristi di Al Qaeda. Il Katar e gli Emirati Arabi stavano spedendo
armamento pesante ai ‘ribelli’ islamisti “sotto la protezione e
supervisione Usa e NATO”: questo si deduce da un’altra testimonianza
giurata raccolta dall’organizzazione civica CCB , la ex dirigente della
CIA Clare Lopez. Gheddafi, racconta la Lopez, “collaborava da anni a
tener sotto Al Qaeda nel Maghreb Islamico. Nelle sue prigioni c’erano i
jihadisti di AL Qaeda”. Il governo del dittatore era riuscito anche a
intercettare parte delle forniture di armamenti che Katar e Emirati
mandavano ai wahabiti libici. Enormi forniture, come ha raccontato la
Lopez, evocando “una visita a Tripoli dei delegati (degli Emirati)”,
dove questi “scoprirono che metà del carico di armamenti del valore di
un miliardo di dollari (!) che avevano pagato per i ribelli, era stato
deviato da Mustafa Abdul Jalil, i capo dei Fratelli Musulmani nel
Comitato di Transizione Nazionale Libico, che l’aveva venduto a
Gheddafi”: uno squarcio illuminante sul livello patriottico del
personaggio, ma anche dei doppi e tripli giochi che avvenivano in quel
vero nido di vipere e scorpioni che risulta essere il Comitato di
Transizione, da cui – secondo la narrativa – era la opposizione moderata
anti-Gheddafi, che preparava l’instaurazione della demokràtia. Tant’è
vero che Jalil, il suddetto rappresentante del Brothers, organizzò
l’assassinio del general maggiore Abdel Fatah Younis, ex ministro
dell’interno di Gheddafi passato all’opposizione, perché aveva scoperto
che metà delle armi passavano nelle mani di Gheddafi; e incaricò
dell’assassinio Mohamed Abu Khattala: il personaggio che, secondo gli
americani, ha guidato l’assalto alla sede diplomatica quell’altro fatale
11 Settembre (2012) in cui i suoi uomini hanno ucciso (e sodomizzato da
morto) l’ambasciatore.
Per questo motivo gli americani hanno catturato Abu Khattala e lo
tengono prigioniero, senza precisa accusa, fuori dalla circolazione.
Personaggi istruttivo, Abu Khattala era stato liberato dalle galere di
Gheddafi nei primi giorni della “primavera libica”pagata dal Katar su
supervisione NATO; aveva formato una sua milizia islamista chiamandola
dal nome di uno dei compagni del Profeta “ Obeida Ibn Al Jarra” (una
ventina di individui), ovviamente intruppandosi con Ansar Al Sharia
(alias AL Qaeda) e il Comitato Supremo di Sicurezza, che – sotto lo
stentoreo nome – era l’apparato di sicurezza rivoluzionario creato dallo
Stesso Comitato di Transizione Nazionale per propria autodifesa, nel
vuoto i potere determinato dalla caduta di Gheddafi. Criminalità comune,
qaedismo, buoi affari sporchi, islamismo e affarismo uniti nella lotta,
Fratelli Musulmani che stanno con Al Qaeda ma la tradiscono per denaro,
eccetera. Il New York Times ha dipinto una Clinton costretta a armare
jihadisti perché “sempre più preoccupata che il KAtar stava fornendo
armi soltanto e certe fazioni di ribelle, milizie di Misurata e brigate
islamiste selezionate”. Insomma: ha davuto armare l’ISIS perché il
Katar, disubbidiente come sempre ai voleri americani, armava Al Qaeda.
In realtà il giudice Andrew Napolitano, dopo inchiesta, ritiene che
quelle armi che il Katar spediva ai suoi ribelli preferiti in Libia,
erano armi che gli Usa avevano venduto al Katar, su specifico mandato di
Hillary Clinton, la quale al proposito ha mentito sotto giuramento
durante l’audizione al Senato sulla tragedia dell’ambasciatore
inLibia. Le armi erano lanciarazzi kalashnikov, missili a spalla
dell’Est Europa, e delle spedizioni si occupavano ditte Usa, autorizzate
legalmente al traffico di armamenti, che non hanno mai fatto mistero
di lavorare coi sevizi e il Dipartimento di Stato. Le autorizzazioni
rilasciate a queste ditte dal Dipartimento di Stato sono aumentate
vistosamente mentre sulla poltrona sedeva la Clinton: “Oltre 86 mila
licenze per il valore di 44,3 miliardi di dollari sono state concesse
nel 2011 – un aumento di oltre 10 miliardi di dollari rispetto all’anno
prima”.
Uno di questi commercianti, Marc Turi, ha aggiunto: “Quando il
materiale atterrava in Libia, metà andava da una parte, metà
dall’altra: questa metà è quella che è ricomparsa in Siria”: In Mano
al Califfato. Risultato, Marc Turi è stato arrestato per traffico
d’armi.
http://www.foxnews.com/opinion/2015/10/29/cannot-allow-hillary-clinton-midwife-to-chaos-and-public-liar-to-be-our-next-president.print.html
Turi ha detto: “Obama ha incriminato me per proteggere Hillary”. Chissà perché se l’è messo in testa.
Come tocco finale, c’è da ricordare che quell’11 Settembre, quando i
comandi americani potevano intervenire rapidamente da Sigonella per
salvare l’ambasciatore e i Marines che lo stavano difendendo – per radio
udivano le loro richieste disperate di aiuto – qualcuno ordinò ai
militari di non far nulla, to stand down: i servitori dello
Stato erano diventati testimoni di un mercato losco diventato un
disastro criminale, su cui era meglio tacessero per sempre.
Questa è la Libia dove adesso Obama vuole che mandiamo cinquemila
italiani. Così ha ridotta lui e la sua segretaria di Stato, che adesso
po’ andare alla Casa Bianca. Il giudice Napolitano: “Non possiamo
permettere che Hillary Clinton, questa mezzana del caos e pubblica mentitrice, sia il prossimo presidente”.
http://www.foxnews.com/opinion/2015/10/29/cannot-allow-hillary-clinton-midwife-to-chaos-and-public-liar-to-be-our-next-president.print.html
Per fortuna noi qui abbiamo il Corriere della Sera, a scriverci sopra
abbiamo il columnist principe, Angelo Panebianco, che titola:
“All’Europa conviene Hillary” alla Casa Bianca. Perché – spiega l’alto
analista – la vittoria di Trump “sarebbe positiva per Vladimir Putin e i
suoi amici” europei, mentre “Hillary Clinton promette una continuità con il passato che sarebbe seppellito, se vincesse Trump”.
La continuità con questo passato è quel che vuole Panebianco e chi gli suggerisce.
E anche da noi è cominciata la campagna di mostrificazione di Donald.
Con una strana aggiunta: improvvisamente, grandi media, Confindustria
ed ebrei vari attaccano Renzi con gli stessi toni con cui attaccano
Trump. Perché non vuole è cascato nella trappola.
Fonte: http://ww.maurizioblondet.it
Preso da: http://www.informarexresistere.fr/2016/03/09/libia-vera-storia-della-jihadista-hillary-clinton-mezzana-del-caos/
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