Si può definire in tanti modi: governo ombra, stato profondo, squadra segreta. Qualunque sia il nome, l’idea è semplice: dietro la facciata del governo apparente che esercita il potere, c’è un gruppo non eletto, privo di responsabilità, in gran parte sconosciuto, che lavora per il perseguimento di obiettivi a lungo termine, qualsiasi sia il partito politico o il fantoccio in carica. All’interno della temuta comunità dei “teorici della cospirazione”, l’idea è emersa qua e là nel corso degli anni. L’assassinio di JFK ha dato origine a molti resoconti di tipo confidenziale e a rivelazioni su “The Secret Team”. Lo scandalo Iran-Contra ha portato ad un documentario di Bill Moyers sul governo segreto che dopo 19 anni vale ancora la pena guardare. È stato anche apertamente riconosciuto che il 9/11 era stato reso operativo un “governo ombra”. Ma negli ultimi anni ha avuto luogo uno strano fenomeno, che si è intensificato negli ultimi mesi: l’idea di uno “stato profondo” o di un “governo ombra” che controlla la politica, anche negli Stati Uniti, sta diventando mainstream.

Ha abbellito la copertina di un certo numero di libri di recente pubblicazione, tra cui Deep State: Inside the Government Secrecy Industry e The Deep State: The Fall of the Constitution and the Rise of a Shadow Government. E l’idea si è aperta una strada nei media della politica on-line, sia a sinistra (“Salon”) che a destra (“The American Conservative”) dello spettro politico. È stata evocata dagli analisti finanziari mainstream per descrivere le azioni della Federal Reserve. È stata rivisitata da Bill Moyers sul suo sito web. È arrivata sui titoli di prima pagina del The Boston Globe (“Vota come vuoi. Il governo segreto non cambierà“) e del New York Times ( “L’establishment americano ha abbracciato l’idea dello Stato Profondo”). Diavolo, se ne è addirittura parlato sul blog della Banca Mondiale. Questa improvvisa attenzione fa sorgere spontanea la domanda: perché adesso? Perché così tante fonti mainstream accendono improvvisamente una luce su qualcosa che in passato era riconosciuto a stento?
A dire il vero, parte di questa recente copertura è in realtà un mascheramento, come c’è da aspettarsi. Il blog della Banca Mondiale, per esempio, passa il concetto come un qualcosa che si può riscontrare nelle “novelle democrazie” dell’America Latina, Africa, Asia, Europa orientale e così via, vale a dire, non in Occidente. Questa condizione – che l’idea di uno “stato profondo” è qualcosa che si trova solo in paesi stranieri, con sistemi politici arretrati – richiama alle origini dell’espressione. Il termine “Stato profondo” è la traduzione di una espressione turca, Derin Devlet, salita alla ribalta dopo che l’incidente di Susurluk ha svelato l’esistenza di un governo segreto turco e della sua connessione con Nato/Gladio/associazioni terroristiche/traffico di droga. È diventato sempre più ammissibile per gli opinion maker mainstream citare lo “stato profondo” turco o egiziano come un vero e proprio fenomeno (o almeno una possibilità reale), contemporaneamente deridendo come irreale l’idea che una cosa simile esista in Occidente.
Tuttavia negli ultimi anni dei ricercatori come Peter Dale Scott hanno sviluppato e ampliato il concetto per spiegare come funzionano le istituzioni politiche occidentali. Questa idea sembra sia stata raccolta da persone come Mike Lofgren, un membro dello staff del Congresso in pensione che ha descritto come lo stato profondo americano comporta un consenso trasversale su questioni politiche chiave, o Philip Giraldi, ex agente dei servizi segreti, le cui recenti riflessioni sullo stato profondo americano hanno ricevuto grande attenzione da parte della stampa mainstream. Si può guardare a questa evoluzione come a un’estensione di un fenomeno che ho notato già diversi anni fa: un processo di indottrinamento che ha cominciato a informare il pubblico sul fatto che in realtà esiste una oscura élite che controlla la scena mondiale, e prepararlo ad accettare la cosa. Quasi un decennio fa, David Rothkopf, amministratore delegato della Kissinger Associates, pubblicava il libro Superclass, in cui rivelava l’esistenza di un gruppo di circa 6.000 operatori non-statali capaci di mettere in atto politiche e altri programmi transnazionali.
Da allora un numero notevole di cospirazioni-che-non-si-osava-nemmeno-citare, dal CFR al Gruppo Bilderberg, al Bohemian Grove, sono ormai diventati argomenti banali di discussione politica. Mentre una volta i conduttori radiofonici mandavano subito la musica quando qualcuno degli intervenuti alle trasmissioni cercava di discutere del CFR, ora Hillary Clinton ammette allegramente che il Dipartimento di Stato riceve ordini da loro; mentre una volta il Gruppo Bilderberg era oggetto di un totale blackout sui media, ora ha un proprio sito web e manda comunicati stampa. Ma ancora una volta: perché ora? Parzialmente questo deve essere dovuto al fatto che nel post-9/11, post-Iraq, post-salvataggi, post-speranza di un mondo migliore, è diventato impossibile mantenere l’illusione che siano gli uomini politici a condurre il gioco. Nessuno crede più a questa bugia, e si vede.
Ora ci sono anche degli studi scientifici che dimostrano che gli Stati Uniti non sono gestiti dai partiti politici, ma da gruppi di interessi particolari. In verità il dentifricio della congiura è fuori dal tubetto e non è possibile cercare di rimetterlo dentro. Mentre per molti versi questo rappresenta il coronamento degli sforzi instancabili di generazioni di ricercatori della cospirazione, che hanno lavorato duramente in una relativa oscurità, d’altra parte non è un bene assoluto. Come vedremo nella prospettiva 2016 di questo fine settimana, la rivelazione dell’esistenza di una élite dirigente coincide con un collasso della coesione sociale che sta dando origine a forze oscure, e tutto questo fa presagire un anno molto tumultuoso.

(James Corbett, “L’emersione dello Stato Profondo: il governo-ombra diventa mainstream”, da “The Corbett Report” del 5 gennaio 2016, ripreso da “Voci dall’Estero”).
Fonte: libreidee.org
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