Armi alla Libia contro l'Isis: "L'Italia addestrerà le truppe, ma nessuna missione"
La
situazione è ancora molto complicata e la partita è tutta da giocare,
ma dal vertice di Vienna emerge l'accordo sulla parziale revoca
dell'embargo Onu sulle armi. E' totalmente esclusa, invece, l'ipotesi di
una missione militare sul terreno in Libia
Tanta carne al fuoco, posizioni con sfumature diverse, ma accordo unanime. Almeno sulla carta. Strada lunga e tortuosa, certo. E neppure troppe illusioni sul fatto che i buoni propositi espressi ieri attorno al tavolo dei negoziati sulla Libia, a Vienna, trovino conferma in azioni concrete.
CONSENSO UNANIME - La situazione è ancora molto complicata e la partita è tutta da giocare, ma se l'obiettivo di Fayez al Sarraj era di vedere consolidata la sua posizione, allora il nuovo premier libico può tornare a Tripoli soddisfatto. Le quasi due ore e mezza di colloqui a Vienna sul futuro del Paese hanno confermato "il consenso unanime" della comunità internazionale sulla necessità di sostenere il Governo di accordo nazionale come l'unico possibile.
COSA CAMBIA - Il primo ministro si ritrova così tra le mani "un capitale politico" da investire, potendo considerare da oggi finalmente operativo il suo esecutivo, nonostante non sia ancora arrivato il riconoscimento del parlamento di Tobruk. "Rinnoviamo il nostro fermo sostegno alla sovranità, l'integrità territoriale e l'unità della Libia. Condividiamo l'aspirazione del popolo libico di trasformare la Libia in uno Stato sicuro e democratico, attraverso l'unità e la riconciliazione, il ripristino della legge e dell'autorità dello Stato", hanno scritto nella dichiarazione finale i partecipanti al vertice nel "formato di Roma", ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, alcuni Paesi europei e della regione, organizzazioni internazionali e regionali - allargato a Malta, Ciad, Niger e Sudan.
NO TRUPPE STRANIERE - Sarraj, insomma, ha avuto le risposte che cercava. "E' stato molto chiaro" nel sostenere la necessità di una ownership del processo di transizione e stabilizzazione del Paese: "Devono essere i libici a porsi in prima linea contro il terrorismo e la minaccia di Daesh (acronimo arabo per Isis) e nel contrasto al traffico di esseri umani e di migranti", ha insistito ripetutamente, escludendo l'ipotesi di invio sul terreno di truppe straniere. Ciò che vuole è "addestramento e formazione" del nuovo esercito libico, ma nessuna missione militare. L'Italia è pronta a dare il suo contributo, ha confermato il ministro Paolo Gentiloni. "Siamo pronti a rispondere positivamente alla richiesta del governo Sarraj sull'addestramento delle forze armate libiche", ha commentato, pur ammettendo che al momento, il primo ministro di Tripoli ha chiesto soprattutto un contributo nel settore umanitario e dell'emergenza ospedaliera.
NO MILITARI SUL TERRENO - E' esclusa, invece, l'ipotesi di una missione militare sul terreno. Sarraj non la vuole e lo ha detto chiaramente. Saranno le forze armate locali ad occuparsi della sicurezza. La comunità internazionale potrà contribuire attraverso la parziale revoca dell'embargo Onu sulle armi, dopo che il primo ministro avrà stilato un elenco preciso di cosa serve e quali reparti armare, allo scopo esclusivo di rendere più efficace il contrasto alle organizzazioni terroristiche e alla minaccia di Daesh, e più sicuro un paese ancora preda di troppe divisioni .
HAFTAR - Di certo tutto questo passa anche per il ruolo che potrà avere il generale Khalifa Haftar nel prossimo futuro. Anche di questo si è discusso oggi. "La posizione condivisa è che Haftar può e deve essere coinvolto contro Daesh, ma allo stesso tempo deve riconoscere l'autorità politica di Sarraj". Il generale ex gheddafiano continua però a rifiutare l'idea di un'autorità politica superiore, con la responsabilità di un'intera forza armata e così, al di là delle dichiarazioni di intenti (che anche l'Egitto, grande sponsor di Haftar, ha condiviso), la distanza resta ancora incolmabile.
Preso da: http://www.today.it/mondo/accordo-futuro-libia.html
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