- La Libia e la Fiera dell’Ipocrisia
[31.01.2012]
La Tortura
Medici senza frontiere abbandona il campo denunciando le torture cui vengono sottoposti i prigionieri. Meraviglia una scoperta tanto tardiva! (a destra un prigioniero: prima e dopo l’interrogatorio)
Mesi fa vi fu un appello internazionale per salvare la vita dell’ex ministro Abouzaid Dorda ridotto in stato di coma dalle percosse e da una “caduta” dalla finestra. Altri meno noti, invece, non sono più vivi.
Il Governo ha respinto le accuse di MSF e, per bocca del Ministro degli Esteri Ashour Ben Kayyal, ha fatto sapere, in sintesi, che, come Governo, rifiuta la tortura; i lealisti riceveranno il trattamento che meritano.
Mesi fa vi fu un appello internazionale per salvare la vita dell’ex ministro Abouzaid Dorda ridotto in stato di coma dalle percosse e da una “caduta” dalla finestra. Altri meno noti, invece, non sono più vivi.
Il Governo ha respinto le accuse di MSF e, per bocca del Ministro degli Esteri Ashour Ben Kayyal, ha fatto sapere, in sintesi, che, come Governo, rifiuta la tortura; i lealisti riceveranno il trattamento che meritano.
La Giustizia
Corte penale internazionale: aspettiamo assicurazioni che Saif al Islam avrà un processo equo in Libia.
Stupisce la fiducia in questa possibilità.
E’ sufficiente scorrere i blog, Twitter o FB per scoprire che, lungi dalla “riconciliazione” nazionale proposta dal CNT, vi è una gran voglia di vendetta. Irritano sia le foto di Saif in ”buoni rapporti” con i carcerieri Zentan, sia la notizia della scarcerazioni di alcuni pro-gheddafiani.
Ma a rendere impossibile un giusto processo è la constatazione che il sistema giudiziario non ha ripreso a funzionare e in migliaia sono detenuti senza essere formalmente imputati di un reato. L’arresto si basa su un generico “sostenitori di Gheddafi” e apre la porta alle vendetta personali.
Il ritorno del ViagraCorte penale internazionale: aspettiamo assicurazioni che Saif al Islam avrà un processo equo in Libia.
Stupisce la fiducia in questa possibilità.
E’ sufficiente scorrere i blog, Twitter o FB per scoprire che, lungi dalla “riconciliazione” nazionale proposta dal CNT, vi è una gran voglia di vendetta. Irritano sia le foto di Saif in ”buoni rapporti” con i carcerieri Zentan, sia la notizia della scarcerazioni di alcuni pro-gheddafiani.
Ma a rendere impossibile un giusto processo è la constatazione che il sistema giudiziario non ha ripreso a funzionare e in migliaia sono detenuti senza essere formalmente imputati di un reato. L’arresto si basa su un generico “sostenitori di Gheddafi” e apre la porta alle vendetta personali.
La tribù Zentan fa della prigionia di Saif il suo punto di forza nel mercato delle poltrone (Ministero della Difesa) e nel controllo del territorio (autonominata responsabile della sicurezza all’aeroporto di Tripoli) tuttavia occasionalmente strizza l’occhio ai gheddafiani. Nei giorni scorsi ha sequestrato un carico di Viagra e di droghe arrivate dall’India su richiesta del CNT e questa sarebbe una conferma dell’accusa che a suo tempo era stata lanciata da Gheddafi contro i ribelli.
I Diritti delle donne
Si era parlato di “quote” rosa da inserire nella legge elettorale ma nella stesura finale non ve n’è traccia – secondo i media internazionali, come France Presse .
Il Tripoli Post non riporta ancora la notizia, ma da una intervista al capo della Commissione elettorale Ameen Belhadj risulta che le quote rosa siano –obiettivamente- l’ultimo dei problemi.
“Argomento delicato per varie ragioni. Primo: non abbiamo dati reali sul censimento della Libia. Secondo: non ci sono stati consigli comunali precedenti la rivoluzione del 17 febbraio. Terzo: siamo ancora nel periodo di transizione e francamente abbiamo dei conflitti in alcune aree. Tutte queste cose non sono facili da gestire. Così quali potrebbero essere i parametri da utilizzare per definirei i collegi elettorali del Paese?”
Non essendo convinta della bontà delle “quote” in nessun paese e per nessuna categoria, sono più negativamente colpita dalla esclusione dalle candidature dei sostenitori del precedente governo. Norma illiberale, è altresì un segno di duplice timore: irritare le milizie e rischiare che dalle urne esca un ampio sostegno popolare a Gheddafi e alla Jamairija.
Il Tripoli Post non riporta ancora la notizia, ma da una intervista al capo della Commissione elettorale Ameen Belhadj risulta che le quote rosa siano –obiettivamente- l’ultimo dei problemi.
“Argomento delicato per varie ragioni. Primo: non abbiamo dati reali sul censimento della Libia. Secondo: non ci sono stati consigli comunali precedenti la rivoluzione del 17 febbraio. Terzo: siamo ancora nel periodo di transizione e francamente abbiamo dei conflitti in alcune aree. Tutte queste cose non sono facili da gestire. Così quali potrebbero essere i parametri da utilizzare per definirei i collegi elettorali del Paese?”
Non essendo convinta della bontà delle “quote” in nessun paese e per nessuna categoria, sono più negativamente colpita dalla esclusione dalle candidature dei sostenitori del precedente governo. Norma illiberale, è altresì un segno di duplice timore: irritare le milizie e rischiare che dalle urne esca un ampio sostegno popolare a Gheddafi e alla Jamairija.
Bani Walid e i “verdi”
I combattimenti dei giorni scorsi hanno fatto sperare molti “nella liberazione della Libia”, ma ad un esame attento la storia si presenta meno entusiasmante.
Quello che è accaduto lo spiega bene il Guardian.
Bani Walid, base della potente tribù Warfallah è stata una delle ultime ad arrendersi ai ribelli. Nei nove mesi della guerra, gli anti-Gheddafi cercarono di entrare, ma non arrivarono molto oltre la periferia. Si è saputo in seguito che Saif al Islam ne aveva fatto il suo quartier generale. Poco prima della fine del conflitto, quando era ormai inevitabile la sconfitta del regime, il Consiglio degli anziani negoziò un accordo grazie al quale i ribelli furono in grado di entrare in città senza combattere. Da quel momento i rapporti in città non sono stati facili e occasionalmente vi sono stati degli scontri.
Secondo un testimone che non vuole essere identificato, le violenze di lunedì (23 gennaio) scoppiarono quando dei membri della milizia 28-maggio fedele al CNT arrestarono alcuni lealisti; altri pro-Gheddafi attaccarono la guarnigione facendo varie vittime.
Quello che è accaduto lo spiega bene il Guardian.
Bani Walid, base della potente tribù Warfallah è stata una delle ultime ad arrendersi ai ribelli. Nei nove mesi della guerra, gli anti-Gheddafi cercarono di entrare, ma non arrivarono molto oltre la periferia. Si è saputo in seguito che Saif al Islam ne aveva fatto il suo quartier generale. Poco prima della fine del conflitto, quando era ormai inevitabile la sconfitta del regime, il Consiglio degli anziani negoziò un accordo grazie al quale i ribelli furono in grado di entrare in città senza combattere. Da quel momento i rapporti in città non sono stati facili e occasionalmente vi sono stati degli scontri.
Secondo un testimone che non vuole essere identificato, le violenze di lunedì (23 gennaio) scoppiarono quando dei membri della milizia 28-maggio fedele al CNT arrestarono alcuni lealisti; altri pro-Gheddafi attaccarono la guarnigione facendo varie vittime.
Nei giorni precedenti la cattura di Gheddafi, infatti, una serie di notizie davano la città caduta in mano ai lealisti prima che ciò effettivamente accadesse e rende credibile fossero in corso trattative fra il consiglio tribale e il CNT.
Psyops: guerra psicologica su Bani Walid.Quello che ancora non si sa è se la tribù abbia trattato per lasciare la scappatoia a Saif e se era al corrente che Muhammar Gheddafi stava per essere dato in mano alle bande belluine.
Reuters , invece, informa sulle rimostranze dei sostenitori al CNT.
“Quando arriva gente da Tripoli, ti entra in casa, molesta le donne, cosa dobbiamo fare? “Dice Fati Hassan, 28anni, di Bani Walid che descrive gli uomini della 28maggio come un mix di gente locali e forestieri, ribelli anti-Gheddafi che si sono trasformati in oppressori appena ottenuto il controllo della città. “Arrestarono gente fin dal giorno dopo la liberazione e di molti non sappiano ancora nulla.
“Io sono un rivoluzionario e ho amici nella 28-maggio” e aggiunge di averli invitati a calmarsi “la guerra è finita adesso”
In effetti ciò che Bani Walid ha voluto ottenere con gli scontri che hanno messo in minoranza i pro CNT è stata l’ indipendenza dal governo centrale. Ed è al momento missione compiuta avendo ottenuto il riconoscimento del governo locale.
“Io sono un rivoluzionario e ho amici nella 28-maggio” e aggiunge di averli invitati a calmarsi “la guerra è finita adesso”
In effetti ciò che Bani Walid ha voluto ottenere con gli scontri che hanno messo in minoranza i pro CNT è stata l’ indipendenza dal governo centrale. Ed è al momento missione compiuta avendo ottenuto il riconoscimento del governo locale.
Il Verde non è scomparso dalla Libia, elementi armati pro-gheddafi ci sono e non potrebbe essere diversamente, visti i molti mesi di bombardamento che furono necessari per fiaccare i lealisti. Non si tratta, da quanto si comprende finora, di una “resistenza” organizzata a livello nazionale o tale da conquistare una regione. L’opposizione armata si realizza con azioni di disturbo che concorrono all’instabilità complessiva.
Un sedicente governo
Né il Governo né il CNT hanno un ufficio stampa e l’elenco dei componenti del CNT resta tuttora segreto.
E’ naturale che fra i libici aumenti la diffidenza perché le uniche informazioni ufficiali sono gli annunci in risposta alle manifestazioni di piazza, a Bengasi particolarmente violente. Mancanza di trasparenza e inettitudine sono le accuse sulle quali l’intera Libia concorda e molti considerano un errore aver lasciato uscire dai ranghi l’ex primo ministro Mahmoud Jibril e il precedente ministro delle Finanze e del Petrolio Ali Tarhuni, Questi, a onor del vero, soffiano sul fuoco con interviste fortemente critiche verso Mustafa Abdul Jalil, il quale ha dunque tutte le ragioni di temere giorni politicamente contati. Meglio piazzato il Primo ministro AlQeeb, grazie al suo passato americano e alla sua palese inconsistenza politica con la quale si sottrae alle accuse della piazza.
E’ naturale che fra i libici aumenti la diffidenza perché le uniche informazioni ufficiali sono gli annunci in risposta alle manifestazioni di piazza, a Bengasi particolarmente violente. Mancanza di trasparenza e inettitudine sono le accuse sulle quali l’intera Libia concorda e molti considerano un errore aver lasciato uscire dai ranghi l’ex primo ministro Mahmoud Jibril e il precedente ministro delle Finanze e del Petrolio Ali Tarhuni, Questi, a onor del vero, soffiano sul fuoco con interviste fortemente critiche verso Mustafa Abdul Jalil, il quale ha dunque tutte le ragioni di temere giorni politicamente contati. Meglio piazzato il Primo ministro AlQeeb, grazie al suo passato americano e alla sua palese inconsistenza politica con la quale si sottrae alle accuse della piazza.
Un esercito sulla carta
L’esercito libico è scarso e debole. Esiste più sulla carta che nella realtà e pochi si fidano, essendo composto di militari già in servizio sotto il regime.
Le milizie al contrario assumono potere sconfiggendosi l’un l’altra, fino a lasciare in campo due attori principali. Gli Zentan, di cui si è già detto, e la brigata di Misurata che ha ottenuto il ministero degli Interni, oltre al comandante in capo dell’esercito. Nella spartizione del territorio quest’ultima domina dall’est di Tripoli fino a Sirte. Al “gate” sventolano le bandiere di tutto il mondo dando l’impressione di entrare in un nuovo stato.
“C’è ancora simpatia per l’idea di una Libia unita, specie fra i rivoluzionari delle relativamente sofisticate città della costa” rileva il sito web americano dedicato alla politica estera Foreign Policy. In pratica afferma la voglia di unità, ma automaticamente suggerisce la possibilità che nel futuro le cose potrebbero cambiare.
Intanto nei media non proprio del “main” stream corre la notizia di un invio di truppe americane: 12000 unità già pronte a Malta. E’ il rilancio di un articolo dell’attivista americana Cynthia MKenny, ma tace del comunicato successivo con il quale la McKenny informa della smentita ufficiale ricevuta sia dalle autorità di Malta sia da quelle americane .
Vero è, invece, che gli Usa hanno promesso aiuto al CNT per ricostituire e addestrare l’esercito. Ovviamente ciò comporterà l’invio di militari … alla spicciolata.
Le milizie al contrario assumono potere sconfiggendosi l’un l’altra, fino a lasciare in campo due attori principali. Gli Zentan, di cui si è già detto, e la brigata di Misurata che ha ottenuto il ministero degli Interni, oltre al comandante in capo dell’esercito. Nella spartizione del territorio quest’ultima domina dall’est di Tripoli fino a Sirte. Al “gate” sventolano le bandiere di tutto il mondo dando l’impressione di entrare in un nuovo stato.
“C’è ancora simpatia per l’idea di una Libia unita, specie fra i rivoluzionari delle relativamente sofisticate città della costa” rileva il sito web americano dedicato alla politica estera Foreign Policy. In pratica afferma la voglia di unità, ma automaticamente suggerisce la possibilità che nel futuro le cose potrebbero cambiare.
Intanto nei media non proprio del “main” stream corre la notizia di un invio di truppe americane: 12000 unità già pronte a Malta. E’ il rilancio di un articolo dell’attivista americana Cynthia MKenny, ma tace del comunicato successivo con il quale la McKenny informa della smentita ufficiale ricevuta sia dalle autorità di Malta sia da quelle americane .
Vero è, invece, che gli Usa hanno promesso aiuto al CNT per ricostituire e addestrare l’esercito. Ovviamente ciò comporterà l’invio di militari … alla spicciolata.
Guardiani d’Europa
Fu scandalo quando Gheddafi chiese milioni di euro per fermare gli imbarchi dei clandestini o riprenderli indietro.
Fu scandalo quando, durante la guerra, minacciò di mandarne migliaia ad invadere l’Europa.
Ora il nuovo Governo ha ufficializzato la politica che intende seguire e ci fa sapere per bocca del ministro degli interni Fawzi Abdelali: “Non siamo le guardie di confine dell’Europa”. Governi europei serviti, ma rimasti silenziosi.
Personalmente, sarei pronta a congratularmi con questo ministro, qualora decidesse di prendersi cura dei migranti nel periodo di attesa dell’imbarco e se ordinasse dei severi controlli sulla sicurezza delle barche.
Fu scandalo quando, durante la guerra, minacciò di mandarne migliaia ad invadere l’Europa.
Ora il nuovo Governo ha ufficializzato la politica che intende seguire e ci fa sapere per bocca del ministro degli interni Fawzi Abdelali: “Non siamo le guardie di confine dell’Europa”. Governi europei serviti, ma rimasti silenziosi.
Personalmente, sarei pronta a congratularmi con questo ministro, qualora decidesse di prendersi cura dei migranti nel periodo di attesa dell’imbarco e se ordinasse dei severi controlli sulla sicurezza delle barche.
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