IO RESTO IN LIBIA
La sfida di unimprenditrice italiana
dall'inviato
Lorenzo Bianchi
TRIPOLI (Libia)
Il 2011 avrebbe dovuto essere l'anno del raccolto, dopo un lavoro lungo e faticoso. «Invece è arrivato il casino, ma debbono ammazzarmi per buttarmi fuori», giura Tiziana Gamannossi, 45 anni, di Lastra a Signa (Firenze), un'irriducibile broker di lungo corso, l'unico imprenditore italiano superstite in Libia. Abita a Tajoura, una cittadina a est di Tripoli, in una grande villa di 1.100 metri quadrati, circondata da 8.000 metri quadrati di giardino, con due cani, undici felini (nove micetti sono la prole delle sue due gattine), cinque polli e un giardiniere nigerino che ha una gran voglia di svignarsela. Il vortice della guerra l'sfiorata. «Giovedì, mentre ero in piscina, hanno bombardato a meno di un chilometro da qui», racconta con calma serafica. Tajoura è piena di caserme. I raid sono quasi quotidiani. L'imprenditrice è nella commissione non governativa per l'accertamento dei fatti accaduti in Libia. «Non abbiamo prebende di nessun genere, ma solo auto di servizio dello Stato», mette le mani avanti. Il benefit non è sempre garantito, viste le code ai distributori.
NELLA SUA veste pubblica ha conosciuto da vicino gli orrori del conflitto: «Un ribelle prigioniero ci ha raccontato che a Misurata, assieme ai suoi amici, aveva invitato sette ragazze della città a una festa. Dopo i drink sono state violentate, le sono stati tagliati i seni e le hanno lasciate morire dissanguate. Il padre di una giovane ha confermato». Il rivoluzionario finito in mani lealiste ha riferito con molti dettagli che i corpi di soldati o di persone favorevoli a Gheddafi sono stati fatti a pezzi e infilati in sacchi depositati nei frigo di un panificio della città. A Baida un militare è stato appeso a un ponte.
Il sangue e le nefandezze del conflitto non hanno scalfito il morale della broker: «Ho appena fatto grossi investimenti. Nel 2008 sulla mia casa di Lastra a Signa ho acceso un mutuo di 200 mila euro. Qui in Libia ne ho investiti di più. Ho costituito una joint venture». Dopo tre anni di difficili negoziati nel 2011, esattamente alla fine di febbraio, Tiziana avrebbe dovuto incassare le provvigioni. Aveva piazzato attrezzature per la produzione della pasta, del couscous, di concentrato di pomodoro, di blocchetti di cemento, di coperte di lana (comprese le macchine per il lavaggio) e di fornaci di mattoni. Invece dei denari sono arrivate le bombe. «Mi sono chiesta - riflette - se siano stati solo gli affari a trattenermi qui. Il punto vero è che in Libia mi piacciono moltissimo le persone. Circa un anno fa è mancato mio padre Giovanni. Era un meccanico di trattori. Con ostinazione ha voluto che imparassi inglese, francese e tedesco. I miei amici libici, tranne uno, non lo conoscevano. Per i funerali gli hanno fatto arrivare in auto da Roma un cuscino di lilium gialli. E non è tutto. Più di una volta, quando mi sono trovata a corto di denaro, mi hanno aiutato». Sono gesti che non si cancellano nella memoria.
COSÌ TIZIANA Gamannossi, nipote di un famoso prete esorcista, ha puntato i piedi. Che cosa spera? «Che la guerra finisca. Che riparta il piano industriale per il quale il governo ha stanziato 87 miliardi di euro nel 2010». Che tornino, aggiungiamo noi, i tempi nei quali incassava 200mila euro all'anno solo di provvigioni. Che una via di uscita «diplomatica» fermi i bombardamenti. Perché la Libia potrebbe diventare un pantano: «Si contrappongono due partiti che non si riconoscono e che si accusano a vicenda di atrocità indicibili. Non credo che le abbiano commesse i libici, ma il Paese è pieno di armi e molto esteso. Secondo me, il bagno di sangue può durare anche 10 anni».
Quella di Tiziana è stata una parabola tenace. Ha cominciato con un anonimo posto da impiegata in un'agenzia di viaggi. E' sbarcata a Tripoli vendendo sabbia ai libici. Il ‘colpaccio' la fa ancora sorridere: «Era quarzite, una polvere che si mescola con la vernice per imbiancare i muri esterni». Le sue due colf eritree se ne sono andate. «Continuavano a dire che l'Europa è il Paradiso». Lei sembra convinta del contrario.
notizie tratte da La Nazione.
Fonte:http://news-notizie.wineuropa.it/notizie/3-notizie-dal-mondo/7-altre-notizie/147786-IO-RESTO-IN-LIBIA.html
Lorenzo Bianchi
TRIPOLI (Libia)
Il 2011 avrebbe dovuto essere l'anno del raccolto, dopo un lavoro lungo e faticoso. «Invece è arrivato il casino, ma debbono ammazzarmi per buttarmi fuori», giura Tiziana Gamannossi, 45 anni, di Lastra a Signa (Firenze), un'irriducibile broker di lungo corso, l'unico imprenditore italiano superstite in Libia. Abita a Tajoura, una cittadina a est di Tripoli, in una grande villa di 1.100 metri quadrati, circondata da 8.000 metri quadrati di giardino, con due cani, undici felini (nove micetti sono la prole delle sue due gattine), cinque polli e un giardiniere nigerino che ha una gran voglia di svignarsela. Il vortice della guerra l'sfiorata. «Giovedì, mentre ero in piscina, hanno bombardato a meno di un chilometro da qui», racconta con calma serafica. Tajoura è piena di caserme. I raid sono quasi quotidiani. L'imprenditrice è nella commissione non governativa per l'accertamento dei fatti accaduti in Libia. «Non abbiamo prebende di nessun genere, ma solo auto di servizio dello Stato», mette le mani avanti. Il benefit non è sempre garantito, viste le code ai distributori.
NELLA SUA veste pubblica ha conosciuto da vicino gli orrori del conflitto: «Un ribelle prigioniero ci ha raccontato che a Misurata, assieme ai suoi amici, aveva invitato sette ragazze della città a una festa. Dopo i drink sono state violentate, le sono stati tagliati i seni e le hanno lasciate morire dissanguate. Il padre di una giovane ha confermato». Il rivoluzionario finito in mani lealiste ha riferito con molti dettagli che i corpi di soldati o di persone favorevoli a Gheddafi sono stati fatti a pezzi e infilati in sacchi depositati nei frigo di un panificio della città. A Baida un militare è stato appeso a un ponte.
Il sangue e le nefandezze del conflitto non hanno scalfito il morale della broker: «Ho appena fatto grossi investimenti. Nel 2008 sulla mia casa di Lastra a Signa ho acceso un mutuo di 200 mila euro. Qui in Libia ne ho investiti di più. Ho costituito una joint venture». Dopo tre anni di difficili negoziati nel 2011, esattamente alla fine di febbraio, Tiziana avrebbe dovuto incassare le provvigioni. Aveva piazzato attrezzature per la produzione della pasta, del couscous, di concentrato di pomodoro, di blocchetti di cemento, di coperte di lana (comprese le macchine per il lavaggio) e di fornaci di mattoni. Invece dei denari sono arrivate le bombe. «Mi sono chiesta - riflette - se siano stati solo gli affari a trattenermi qui. Il punto vero è che in Libia mi piacciono moltissimo le persone. Circa un anno fa è mancato mio padre Giovanni. Era un meccanico di trattori. Con ostinazione ha voluto che imparassi inglese, francese e tedesco. I miei amici libici, tranne uno, non lo conoscevano. Per i funerali gli hanno fatto arrivare in auto da Roma un cuscino di lilium gialli. E non è tutto. Più di una volta, quando mi sono trovata a corto di denaro, mi hanno aiutato». Sono gesti che non si cancellano nella memoria.
COSÌ TIZIANA Gamannossi, nipote di un famoso prete esorcista, ha puntato i piedi. Che cosa spera? «Che la guerra finisca. Che riparta il piano industriale per il quale il governo ha stanziato 87 miliardi di euro nel 2010». Che tornino, aggiungiamo noi, i tempi nei quali incassava 200mila euro all'anno solo di provvigioni. Che una via di uscita «diplomatica» fermi i bombardamenti. Perché la Libia potrebbe diventare un pantano: «Si contrappongono due partiti che non si riconoscono e che si accusano a vicenda di atrocità indicibili. Non credo che le abbiano commesse i libici, ma il Paese è pieno di armi e molto esteso. Secondo me, il bagno di sangue può durare anche 10 anni».
Quella di Tiziana è stata una parabola tenace. Ha cominciato con un anonimo posto da impiegata in un'agenzia di viaggi. E' sbarcata a Tripoli vendendo sabbia ai libici. Il ‘colpaccio' la fa ancora sorridere: «Era quarzite, una polvere che si mescola con la vernice per imbiancare i muri esterni». Le sue due colf eritree se ne sono andate. «Continuavano a dire che l'Europa è il Paradiso». Lei sembra convinta del contrario.
notizie tratte da La Nazione.
Fonte:http://news-notizie.wineuropa.it/notizie/3-notizie-dal-mondo/7-altre-notizie/147786-IO-RESTO-IN-LIBIA.html
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