Quella brutta aria di censura – di Marcello Veneziani – 25/09/2019
Ma che sta succedendo? La Luiss,
l’università della Confindustria, non rinnova il contratto al professor
Marco Gervasoni, docente ordinario e autore di molti saggi, per un suo
tweet “sovranista”.
È ancora recente la “retata” con la generica accusa di istigare
all’odio nei confronti non di una pagina precisa o di una persona, ma di
varie persone legate a vario titolo a vari movimenti di estrema destra.
È recente la censura alla pagina facebook che pubblica i miei scritti e
la sospensione di Marco Di Eugenio, il curatore, per aver pubblicato 14
mesi prima un mio articolo ironico-politico tutt’altro che razzista,
dal titolo Il prossimo segretario del Pd sarà negro. Dicono, ma è l’algoritmo che blocca automaticamente alla parola negro.
Peraltro è un’offesa alla negritudine, a Leopold Senghor, a chi
rivendica di essere negro e un modo di censurare ignorando i contenuti e
il senso dei testi. Ma non è questione di algoritmi. Censurare quattordici mesi dopo, e per giunta appena cambia un governo, non è un algoritmo ma è una deliberata censura.
E che provenga da una delazione, rende ancora più sinistra l’opera
dell’Ovra (oggi sta per Opera Vigilanza Repressione Antifascista).
Mi ferma un signore sul lungomare di Sanremo e mi dice che ha
cercato ripetutamente di condividere un mio scritto apparso su La
Verità e ripreso nella pagina facebook in cui si parla della
sinistra come di un’associazione di stampo mafioso (lo diceva Pasolini a
proposito della Democrazia Cristiana) e lo scritto è stato rimosso subito e sistematicamente.
Analoghi riscontri ha avuto e ho avuto altrove. Ricevo ripetute
segnalazioni di lettori, anche non politicamente schierati ma – guarda
caso – di orientamento vagamente “sovranista”, che come è notorio allo
stato attuale comprende un’infima…maggioranza del paese, che hanno
ricevuto in vari luoghi, a partire dai social, censure, blocchi,
oscuramenti.
Ma che sta succedendo? No, non siamo in dittatura, non
esageriamo, non c’è carcere, e il fatto che io ve ne scriva lo può
confermare. Non scherziamo col fuoco. Però la caccia al dissidente, ribattezzando razzista, fascista, nazista, sessista, xenofobo, omofobo, e via dicendo è aperta,
e spesso viene istituzionalizzata in commissioni, osservatori e
pressioni. E diventa minacciosa se si considera l’introduzione
surrettizia di reati d’opinione, a livello nazionale e spesso a livello
europeo; si comincia dalle frasi più sguaiate e dementi, tanto per
gettare un po’ di fumo negli occhi ma poi si arriva alle opinioni
divergenti, alle idee, alle culture non allineate al catechismo
corrente.
Qualche fesso che si autodefinisce liberale, dice: ma i
social sono gratuiti (ma sono poi veramente gratuiti, credete davvero
che siano social di beneficenza?) e soprattutto sono privati, dunque
possono ammettere ed escludere chi vogliono. No, signori, se voi entrate
in qualunque esercizio privato, un negozio, un taxi o altro, non potete essere esclusi perché la pensate in modo diverso dal gestore o dal proprietario;
tanto più se quel negozio è come i social, fondato sulla libera
espressione e circolazione di opinioni. Se un social decide di
schierarsi, come un giornale, lo dica espressamente e riconosca che è finita la sua missione social, universale, asettica, puramente tecnica ed è espressione di parte.
In secondo luogo, affidare a un gestore privato il compito
giudiziario e ideologico di stabilire chi è nel giusto e chi no, è assai
pericoloso. Zuckerberg annuncia di volerlo fare e riceve il plauso, guarda caso, del mondo progressista, liberal, radical. Ma un’azienda privata ha come suo primario, legittimo interesse il profitto e il vantaggio del proprietario o degli azionisti
e dunque nel nome del profitto e dei suoi azionisti può ritenere
conveniente o sconveniente secondo i governi e i poteri, valutando i
casi in questione su quella base e magari nominando commissioni di
vigilanza gradite ai potenti, che abbiano un orientamento prevalente
anziché un altro o nessuno in particolare.
E poi i social sono sotto tiro dei governi e dei parlamenti
nazionali che chiedono più tasse, controlli, limitazioni; dunque possono
anche pensare a un baratto e non è da escludere che queste minacce
politiche servano proprio a tenerli sotto schiaffo: noi chiudiamo un occhio ma voi addomesticate i vostri social, tappate la bocca ai dissidenti. Si chiama ricatto.
In passato abbiamo sentito anche da presidenti delle camere,
parlamentari con ruoli significativi, auspicare commissioni, filtri,
inquisizioni, insomma censura e “vigilanza democratica” contro il
pericolo nero, artatamente mischiato con le fake news, per le quali non
c’è bisogno di leggi speciali: se offendono qualcuno e sono infondate,
ci sono i codici, c’è il reato di diffamazione, di calunnia, di notizie
false e tendenziose atte a turbare, c’è la smentita… Non c’è bisogno di
leggi speciali e connotate ideologicamente in modo unilaterale. Le leggi
speciali in tema di opinione sono sempre restrizioni di diritti e
libertà e anticamere di risvolti più inquietanti.
Dopo aver marcato un suo territorio virtuale, dopo aver
emesso una sua moneta, ora il social annuncia che istituirà una corte,
un suo tribunale, per dirimere questi casi. Non vi preoccupa
che si crei uno Stato parallelo e sovrastante al nostro Stato, che non
risponde pienamente a nessuno Stato e alle sue leggi, nel nome della sua
extraterritorialità, del suo status sovranazionale e multinazionale?
Ogni singolo episodio non preoccuperebbe se non si inserisse in un contesto, un’escalation e una convergenza di poteri. Non
sostengo affatto che le sparse denunce e limitazioni siano figlie di un
Complotto ordito dall’alto e poi diramato. C’è però una preoccupante
sintonia, uno squallido allinearsi, un pericoloso conformismo che mette
in fila l’università pubblica e quella privata, l’ateneo della
Confindustria, i social, i poteri mediatici e il mondo di sinistra, fino ai tribunali.
Dai lib ai dem, dai padroni ai compagni, l’arco è vasto e variegato, ma
quando si tratta d’impedire la circolazione di messaggi differenti,
s’accodano, s’intruppano.
Preso da: https://www.vietatoparlare.it/la-luiss-luniversita-della-confindustria-caccia-un-docente-per-un-suo-tweet-sovranista/
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