Pubblicato il: 10/10/2019 15:11
Intellettuale scomodo e mai accomodante, durante gli anni ’90 il controverso Peter Handke è stato una voce decisamente isolata, dall’indomani del disfacimento della ex Jugoslavia: il vincitore del Nobel per la Letteratura 2019
ha sempre difeso il diritto dei serbi contro i croati, contro i
bosniaci, contro i kosovari, e per questo ha suscitato incomprensioni,
antipatie, se non odi. Con i bombardamenti su Belgrado, una capitale
europea, “è morta l’Europa ed è nata l’Unione Europea”, disse lo
scrittore austriaco suscitando infine polemiche e discussioni.
Nel novembre del 1995 Peter Handke viaggiò
in Serbia, nel “paese di coloro che sono abitualmente definiti gli
aggressori”. Figlio di madre slovena, ha sempre guardato alla ex
Jugoslavia con la speciale attenzione che si porta alle proprie radici. A
suo avviso, la stampa tedesca e francese hanno criminalizzato i serbi,
costruendo una precisa immagine del nemico di cui lo scrittore in
articoli e libri si è sforzato di analizzare i meccanismi politici,
culturali e psicologici.
Il libro “Un viaggio d’inverno ovvero
giustizia per la Serbia” (Einaudi, 1996) è la descrizione del viaggio di
Handke a Belgrado e poi in Serbia, fino ai confini con la Bosnia. Segue
un Epilogo in cui lo scrittore espone il progetto poetico che sta alla
base delle sue tesi.
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