Roma, 30 mag – Può la pelosa carità diventare un boomerang per le
nazioni che intende (in teoria) aiutare? Visti i risultati delle
politiche di sostegno allo sviluppo degli ultimi anni – per non dire
decenni – la risposta sembra proprio di sì. E ora arriva anche la
dimostrazione, che passa per…i vestiti usati.
In tutta Europa, ma anche negli Stati Uniti, donare vestiti non più
utilizzati è una pratica comune. Così come non è un mistero il business
che vi ruota dietro, fatto di una miriade di società che ottengono
gratuitamente la merce per poi rivenderla, o direttamente o per ricavare
liquidità da destinare poi ai più bisognosi. Per quanto riguarda
l’Africa il caso più comune è il primo, ma ciò sta causando non pochi
problemi al continente nero.
A rivelarlo un’inchiesta del Washington Post, firmata da Max Bearak e
David J. Lynch e ripresa in Italia da Rivista Studio, che ci mostra
come il germe dello sviluppo industriale, specialmente nell’Africa
Subsahariana, è stato in buona parte affossato proprio dalle perverse
dinamiche della carità. Non è un mistero – la rivoluzione industriale è
qui a dimostrarlo – che il settore tessile possa essere un innesco per
tutta una dinamica virtuosa. Ciò in Africa non è successo perché la
concorrenza dei vestiti usati provenienti da Europa e Stati Uniti ha di
fatto impedito alle poche aziende dell’abbigliamento locali di poter
lavorare.
Alcuni Paesi hanno tentato di porre un freno a tutto ciò, imponendo
dazi sull’importazione di vestiti di seconda mano. Dazi durati lo spazio
di un annuncio, visto che al di là di poche e residuali eccezioni sono
stati quasi subito rimossi su pressioni internazionali. Risultato? Quella che poteva essere una via allo sviluppo è letteralmente morta ancora prima di nascere. Lasciando l’Africa in balìa del pietismo radical chic.
Preso da: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/carita-vestiti-usati-business-solidarieta-impedisce-sviluppo-africa-86464/
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