7 marzo 2016
Qual' è il maggior problema della Libia? Il tribalismo?
L’ISIS? E’ ciò che ci vogliono dare a bere. La vera minaccia incombente è
quella degli aggressori, gli stessi che hanno distrutto il paese, USA,
Francia, Gran Bretagna, Italia, Qatar, Arabia Saudita… che stanno
cercando il pretesto per un nuovo intervento e per dividersi il bottino.
Questi invasori vogliono dettare ai libici quello che devono fare:
chiedono un governo nazionale, non per unificare la Libia, ma per
costringerlo a giustificare, con la scusa del federalismo o altri
pretesti, la divisione di fatto in sfere di influenza.
Secondo
fonti ufficiose, la Tripolitania toccherebbe all’Italia, la Cirenaica
alla Gran Bretagna e il Fezzan alla Francia. Ciascuno per sé e gli USA
per tutti? Ma le spartizioni si fanno secondo i rapporti di forza, e gli
USA non vanno in Libia per i begli occhi di Renzi. Nel gioco della
sedia il perdente rischia di essere proprio l’imperialismo di Roma. Gli
sarà chiesto un grosso sforzo, e se sarà fortunato, gli toccheranno le
briciole.
Truppe
speciali sono già sul posto, sono avvenuti bombardamenti, senza che
l’ONU, sempre più screditata, faccia qualcosa di utile, o che i due
governi libici abbiano voce in capitolo. Al massimo, possono avallare il
fatto compiuto.
Al
tempo di Gheddafi, il 23% del fabbisogno italiano di petrolio veniva
dalla Libia. Le riserve sono calcolate 44,3 miliardi di barili, e ne
fanno l’ottavo paese petrolifero del mondo. L’ENI vi ha perso i suoi
privilegi. “L’ENI – scriveva Stefano Agnoli (Limes 2011) – …in
Kazakistan tre anni fa è stata messa alle corde dall’americana Exxon, in
Uganda, lo scorso anno, i cinesi Cnooc, la Total e la stessa Exxon
avrebbero lavorato sodo per affondare i progetto del gruppo italiano”
Dal 2011, la Libia non è più riserva di caccia dell’imperialismo
italiano perché la classe dirigente del nostro stivale, per servilismo, è
arrivata a fare una guerra contro i propri interessi, tradendo
Gheddafi, che le aveva assicurato condizioni di privilegio.
Gli
USA, non si accontentano di dettar legge in Libia, lo fanno anche in
Italia, dove Sigonella – e non solo – è ormai territorio americano.
Se
sulla carta geografica d’Italia si rappresentassero le basi USA con
punti rossi, l’immagine ricorderebbe quella di un malato di scarlattina.
E il nostro territorio è cosparso di atomiche, la cui ubicazione è
conosciuta dal Pentagono, ma non dai governanti italiani. D’altra parte,
chi darebbe a Renzi la valigetta dei comandi per l’atomica?
Ogni
concessione, politica, economica, militare, non aumenta la benevolenza
americana, ma riduce sempre più l’imperialismo italico a un ascaro di
Washington.
Altro
imperialismo tenuto a guinzaglio è quello francese, utilizzato per
schiacciare Gheddafi, mentre Obama si fingeva poco interessato. La Casa
Bianca gioca sulla rivalità italo – francese, e usa entrambi i paesi.
La
scusa, anche per l’Italia, è combattere l’ISIS, ma in realtà il
“nostro” governo teme che Francia e Gran Bretagna occupino le posizioni
chiave e lascino all’Italia ossa spolpate.
Prodi e Berlusconi, i “grandi avversari” di un tempo, ora sembrano
avere trovato un suggeritore comune, raccomandano prudenza e danno tutta
la colpa a Francia e Inghilterra, coprendo le responsabilità di Roma e
di Washington.
E l’ISIS? Quando non servirà più in Libia, il circo, fondato dalla
CIA e compari, col suo califfo barbuto, i suoi sicari e spioni, toglierà
le tende e si dirigerà, sotto lo sguardo complice delle potenze, verso
un altro paese pieno di pozzi di petrolio o di gas, o almeno di
oleodotti e gasdotti, per destabilizzarlo e creare un pretesto per
un’occupazione imperialistica.
I
lavoratori dei diversi paesi devono rifiutare ogni solidarietà con i
propri governi e prepararsi a lottare insieme contro la guerra.
fonte:linterferenza
Preso da: http://it.awdnews.com/political/libia-il-pericolo-viene-dall%E2%80%99estero
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