la soluzione del problema del lavoro e del costo del lavoro (cioè la soluzione
del rapporto fra lavoratore e datore di lavoro, fra proprietari e lavoratori -
produttori -, come ad esempio la limitazione delle ore lavorative, la
retribuzione del lavoro straordinario, il diritto alle ferie, il riconoscimento di
una paga base, la partecipazione del lavoratore agli utili e all’amministrazione,
il divieto di licenziamento arbitrario, il diritto all’assistenza sociale, il diritto
allo sciopero e quant’altro contenuto nelle leggi del lavoro e presente in quasi
tutte le legislazioni contemporanee); rispetto ai precedenti si sono avuti anche
nella concezione della proprietà, in quanto sono state elaborate norme che
limitano il reddito ed altre che vietano la proprietà privata trasferendola allo
stato. Malgrado però tutte queste evoluzioni, di evidente rilievo, nel
susseguirsi delle problematiche economiche, il problema sostanzialmente
persiste ancora, nonostante tutti i ritocchi, i miglioramenti, gli emendamenti e
tutti gli altri sforzi che lo hanno reso meno pressante, rispetto a come si era
manifestato nei secoli scorsi, tuttavia, pur realizzando molte delle aspettative
dei lavoratori, il problema economico non è stato ancora risolto nel mondo. I
tentativi compiuti per risolvere il problema delle proprietà non hanno risolto
quello dei lavoratori in quanto produttori, che permangono ancora dei
salariati, "anche se" la concezione della proprietà attraverso varie tappe
intermedie, si è spostata dalla estrema destra alla estrema sinistra, con
diverse posizioni intermedie.
[ Il salario ]
I tentativi operati in tema di salari non sono meno rilevanti di quelli operati
nella concezione della proprietà che ha subito un ribaltamento. Il risultato dei
tentativi che si sono operati in tema di salario sono i privilegi ottenuti dai
lavoratori: una organica legislazione del lavoro, le difese dei sindacati. Questo
come ha cambiato la situazione precaria in cui versavano i lavoratori all’inizio
della rivoluzione industriale. Gli operai, i tecnici e il personale amministrativo
col passare del tempo hanno ottenuto diritti ritenuti da sempre irraggiungibili,
anche se in realtà il problema persiste ancora. Gli sforzi effettuati allo scopo di
migliorare il trattamento salariale non sono stati risolutivi bensì sono stati
tentativi artificiosi di riforma, più vicini alla beneficenza che al riconoscimento
dei diritti dei lavoratori. Perché si da un salario ai lavoratori? Perché svolgono
una attività produttiva a favore dei terzi, e cioè per conto di chi li assume al
fine di realizzare una produzione. Pertanto i lavoratori non consumano il
proprio prodotto, ma sono costretti a cederlo in cambio di un compenso,
mentre una sua norma è che chi produce deve consumare. I lavoratori anche
se il loro trattamento salariale è migliorato, permangono degli asserviti,
indipendentemente dall’entità della retribuzione.
[ Precarietà dei salariati ]
Il salariato è come uno schiavo del padrone alle cui dipendenze permane
temporaneamente e la cui schiavitù si manifesta fino a quando egli lavorerà
alle sue dipendenze ed in cambio di un compenso. Ciò indipendentemente dal
fatto che il datore di lavoro sia un individuo o lo stato. I lavoratori, nei loro
rapporti individuali sia col singolo datore di lavoro sia con l’azienda
produttrice, non sono altro che dei salariati, prescindendo dalla evoluzione
che ha subito il concetto della proprietà. Infatti anche gli entri economici
pubblici non offrono ai loro lavoratori dipendenti altro che paghe e altri servizi
sociali assai simili alla carità che i ricchi titolari di un’azienda privata
assegnano ai propri lavoratori.
[ Tutti i lavoratori sono dei salariati ]
E’ giusto dire che il reddito, quando deriva da un’azienda pubblica, è
prerogativa della comunità e quindi anche dei lavoratori, contrariamente a
quanto accade nelle aziende private, in cui il reddito è prerogativa esclusiva
del titolare. Tuttavia questo avviene se consideriamo gli interessi generali
della collettività e non gli interessi individuali dei lavoratori e se si suppone
che il potere politico monopolizzatore della proprietà appartenga a tutta la
gente, cioè sia potere di tutto il popolo, che viene esercitato tramite i
congressi e i comitati popolari, e non potere di una sola classe, di un solo
partito, o di una setta, tribù, famiglia, individuo e qualsivoglia forma di potere
parlamentare. Malgrado tutto la remunerazione che va direttamente a tutti i
lavoratori, sia essa sotto forma di salario, sia sotto forma di percentuale sugli
utili, sia sotto forma di servizi sociali, è indicata a quella percepita dai
lavoratori in un’azienda privata; pertanto sia i lavoratori che operano in un
ente pubblico sia coloro che lavorano in una società privata, sono tutti dei
salariati indipendentemente dal tipo di datore di lavoro.
[ Lavoratori e produzione ]
Così il processo evolutivo che ha caratterizzato il concetto di proprietà,
spostandola da una mano all’altra, non ha risolto il problema del diritto che il
lavoratore ha sulla produzione stessa che si è realizzata col suo apporto
diretto e non per tramite della società o dietro salario; in realtà i lavoratori
(produttori), nonostante si sia mutato il concetto di proprietà, restano ancora
dei salariati. La soluzione definitiva rimane nell’abolizione del salario e nella
liberazione dell’essere da questo genere di schiavitù; e cioè il ritorno alle
norme naturali che hanno definito il rapporto prima del sorgere delle classi, e
delle varie forma di governo e delle legislazioni elaborate dall’uomo.Da: il libro verde, di Muammar Gheddafi.
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