Pubblicato il: 4 gennaio, 2012
Esteri | Di Alì Mansour
Riflessioni dal Medio Oriente
La primavera araba cominciata con la rivoluzione tunisina e poi diffusa come macchia d’olio in diversi paesi arabi nel tentativo di ridisegnare il volto della regione, ora è sotto forti pressioni da parte dei governi occidentali guidati dagli Stati Uniti d’America e da parte dei governi arabi del Golfo guidati dal Qatar. Tutto nel tentativo di trasformare il nuovo movimento arabo popolare in un progetto politico sotto controllo. Mentre tutto il mondo assisteva alla caduta dei regimi arabi, dalla Tunisia alla Libia, Israele e Stati Uniti avevano gli occhi puntati sulla Siria.
Le rivoluzioni in Siria e quella in Bahrein e nello Yemen sono partite quasi in contemporanea, ma non si è capito il motivo per il quale la TV araba al-Jazeera, simbolo delle rivolte fino a quel momento, dedicava tutte le sue risorse e interviste solo per la Siria, per poi scoprire con filmati trasmessi su internet da ex dipendenti (nei filmati si assiste a come all’ospite veniva suggerito quale argomento trattare) relativi a personaggi ospitati dall’emittente (ad esempio l’intervista ad Azme Bshara) che si trattava non più di trasmettere la notizia ma di farla e dirigerla.
Ma perché proprio la Siria? È da anni che le potenze mondiali puntano a tagliare i legami tra l’Iran e la Siria, in quanto il paese del presidente Assad rappresenta l’ultima roccaforte del nazionalismo arabo. Basti pensare che la Siria non ha mai rinunciato ad appoggiare i movimenti di resistenza medio orientali, Hamas e Hezbollah, anche nei momenti più difficili che ha dovuto attraversare il Medio Oriente quando gli Stati Uniti avevano lanciato il progetto battezzato “il nuovo Medio Oriente”, dichiarando guerra all’Iraq nel 2003, Hezbollah nel 2006 (tramite Israele) ed infine a Hamas nel 2008. Ora che tutte queste tre guerre sono state perse, e dopo il ritiro delle truppe dall’Iraq, e la “inaspettata” crescita militare dell’Iran, gli Stati Uniti stanno cercando di giocare la loro ultima carta per mettere fuori gioco la Siria non attraverso un attacco militare, bensì attraverso una guerra civile tra i sunniti ed Alawiti.
E’ molto chiaro alle potenze mondiali come Russia e Cina, che gli Stati Uniti e i loro alleati arabi ed occidentali mirano solo a rovesciare Bashar al-Alssad per insediare un uomo al potere di loro gradimento, ma soprattutto che rinunci subito ai legami con l’Iran. Proprio come “Borhan Ghalion “ a capo dell’opposizione chiamata “il Consiglio di transizione siriana”, che durante una sua intervista alla “Wall Street Journal”, aveva annunciato che “il suo consiglio, non appena sarebbe giunto al potere avrebbe rinunciato da un lato l’alleanza strategica tra la Siria e l’Iran e dall’altro quella con i movimenti di resistenza, come Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina. Russia e Cina non vogliono ripetere l’errore commesso in Libia, l’hanno fatto capire sia a Washington che a Tel Aviv, che attaccare militarmente la Siria, vuol dire dichiarare guerra anche a loro.
La situazione in Siria è molto complicata, perché l’opzione militare è difficile se non impossibile, proprio per le complicazioni che potrebbe far emergere, mentre andare avanti con queste propagande, e attraverso il fornimento di armi ai gruppi legati ad al-Qaeda o ad altri estremisti sunniti, non farà altro che alimentare l’odio religioso tra sunniti e sciiti, e proprio questo che spaventa pure, perché gli americani alla fine anche se riusciranno ad accendere questa scintilla che darà fuoco all’intero Medio Oriente, ma non sapranno mai né dirigere il vento a loro favore quantomeno prevedere l’esito e l’aera di questo conflitto.
La domanda che ci viene posta però, siccome poi la crisi continua, come finirà la rivolta in Siria? E fino a quale punto gli Stati Uniti spingeranno per rovesciare Assad? E poi chi ci dice che il presidente siriano non andrà al contrattacco dichiarando guerra ad Israele!!! Sono tante le domande che possiamo porci, ma alle quali non possiamo dare nessuna risposta certa. L’unica variabile che probabilmente gioca contro gli Stati Uniti e i loro alleati è il fattore tempo, perché le elezioni americane si avvicinano e di conseguenza calerà l’interesse della Casa Bianca nella politica estera almeno per qualche mese, proprio quanto serve all’esercito siriano per porre fine alla sua missione militare con l’eliminazione dei restanti gruppi armati. Permetterà inoltre alla leadership di fare le riforme necessarie per fare tornare la calma.
Fonte:http://www.statopotenza.eu/1528/riflessioni-dal-medio-oriente
Le rivoluzioni in Siria e quella in Bahrein e nello Yemen sono partite quasi in contemporanea, ma non si è capito il motivo per il quale la TV araba al-Jazeera, simbolo delle rivolte fino a quel momento, dedicava tutte le sue risorse e interviste solo per la Siria, per poi scoprire con filmati trasmessi su internet da ex dipendenti (nei filmati si assiste a come all’ospite veniva suggerito quale argomento trattare) relativi a personaggi ospitati dall’emittente (ad esempio l’intervista ad Azme Bshara) che si trattava non più di trasmettere la notizia ma di farla e dirigerla.
Ma perché proprio la Siria? È da anni che le potenze mondiali puntano a tagliare i legami tra l’Iran e la Siria, in quanto il paese del presidente Assad rappresenta l’ultima roccaforte del nazionalismo arabo. Basti pensare che la Siria non ha mai rinunciato ad appoggiare i movimenti di resistenza medio orientali, Hamas e Hezbollah, anche nei momenti più difficili che ha dovuto attraversare il Medio Oriente quando gli Stati Uniti avevano lanciato il progetto battezzato “il nuovo Medio Oriente”, dichiarando guerra all’Iraq nel 2003, Hezbollah nel 2006 (tramite Israele) ed infine a Hamas nel 2008. Ora che tutte queste tre guerre sono state perse, e dopo il ritiro delle truppe dall’Iraq, e la “inaspettata” crescita militare dell’Iran, gli Stati Uniti stanno cercando di giocare la loro ultima carta per mettere fuori gioco la Siria non attraverso un attacco militare, bensì attraverso una guerra civile tra i sunniti ed Alawiti.
E’ molto chiaro alle potenze mondiali come Russia e Cina, che gli Stati Uniti e i loro alleati arabi ed occidentali mirano solo a rovesciare Bashar al-Alssad per insediare un uomo al potere di loro gradimento, ma soprattutto che rinunci subito ai legami con l’Iran. Proprio come “Borhan Ghalion “ a capo dell’opposizione chiamata “il Consiglio di transizione siriana”, che durante una sua intervista alla “Wall Street Journal”, aveva annunciato che “il suo consiglio, non appena sarebbe giunto al potere avrebbe rinunciato da un lato l’alleanza strategica tra la Siria e l’Iran e dall’altro quella con i movimenti di resistenza, come Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina. Russia e Cina non vogliono ripetere l’errore commesso in Libia, l’hanno fatto capire sia a Washington che a Tel Aviv, che attaccare militarmente la Siria, vuol dire dichiarare guerra anche a loro.
La situazione in Siria è molto complicata, perché l’opzione militare è difficile se non impossibile, proprio per le complicazioni che potrebbe far emergere, mentre andare avanti con queste propagande, e attraverso il fornimento di armi ai gruppi legati ad al-Qaeda o ad altri estremisti sunniti, non farà altro che alimentare l’odio religioso tra sunniti e sciiti, e proprio questo che spaventa pure, perché gli americani alla fine anche se riusciranno ad accendere questa scintilla che darà fuoco all’intero Medio Oriente, ma non sapranno mai né dirigere il vento a loro favore quantomeno prevedere l’esito e l’aera di questo conflitto.
La domanda che ci viene posta però, siccome poi la crisi continua, come finirà la rivolta in Siria? E fino a quale punto gli Stati Uniti spingeranno per rovesciare Assad? E poi chi ci dice che il presidente siriano non andrà al contrattacco dichiarando guerra ad Israele!!! Sono tante le domande che possiamo porci, ma alle quali non possiamo dare nessuna risposta certa. L’unica variabile che probabilmente gioca contro gli Stati Uniti e i loro alleati è il fattore tempo, perché le elezioni americane si avvicinano e di conseguenza calerà l’interesse della Casa Bianca nella politica estera almeno per qualche mese, proprio quanto serve all’esercito siriano per porre fine alla sua missione militare con l’eliminazione dei restanti gruppi armati. Permetterà inoltre alla leadership di fare le riforme necessarie per fare tornare la calma.
Fonte:http://www.statopotenza.eu/1528/riflessioni-dal-medio-oriente
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