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martedì 19 marzo 2013

Libia: la disfatta delle imprese italiane e la nuova ondata migratoria

Pubblicato il: 19 maggio, 2012
Analisi / Esteri | Di Steve Brady

Libia: la disfatta delle imprese italiane e la nuova ondata migratoria

La Presidenza del Consiglio dei Ministri convocherà a breve un tavolo di lavoro con le imprese, le banche creditrici e i ministeri coinvolti per valutare le
possibili soluzioni diplomatiche e finanziarie per le 90 imprese italiane che operavano in Libia prima della caduta di Gheddafi e che vantano crediti insoluti per oltre 600 milioni di euro. A darne notizia è l’on. Ettore Rosato (Pd), dopo che il Governo Monti ha accolto un ordine del giorno al decreto sulle commissioni bancarie. Rosato ha ricordato che “le imprese italiane sono in attesa della liquidazione dei crediti maturati e che questo ritardo creditizio è motivo di grande sofferenza e difficoltà per molte di queste aziende, spesso medie o piccole, che potrebbero trovarsi molto rapidamente sull’orlo del fallimento. Le banche italiane – prosegue – chiedono alle imprese la restituzione dei prestiti concessi per gli investimenti in Libia ma queste, in assenza dell’incasso dei crediti, sono impossibilitate a evadere la richiesta”.

Rosato esprime “soddisfazione” per la volontà del governo di convocare al più presto il tavolo “per recuperare i crediti o, in alternativa, ottenere una forma di garanzia bancaria pubblica su quei crediti vantati e accertati dalla controparte prima della caduta del regime di Gheddafi e non ancora incassati”.
A leggere queste notizie sembra di sognare. Non è proprio il PD il partito che più ha spinto per la partecipazione italiana alla guerra contro la Jamahirya libica, prendendo a pretesto la propaganda mediatica fabbricata da Al Jazeera e dalle veline della NATO?
Ora il partitone di via Botteghe Oscure chiede di intervenire per compensare le ovvie perdite subite dalle imprese italiane che nella Libia di Gheddafi conducevano ottimi affari, a tutto vantaggio dell’occupazione dei nostri lavoratori? Oltre 100 miliardi di euro d’affari per un totale di 130 ditte che operavano in Libia sono le cifre esatte del nostro impegno economico in quel Paese, andato quasi completamente in fumo a causa dell’aggressione atlantista dello scorso anno. Nella disfatta, accertata dallo stesso Parlamento, fa eccezione, ma solo in parte, l’ENI, la cui statura internazionale le ha permesso di recuperare qualche posizione ma che si trova ora di fronte alla concorrenza ingombrante, perché imposta manu militari, delle multinazionali francesi, anglo-americane e qatariote.
Facciamo allora noi una proposta all’On. Rosato: il PD destini i circa 20 milioni di euro sottratti dal tesoriere Lusi dai conti della Margherita alle imprese italiane che vantavano crediti nei confronti della Libia e di Gheddafi e che, grazie alla dabbenaggine e al servilismo della nostra classe politica, si ritrovano oggi con le pive nel sacco.
Un altro politico che sicuramente potrebbe contribuire è Franco Frattini, visto che in occasione degli sbarchi di immigrati sulle nostre coste durante l’aggressione della NATO alla Libia ebbe il coraggio di accusare Gheddafi di un complotto volto a destabilizzare l’Italia. Patetico tentativo di rendere giustificabili agli occhi dell’opinione pubblica i bombardamenti degli aerei che partivano dalle base militari degli Stati Uniti in Italia.
Gradiremmo allora sapere dall’ex inquilino della Farnesina se sia a conoscenza di sedute spiritiche tenutesi recentemente a Tripoli, visto che l’attuale Ministro degli Interni, Anna Cancellieri, ha appena chiesto il sostegno dell’Europa per affrontare l’ondata di sbarchi di clandestini in arrivo dalla Libia. Ma forse era vero il contrario?
Può essere che il Governo Berlusconi, grazie al Trattato di Amicizia italo-libico, avesse trovato una soluzione per frenare l’arrivo di nuovi immigrati dall’Africa, magari combattendo proprio quella mafia di Bengasi che è poi stata portata al potere dalle bombe della NATO? Ora, ci dicono, il Trattato sarà riattivato ma si crede forse di poter raggiungere gli stessi risultati di allora?
Si crede forse che i nuovi governanti di Tripoli abbiano lo stesso interesse e la stessa capacità di Gheddafi nello stabilizzare la Libia, nel combattere i traffici criminali di droga e di esseri umani, nel favorire le imprese italiane negli appalti? Forse si crede che la NATO e i suoi alleati abbiano bombardato per niente?
Se certo l’attuale crisi economica deriva da cause globali, cioè l’effetto domino provocato dal fallimento dei “titoli spazzatura” statunitensi, le guerre imposteci dall’Alleanza Atlantica contribuiscono ad aggravare la situazione economica e sociale del nostro paese. In un momento di riassetto dell’Italia come quello che stiamo attraversando non si può dimenticare la difesa dell’interesse nazionale che, così come nel caso delle sanzioni economiche alla Siria e all’Iran, non coincide mai con quello degli Stati Uniti d’America.
Una politica di servilismo non aiuterà perciò a risollevarci.

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