Pubblicato il: 22 febbraio, 2013
BREVE STORIA DEL CALCIO NELLA LIBIA DEL COLONNELLO GHEDDAFI
(parte seconda – i rapporti calcistici italo-libici)
Marco Bagozzi
Marco Bagozzi
Italia-Libia
Venezia, Palermo, Catania, Messina nel campionato libico? Se vogliamo vederla sotto un certo punto di vista, il Colonnello Gheddafi, nel periodo più cupo dell’embargo anti-libico, arriva addirittura a proporre l’adesione di queste squadre al campionato di Tripoliico…per poi ripiegare sul Lampedusa Calcio. Chiaramente si tratta di una battuta, visto che Gheddafi non si è mai riferito direttamene al calcio, ma sarebbero state delle ovvie conseguenze nel caso in cui le proverbiali provocazioni linguistiche del Colonnello si fossero realmente avverate: «il popolo di Sicilia, fratello e amico, perché arabo di origine, il quale deve far smantellare le basi americane sull’isola» o «quanti hanno evocato l’eventualità dell’annessione di Venezia alla Libia danno prova di obiettività storica» (1).
Il 2 febbraio 1980, presso lo stadio San Paolo, della piccola cittadina di Narni, provincia di Terni, si gioca la prima storica sfida tra una selezione italiana della Lega Dilettanti e la nazionale libica. Finisce 1-0 per gli azzurri, grazie alla rete di Volpini. È il primo contatto calcistico tra le due nazioni, che segna lo sdoganamento ufficiale verso l’Europa occidentale della nazionale verde.
Venezia, Palermo, Catania, Messina nel campionato libico? Se vogliamo vederla sotto un certo punto di vista, il Colonnello Gheddafi, nel periodo più cupo dell’embargo anti-libico, arriva addirittura a proporre l’adesione di queste squadre al campionato di Tripoliico…per poi ripiegare sul Lampedusa Calcio. Chiaramente si tratta di una battuta, visto che Gheddafi non si è mai riferito direttamene al calcio, ma sarebbero state delle ovvie conseguenze nel caso in cui le proverbiali provocazioni linguistiche del Colonnello si fossero realmente avverate: «il popolo di Sicilia, fratello e amico, perché arabo di origine, il quale deve far smantellare le basi americane sull’isola» o «quanti hanno evocato l’eventualità dell’annessione di Venezia alla Libia danno prova di obiettività storica» (1).
Il 2 febbraio 1980, presso lo stadio San Paolo, della piccola cittadina di Narni, provincia di Terni, si gioca la prima storica sfida tra una selezione italiana della Lega Dilettanti e la nazionale libica. Finisce 1-0 per gli azzurri, grazie alla rete di Volpini. È il primo contatto calcistico tra le due nazioni, che segna lo sdoganamento ufficiale verso l’Europa occidentale della nazionale verde.
Come vedremo, il calcio italiano rappresenterà per Gheddafi una vetrina fondamentale di soft power nei confronti di un paese che rappresenta sia l’ex colonizzatore sia un fondamentale alleato strategico della sua politica estera.
L’esordio libico nella serie A italiana è del 1989 sulle maglie dell’Atalanta visto che per 6 stagioni lo sponsor è la Tamoil, compagnia petrolifera olandese acquistata dal governo libico negli anni ottanta.
Il 29 dicembre 1995 ci pensano due squadre italiane a rompere l’isolamento del paese nord-africano. La Lazio di Zdeněk Zeman e l’Inter di Roy Hodgson sono invitate a prendere parte al torneo triangolare “Città di Tripoli”. La terza squadra schierata è una selezione della capitale libica, composta da giocatori dell’Al Ittihad e dell’Al Ahli. Saranno 60000 gli spettatori all’11 Luglio, che hanno sborsato 5 dinari libici per pagare il biglietto con l’incasso devoluto alla costruzione di una casa di cura per tossicodipendenti.
La prima sfida, tra Lazio e Tripoli si chiude per 4-2, grazie alle reti di Favalli, Boksic, Fathial Tomi, Aden Bezan, Signori e Iannuzzi. Grazie alle reti di Berti e Fresi l’Inter chiude in vantaggio la seconda partita contro i padroni di casa. Sfida decisiva nel derby italiano, con i capitolini che vincono ai rigori dopo l’1-1 del tempo regolamentare (nei triangolari si gioca un solo tempo da 45 minuti), in seguito alle reti di Branca ed Esposito (2).
Successivamente la Libyan Arab Foreign Investment (la LAFICO) entrò nel capitale sociale della Juventus, con una quota iniziale del 5,31% per passare al 7,5% nel corso degli anni.
Per un breve periodo, dall’inizio della stagione 2002-03, il fondo di investimento possedette anche il 33% della Triestina: «Trieste mi ricorda Tripoli» dichiarò Al Saadi Gheddafi, il tessitore delle trame tra calcio libico e calcio italiano (3).
Al Saadi Gheddafi: tiranno o mecenate?
Al Saadi Gheddafi è il terzogenito della Guida della Rivoluzione libica. Personaggio certamente eccentrico, va detto che il padre non l’hai mai considerato come l’erede ideale. Considerando le carriere e i ruoli occupati degli altri figli di Gheddafi quella di Al Saadi assieme a quella di Muhammad, il primogenito (anch’esso inserito nella gestione dello sport come Presidente del Comitato Olimpico), e Hannibal, il quartogenito, è certamente la meno “brillante”: Saif Al Islam, l’erede designato ha gestito le telecomunicazioni del governo libico ed è stato una sorta di ideologo dell’apertura democratica della Jamāhīriyya; Mutassim è stato ufficiale dell’Esercito libico e Responsabile della sicurezza del paese; Saif Al Arab è stato nominato dal padre a capo delle truppe che difendevano Tripoli durante la guerra civile; Khamis, il figlio più giovane, comandante della 32ªBrigata, è considerato ancora oggi alla guida della resistenza al governo ribelle. Non è un caso che questi quattro figli sono quelli che hanno accompagnato il padre nelle tragiche giornate della Guerra civile: due di loro sono rimasti uccisi (Mutassim e Saif Al Arab), Saif Al Islam è attualmente detenuto in attesa di processo (o presunto tale..) e Khamis è ancora alla guida delle forze lealiste.
Conosciamo inoltre il postulato del “figlio di”, ma se pensiamo che al figlio di Mario Monti è permessa una “carriera lampo” (grazie agli aiuti degli “amici di papà”), al figlio di George Bush, tra una sbronza e l’altra, è stato permesso di diventare niente popò di meno che il presidente degli Stati Uniti, o che agli infiniti eredi della “casta” Kennedy è permesso di ricoprire per grazia ricevuta (e grazie all’eredità miliardaria del capostipite) qualsiasi ruolo disponibile nella politica americana, possiamo concedere ai figli di Gheddafi qualche ruolo operativo nello sport, per i meno “capaci” e di combattere coraggiosamente al fianco del padre per i più “risoluti”.
Al Saadi è stato da più parti considerato come il padre-padrone del calcio libico: grande appassionato di questo sport infatti è nominato dal padre presidente della Federazione calcistica libica e milita per tre stagioni nella Prima divisione, prima con l’Al-Ali e successivamente con Al-Ittihad, prima di tentare la fortuna nel calcio italiano, come vedremo. Molto si è parlato sulle reali capacità sportive del giovane Gheddafi e per quanto abbiamo letto è difficile darne un giudizio esaustivo, al di là di gossip, delle storie folkloristiche e delle notizie faziose. Anzi, giudicandolo dall’unica rete che siamo riusciti a recuperare si presenta come un discreto calciatore di punizioni (4). Dovessimo però basarci sui freddi numeri, notiamo come nella sua migliore stagione, quella 2001-2002, conclusasi con la vittoria del campionato libico, con l’Al-Ittihad, il “rampollo” ha messo a segno 19 reti, primato solamente pareggiato in tre occasioni nel passato (Idris Mikraaz dell’Al-Ahli di Tripoli nel 1993-94, Mustafa Belhaaj dell’Al-Medina bek 1975-76 e Ahmed Ben Sawed dell’Al-Alhi Bengasi nel 1963-64). Certo, qualcuno obietterà che è stato favorito da arbitraggi compiacenti e ben disposti. Certamente, possibile, nessuno lo nega. Ma allora perché negli anni precedenti e in quelli successivi questa compiacenza è venuta meno? Le ricostruzioni, sia favorevoli sia contrarie, non aiutano a sbrogliare la matassa.
In nazionale, invece, ha giocato solamente 18 partite, segnando 2 reti, in circa 6 anni: più o meno 3 partite all’anno. Al di là delle capacità tecniche e degli effettivi meriti, non propriamente un “giocattolo” personale.
Ci sono però dei meriti che non possono essere dimenticati: è stato il protagonista principale della restaurazione del calcio libico, sostanzialmente bloccato come risultati e organizzazione dalla fine degli anni ’80. Attraverso l’attenzione di Al Saadi sono giunti in Libia giocatori di prestigio (tra i quali Patrick Mboma e Victor Ikpeba) e tecnici stranieri che hanno contribuito a far crescere la nazionale, da Franco Scoglio ad Eugenio Bersellini, da Ilija Lončarević a Ion Moldovan, da Carlos Biliardo a Danny McLennan. Inoltre ha portato in Libia numerosi eventi, come ad esempio la Supercoppa italiana del 2002 tra Juventus e Parma, vinta per 2-1 dai bianconeri o l’amichevole contro l’Argentina del 30 aprile 2003 (Libia – Argentina 1-3, Saviola, Taib, Riquelme, Aimar)
Mentre era presidente della Federcalcio la nazionale ha centrato inoltre due risultati importanti: un secondo (2007) e un terzo posto (1999) nei Giochi Pan-Arabi. Nel 1999 sulla panchina libica siede Eugenio Bersellini, che definisce il risultato «un’impresa». «Abbiamo perso la semifinale perchè ormai erano appagati. Ma che festa al ritorno: 3000 persone ad accoglierci e la premiazione con il Colonnello» (5) ricorda il tecnico parmigiano.
Nel 2007 invece l’Al Ittihad, squadra che nel frattempo è stata acquisita dalla famiglia Gheddafi, arriverà addirittura alla finale della CAF Champions League, superata solo dagli egiziani dell’Al Alhi. Tra i protagonisti di quella storica cavalcata c’è Salem Rewani, attaccante classe 77, protagonista assoluto degli anni 2000 del calcio nord-africano e autore di una straordinaria rete nella manifestazione contro la squadra Mogas 90 del Benin, con un pallonetto da circa 75 metri (6).
Come abbiamo già accennato Al Saadi cercò l’avventura nel calcio italiano, dopo aver cercato l’ingaggio con i campioni maltesi del Birkirkara FC. E qui possiamo certificarlo certamente nella categoria dei cosiddetti “bidoni”. D’altronde lo stesso Bersellini attesa che l’Ingegnere «starebbe bene nella nostra serie B», certamente invece fuori luogo nella nostra serie A.
Gioca pochi minuti in sole due presenze tra Perugia e Udinese e chiude l’esperienza senza presenze con la Sampdoria. Nel mezzo anche una squalifica di tre mesi per doping.
Al Saadi Gheddafi è il terzogenito della Guida della Rivoluzione libica. Personaggio certamente eccentrico, va detto che il padre non l’hai mai considerato come l’erede ideale. Considerando le carriere e i ruoli occupati degli altri figli di Gheddafi quella di Al Saadi assieme a quella di Muhammad, il primogenito (anch’esso inserito nella gestione dello sport come Presidente del Comitato Olimpico), e Hannibal, il quartogenito, è certamente la meno “brillante”: Saif Al Islam, l’erede designato ha gestito le telecomunicazioni del governo libico ed è stato una sorta di ideologo dell’apertura democratica della Jamāhīriyya; Mutassim è stato ufficiale dell’Esercito libico e Responsabile della sicurezza del paese; Saif Al Arab è stato nominato dal padre a capo delle truppe che difendevano Tripoli durante la guerra civile; Khamis, il figlio più giovane, comandante della 32ªBrigata, è considerato ancora oggi alla guida della resistenza al governo ribelle. Non è un caso che questi quattro figli sono quelli che hanno accompagnato il padre nelle tragiche giornate della Guerra civile: due di loro sono rimasti uccisi (Mutassim e Saif Al Arab), Saif Al Islam è attualmente detenuto in attesa di processo (o presunto tale..) e Khamis è ancora alla guida delle forze lealiste.
Conosciamo inoltre il postulato del “figlio di”, ma se pensiamo che al figlio di Mario Monti è permessa una “carriera lampo” (grazie agli aiuti degli “amici di papà”), al figlio di George Bush, tra una sbronza e l’altra, è stato permesso di diventare niente popò di meno che il presidente degli Stati Uniti, o che agli infiniti eredi della “casta” Kennedy è permesso di ricoprire per grazia ricevuta (e grazie all’eredità miliardaria del capostipite) qualsiasi ruolo disponibile nella politica americana, possiamo concedere ai figli di Gheddafi qualche ruolo operativo nello sport, per i meno “capaci” e di combattere coraggiosamente al fianco del padre per i più “risoluti”.
Al Saadi è stato da più parti considerato come il padre-padrone del calcio libico: grande appassionato di questo sport infatti è nominato dal padre presidente della Federazione calcistica libica e milita per tre stagioni nella Prima divisione, prima con l’Al-Ali e successivamente con Al-Ittihad, prima di tentare la fortuna nel calcio italiano, come vedremo. Molto si è parlato sulle reali capacità sportive del giovane Gheddafi e per quanto abbiamo letto è difficile darne un giudizio esaustivo, al di là di gossip, delle storie folkloristiche e delle notizie faziose. Anzi, giudicandolo dall’unica rete che siamo riusciti a recuperare si presenta come un discreto calciatore di punizioni (4). Dovessimo però basarci sui freddi numeri, notiamo come nella sua migliore stagione, quella 2001-2002, conclusasi con la vittoria del campionato libico, con l’Al-Ittihad, il “rampollo” ha messo a segno 19 reti, primato solamente pareggiato in tre occasioni nel passato (Idris Mikraaz dell’Al-Ahli di Tripoli nel 1993-94, Mustafa Belhaaj dell’Al-Medina bek 1975-76 e Ahmed Ben Sawed dell’Al-Alhi Bengasi nel 1963-64). Certo, qualcuno obietterà che è stato favorito da arbitraggi compiacenti e ben disposti. Certamente, possibile, nessuno lo nega. Ma allora perché negli anni precedenti e in quelli successivi questa compiacenza è venuta meno? Le ricostruzioni, sia favorevoli sia contrarie, non aiutano a sbrogliare la matassa.
In nazionale, invece, ha giocato solamente 18 partite, segnando 2 reti, in circa 6 anni: più o meno 3 partite all’anno. Al di là delle capacità tecniche e degli effettivi meriti, non propriamente un “giocattolo” personale.
Ci sono però dei meriti che non possono essere dimenticati: è stato il protagonista principale della restaurazione del calcio libico, sostanzialmente bloccato come risultati e organizzazione dalla fine degli anni ’80. Attraverso l’attenzione di Al Saadi sono giunti in Libia giocatori di prestigio (tra i quali Patrick Mboma e Victor Ikpeba) e tecnici stranieri che hanno contribuito a far crescere la nazionale, da Franco Scoglio ad Eugenio Bersellini, da Ilija Lončarević a Ion Moldovan, da Carlos Biliardo a Danny McLennan. Inoltre ha portato in Libia numerosi eventi, come ad esempio la Supercoppa italiana del 2002 tra Juventus e Parma, vinta per 2-1 dai bianconeri o l’amichevole contro l’Argentina del 30 aprile 2003 (Libia – Argentina 1-3, Saviola, Taib, Riquelme, Aimar)
Mentre era presidente della Federcalcio la nazionale ha centrato inoltre due risultati importanti: un secondo (2007) e un terzo posto (1999) nei Giochi Pan-Arabi. Nel 1999 sulla panchina libica siede Eugenio Bersellini, che definisce il risultato «un’impresa». «Abbiamo perso la semifinale perchè ormai erano appagati. Ma che festa al ritorno: 3000 persone ad accoglierci e la premiazione con il Colonnello» (5) ricorda il tecnico parmigiano.
Nel 2007 invece l’Al Ittihad, squadra che nel frattempo è stata acquisita dalla famiglia Gheddafi, arriverà addirittura alla finale della CAF Champions League, superata solo dagli egiziani dell’Al Alhi. Tra i protagonisti di quella storica cavalcata c’è Salem Rewani, attaccante classe 77, protagonista assoluto degli anni 2000 del calcio nord-africano e autore di una straordinaria rete nella manifestazione contro la squadra Mogas 90 del Benin, con un pallonetto da circa 75 metri (6).
Come abbiamo già accennato Al Saadi cercò l’avventura nel calcio italiano, dopo aver cercato l’ingaggio con i campioni maltesi del Birkirkara FC. E qui possiamo certificarlo certamente nella categoria dei cosiddetti “bidoni”. D’altronde lo stesso Bersellini attesa che l’Ingegnere «starebbe bene nella nostra serie B», certamente invece fuori luogo nella nostra serie A.
Gioca pochi minuti in sole due presenze tra Perugia e Udinese e chiude l’esperienza senza presenze con la Sampdoria. Nel mezzo anche una squalifica di tre mesi per doping.
Jehad Muntasser, il libico che giocò in ItaliaDecisamente più valida è stata la carriere del primo libico impegnato nei nostri campionati: Jehad Abdussalam Muntasser. Nato a Tripoli il 26 luglio 1978, Muntasser giunge da giovanissimo in Italia e a 11 anni gioca nelle giovanili dell’Atalanta, dove viene allenato anche da mister Giovanni Valvassori. Si trasferisce quindi nella Pro Sesto prima di trovare spazio in una delle migliori formazioni inglesi, l’Arsenal, con la quale colleziona solo una presenza in Coppa di Lega. Gioca con più continuità nelle formazioni giovanili e riserve. Passa successivamente al Bristol City, prima di tornare in Italia, a 21 anni, nell’Empoli.
Inizia la sua vera carriera professionistica in Serie C, nell’anno 1999-2000 con la Viterbese, dove gioca 10 partite e conquista una semifinale di playoff. Nei Giochi Panarabi del 1999, di cui abbiamo già parlato sopra, entra nella nazionale libica. Nella manifestazione segna 2 reti, contro Siria ed Emirati Arabi.
Entra poi nella storia del calcio mondiale, con un record del tutto particolare, segnando la prima rete del nuovo secolo: in un torneo amichevole (il torneo del Grande Fiume Artificiale), organizzato a Tripoli, il 31 dicembre, alle ore 23.00, è iniziata la gara finale tra Libia e Ghana. Passata da appena 25 minuti la mezzanotte è stato proprio Muntasser ad infilzare il portiere ghanese e a portare la sua squadra alla vittoria finale.
Passa successivamente al Catania, squadra controllata da Luciano Gaucci, il presidente che porterà Al Saadi in Italia. Colleziona 16 presenze con una rete e anche in questo caso manca la promozione in B perdendo la finale di playoff. L’anno successivo trova un ingaggio ne L’Aquila, con la quale gioca 12 partite, nelle quali desta un’ottima impressione tanto da guadagnarsi una chiamata dalla serie B: firma infatti per la neopromossa Triestina. Con la squadra giuliana gioca probabilmente le due migliori stagioni della carriera italiana, sfiorando la promozione in serie A il primo anno (con la Triestina campione d’inverno e risultato finale al quinto posto, dopo una serie di “strane manovre” societarie e arbitrali). Il libico entra a meraviglia nello schema di mister Ezio Rossi, un collaudato e spettacolare 4-3-3, e può giostrare su entrambe le fasce e, nel caso di bisogno, anche da trequartista puro. Segna 2 reti contro la Salernitana (finale 2-2) e una nel big match del 6 gennaio contro il Siena, pareggiando l’iniziale vantaggio senese, prima della rete della vittoria alabardata di Dino Fava. L’anno successivo colleziona 24 presenze anche se soffre di qualche problemino fisico.
A Trieste è ancora ricordato con grande affezione, per la signorilità e l’umiltà del ragazzo, e il coro con il quale veniva esaltato dalla Curva Furlan (“Mu Mu Muntasser!”) e ancora tra i più amati dai tifosi triestini.
Nel 2004-05 trova viene acquisito dal Perugia, sempre di Gaucci, con il quale centra un quarto posto in serie B e subisce la sconfitta ai play off, ad opera del Torino (15 presenze nella stagione). Arriva quindi la chiamata in Seria A, richiamato da Ezio Rossi, allenatore del Treviso. Con la squadra veneta le soddisfazioni sono poche, anche a causa della scellerata gestione societaria, e a fine stagione l’ultimo posto in classifica certifica la retrocessione. Per Muntasser sono solo 4 le presenze nella massima serie, anche a causa dell’esonero di Rossi. L’anno successivo gioca altre 9 presenze a Treviso, in serie B.
Passa quindi in Qatar, nell’Al Wakra, e successivamente ritorna in patria nell’Al Ittihad.
Attualmente è consulente di mercato dell’Al Alhi di Dubai, squadra con la quale ha contrattualizzato Fabio Cannavaro, ex pallone d’oro.
Con la selezione libica ha giocato 34 partite segnando 8 reti.
Mentre nel suo paese esplodeva la guerra civile che ha portato alla caduta del governo della Jamāhīriyya, Muntasser, considerato molto vicino alla famiglia Gheddafi, si esprimeva con questi toni sulla questione, con una dichiarazione di circostanza senza esprimere particolari partigianerie nei confronti dei ribelli: «In Libia stiamo vivendo momenti drammatici. Molti sanno che io e Saadi Gheddafi, che non sento più da molto tempo, abbiamo giocato insieme nella nazionale libica ma la nostra amicizia era unicamente legata alla passione per il calcio. Io sono sempre e totalmente a favore della gente che lotta per la libertà di espressione e per una vita più dignitosa. Ho molti famigliari a Tripoli e spero che la violenza finisca subito. Sono convinto che la Libia diventerà un paese democratico e pacifico e che sarà destinazione turistica per molti italiani» (7).
Inizia la sua vera carriera professionistica in Serie C, nell’anno 1999-2000 con la Viterbese, dove gioca 10 partite e conquista una semifinale di playoff. Nei Giochi Panarabi del 1999, di cui abbiamo già parlato sopra, entra nella nazionale libica. Nella manifestazione segna 2 reti, contro Siria ed Emirati Arabi.
Entra poi nella storia del calcio mondiale, con un record del tutto particolare, segnando la prima rete del nuovo secolo: in un torneo amichevole (il torneo del Grande Fiume Artificiale), organizzato a Tripoli, il 31 dicembre, alle ore 23.00, è iniziata la gara finale tra Libia e Ghana. Passata da appena 25 minuti la mezzanotte è stato proprio Muntasser ad infilzare il portiere ghanese e a portare la sua squadra alla vittoria finale.
Passa successivamente al Catania, squadra controllata da Luciano Gaucci, il presidente che porterà Al Saadi in Italia. Colleziona 16 presenze con una rete e anche in questo caso manca la promozione in B perdendo la finale di playoff. L’anno successivo trova un ingaggio ne L’Aquila, con la quale gioca 12 partite, nelle quali desta un’ottima impressione tanto da guadagnarsi una chiamata dalla serie B: firma infatti per la neopromossa Triestina. Con la squadra giuliana gioca probabilmente le due migliori stagioni della carriera italiana, sfiorando la promozione in serie A il primo anno (con la Triestina campione d’inverno e risultato finale al quinto posto, dopo una serie di “strane manovre” societarie e arbitrali). Il libico entra a meraviglia nello schema di mister Ezio Rossi, un collaudato e spettacolare 4-3-3, e può giostrare su entrambe le fasce e, nel caso di bisogno, anche da trequartista puro. Segna 2 reti contro la Salernitana (finale 2-2) e una nel big match del 6 gennaio contro il Siena, pareggiando l’iniziale vantaggio senese, prima della rete della vittoria alabardata di Dino Fava. L’anno successivo colleziona 24 presenze anche se soffre di qualche problemino fisico.
A Trieste è ancora ricordato con grande affezione, per la signorilità e l’umiltà del ragazzo, e il coro con il quale veniva esaltato dalla Curva Furlan (“Mu Mu Muntasser!”) e ancora tra i più amati dai tifosi triestini.
Nel 2004-05 trova viene acquisito dal Perugia, sempre di Gaucci, con il quale centra un quarto posto in serie B e subisce la sconfitta ai play off, ad opera del Torino (15 presenze nella stagione). Arriva quindi la chiamata in Seria A, richiamato da Ezio Rossi, allenatore del Treviso. Con la squadra veneta le soddisfazioni sono poche, anche a causa della scellerata gestione societaria, e a fine stagione l’ultimo posto in classifica certifica la retrocessione. Per Muntasser sono solo 4 le presenze nella massima serie, anche a causa dell’esonero di Rossi. L’anno successivo gioca altre 9 presenze a Treviso, in serie B.
Passa quindi in Qatar, nell’Al Wakra, e successivamente ritorna in patria nell’Al Ittihad.
Attualmente è consulente di mercato dell’Al Alhi di Dubai, squadra con la quale ha contrattualizzato Fabio Cannavaro, ex pallone d’oro.
Con la selezione libica ha giocato 34 partite segnando 8 reti.
Mentre nel suo paese esplodeva la guerra civile che ha portato alla caduta del governo della Jamāhīriyya, Muntasser, considerato molto vicino alla famiglia Gheddafi, si esprimeva con questi toni sulla questione, con una dichiarazione di circostanza senza esprimere particolari partigianerie nei confronti dei ribelli: «In Libia stiamo vivendo momenti drammatici. Molti sanno che io e Saadi Gheddafi, che non sento più da molto tempo, abbiamo giocato insieme nella nazionale libica ma la nostra amicizia era unicamente legata alla passione per il calcio. Io sono sempre e totalmente a favore della gente che lotta per la libertà di espressione e per una vita più dignitosa. Ho molti famigliari a Tripoli e spero che la violenza finisca subito. Sono convinto che la Libia diventerà un paese democratico e pacifico e che sarà destinazione turistica per molti italiani» (7).
(1) Citati in Angelo Del Boca, Gheddafi. Una sfida dal deserto, Editori Laterza, 2010, pag. 162 e pag. 229. La seconda è una dichiarazione dell’agenzia di stampa JANA.
(2) Laziowiki
(3) Maurizio Cattaruzza, La Triestina. Storie di piccoli tormenti e grandi estasi, Edizioni biblioteca dell’immagine, 2003, Pordenone, pagg. 128-135
(4)هدف لاعب الاهلى الساعدى القذافى فى الاتحاد 2000/ 2001
(5) Ho lasciato in panchina anche Gheddafi, in Libero quotidiano del 22 aprile 2001
(6) YouTube
(7) Riccardo Tosques, La coppia Muntasser-Cannavaro spopola negli Emirati Arabi, Il Piccolo, 18 marzo 2011
(2) Laziowiki
(3) Maurizio Cattaruzza, La Triestina. Storie di piccoli tormenti e grandi estasi, Edizioni biblioteca dell’immagine, 2003, Pordenone, pagg. 128-135
(4)هدف لاعب الاهلى الساعدى القذافى فى الاتحاد 2000/ 2001
(5) Ho lasciato in panchina anche Gheddafi, in Libero quotidiano del 22 aprile 2001
(6) YouTube
(7) Riccardo Tosques, La coppia Muntasser-Cannavaro spopola negli Emirati Arabi, Il Piccolo, 18 marzo 2011
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