Se prima i traffici illeciti venivano smistati in Europa da grandi
navi, spesso di proprietà siriana, ora ci si trova di fronte a piccoli
carichi che vengono trasferiti dalle coste libiche a quelle europee
tramite vascelli da pesca italiani o maltesi, che poi lasciano le loro
royalties nelle banche de La Valletta
Fin dall’inizio delle ostilità contro
Gheddafi, da Malta sono partite operazioni soprattutto
dei servizi francesi per inviare armi, informazioni, istruttori diretti
verso le forze “ribelli” della Cirenaica che combattevano il Rais. I
francesi sono arrivati davanti alle coste di Bengasi con due sottomarini
nucleari e la Brigade Action dei servizi, mentre i legami erano già
stati stabiliti all’estero, e talvolta poco fuori Roma. Anche con
l’aiuto degli Usa. Chi vi scrive ha visto anche i primi documentari
interni delle forze ribelli anti-gheddafiane, addestrate con materiali e
mezzi che, di solito, erano a disposizione dei migliori gruppi di fuoco
dei servizi occidentali. Ed era incredibile come fossero così capaci, i
“ribelli” libici, di manovrare armi delicatissime e molto raffinate.
Gli agenti francesi usavano anche dei voli “coperti” per monitorare gli
arrivi e le distribuzioni degli armamenti, per evitare soprattutto che
arrivassero alle persone sbagliate.
Gli agenti francesi, fin dai primi attacchi a Tripoli, avevano inoltre
fornito ai loro “ribelli” ben 9,1 miliardi di Usd di armi, e poi avevano
continuato a fornire altre armi ai loro campioni locali, per cifre
notevoli e utilizzando sempre Malta come base. Il canale preferito degli
uomini di Parigi era il generale
Abdel al fattah Yunis, che era stato il capo
dell’Esercito nazionale di Liberazione Libico, una forza della Cirenaica
forte di circa 13mila uomini. Originatasi da una ribellione tribale
all’interno dell’esercito gheddafiano.
Yunis al Obeidi era però stato assassinato il 28
luglio 2011 vicino a Bengasi. Probabilmente da elementi, come si disse
allora, jihadisti, già penetrati negli eserciti filo-occidentali dei
“ribelli”, terminologia sessantottina e stupida che rivela subito quale
sia la cultura operativa e di servizio dei politici occidentali.
Secondo, però, i dati di Wikileaks, gli Usa poi sapevano che Yunis era
un contatto segretissimo con
Saif-Al Islam el Gheddafi, mentre era certo molto
probabile che i 9 miliardi di Usd per gli armamenti francesi, venduti a
Malta, arrivassero proprio dai conti congelati di Gheddafi nelle banche
belghe, conti non ancora del tutto ben analizzati, nemmeno oggi.
Da un lato, Parigi aveva il timore che, conquistate le coste da parte
del jihad dopo la caduta di Gheddafi, i vari “rivoluzionari” libici
potessero mettere in atto, direttamente in Francia, una serie di azioni
terroristiche, ma allora perché favorire la rivolta anti-gheddafiana?
Non lo sapremo mai. Come diceva
Ennio Flaiano, anche la stupidità ha i suoi misteri e
le sue insondabili profondità. Dall’altro lato, i francesi controllavano
pesantemente le reti dei migranti, già attive allora, infine
selezionavano le loro forze di riferimento per evitare soprattutto
l’egemonia Usa nella lotta anti-gheddafiana. Ma il tutto partiva sempre
da Malta, che fungeva sempre da base di appoggio e area di controllo
remoto. Informativo e economico. Infatti, il Gna, il governo di accordo
Nazionale di
Al Serraj, concedeva segretamente ai francesi, fin dal
suo stabilirsi, il 35% del petrolio libico, per ringraziarli del loro
sostegno alla lotta di “liberazione”, un 35% che si univa al già
utilizzato 15% di petrolio elaborato regolarmente dalla Total, ben più
legata ai servizi francesi di quanto non lo sia l’Eni a quelli italiani.
La Francia sostiene ufficialmente il Cnt (ma anche gli uomini di
Khalifa Haftar in Cirenaica) e, infatti, ritiene che
la questione dei migranti, dato che anche quella si svolge,
finanziariamente, a Malta, debba essere centrale per l’economia futura
della Libia: Parigi pensa infatti che la questione debba essere risolta
solo sul posto, in Libia. Ovvero, che i rifugiati presenti sul
territorio libico, e passati magari dalle aree controllate dalle forze
armate francesi ad Agadez e altrove tra Chad, Niger e Mali, possono
essere suddivisi come capita ancora oggi: 696mila migranti, dal 2011,
sono fuggiti verso i Paesi limitrofi, ovvero Tunisia, Egitto, Niger,
Chad, Algeria e Sudan, mentre altri 30mila se ne sono andati, via mare,
verso l’Italia o verso Malta. La migrazione che si risolve da sola, e in
danno dell’Italia, è questa l’idea strategica di Parigi. E tanti altri
migranti ci sono andati, in Italia, per altre vie. Spesso non certo
ignote a molti dei nostri alleati storici in Europa.
Gli inglesi, gli altri attori del conflitto anti-gheddafiano a parte i
francesi, elaborarono, sempre a partire da Malta e con una serie di basi
avanzate sulle coste, un nucleo di azioni militari tra Zilla e altrove
nel resto del sud della Libia, per raccogliere ed espatriare soprattutto
alcuni lavoratori del petrolio non britannici, nucleo immaginario di
qualche gruppo di fuoco attivo nella “rivoluzione” anti-gheddafiana. Il
ponte aereo, utile a 150 operatori stranieri operanti nel deserto
libico, fu sempre basato, guarda caso, a Malta. E ancora prosegue il
contrabbando libico dei petroli dalle coste della Tripolitania e della
Sirte verso molti piccoli porti della Repubblica Maltese, un traffico
che, coperto dalla mafia siciliana e da alcuni uomini politici del
sistema parlamentare maltese, ha permesso guadagni annuali di oltre 82
milioni di euro. Era proprio questo ciò di cui si occupava la reporter
Daphne Caruana prima di essere uccisa con una bomba
dentro la sua automobile, una tecnica ben nota alla mafia siciliana. Il
petrolio dovrebbe provenire, con il sostegno soprattutto della milizia
libica di
Ben Khalifa, dal porto di Zuwara, ma il petrolio che
viene mascherato in navi adatte alla pesca e poi inviato, con un
passaggio tra nave e nave, al largo di Malta, poi arriva ai porti
controllati dalla stessa ditta maltese e viene distribuito in tutta
Europa in modo tradizionale. I pescatori maltesi di Marsaxlokk hanno
spesso notato come lo scambio dei carichi petroliferi tra nave e nave
non sia mai stato interrotto dalle autorità di polizia marittima
maltesi, mentre i certificati (falsi) detenuti dai trafficanti di
petrolio parlano di prodotti che hanno origine “in Arabia Saudita”. La
polizia italiana, peraltro, ha ben fondati motivi per ritenere che i
certificati falsi siano stati regolarizzati da un notaio maltese e che
siano stati siglati anche da un dirigente del ministero degli Esteri de
La Valletta. Il tutto a favore di elementi di note famiglie mafiose del
catanese.
Il contrabbando di petroli costa alla Libia intera almeno 750 milioni
di Usd l’anno, secondo gli esperti assicurativi locali, il che vale per
la manomissione commerciale del 35%-40% del petrolio libico estratto
ogni anno. Altro tema da studiare bene, nella prossima conferenza sulla
Libia. Gli inquirenti, italiani e non, affermano poi che i
contrabbandieri maltesi, in unione con molti capibanda libici, inventano
sempre nuove vie di traffico e sempre nuove tecniche per mascherare i
loro commerci, con una linea che, oggi, preferisce le direzioni verso i
piccoli porti spagnoli meridionali per poi dirigersi verso Cipro. Gli
inizi datano allo spaccio di hashish che, fino al 2011, partivano
soprattutto dalle coste marocchine, con piccole navi (come oggi per il
traffico di migranti) e arrivavano direttamente sulle coste meridionali o
orientali-meridionali della Spagna. Dopo la famosa “rivoluzione” contro
Gheddafi, tutte le banche dell’hashish partono oggi da Tobruk, dove le
grandi pile di “fumo” sono stoccate e protette dai miliziani locali. La
mafia siciliana, poi, distribuisce questi carichi in Italia e nel resto
dell’Europa continentale.
Ma, oggi, c’è ancora una novità: se prima le droghe venivano portate in
Europa da grandi navi, spesso di proprietà siriana, ora i piccoli
carichi di droga vengono trasferiti dalle coste libiche a quelle europee
da vascelli da pesca italiani o maltesi, che poi lasciano le loro
royalties nelle banche de La Valletta. Sempre lo stesso meccanismo:
l’hashish viene trasferito, in alto mare, dalle navi più piccole a
quelle più grandi. Lo stesso accade con il traffico illegale di
sigarette, vecchio business mafioso, ma sempre fonte di ottimi guadagni.
In questo caso, il terzo porto che viene messo in azione dai
contrabbandieri è sempre quello di Bar, in Montenegro. Che fu l’area in
cui fu nascosto
Slobodan Milosevic, mentre tutti lo cercavano altrove, ma che la Nato sapeva bene dove fosse.
Prima il contrabbando, permesso in qualche modo da Gheddafi ai suoi più
fidati amici, era legato soprattutto ai beni leciti, ma rari sul
mercato libico mentre, dopo il 2011, il contrabbando è passato da quello
dei beni unicamente non disponibili sul mercato libico a quello dei
beni evidentemente illeciti (armi, droghe) e dei migranti. L’economia
libica è però ancora una economia di guerra, dove l’azione predatoria e
violenta è predominante su tutte le altre. Ma è soprattutto il traffico
di migranti che è ancora essenziale per l’economia interna della Libia,
in qualunque area ci possiamo muovere. Le fazioni libiche hanno raccolto
infatti quasi un miliardo di Usd dal contrabbando di migranti, nel
2017, mentre nell’anno in corso siamo già, utilizzando altre linee di
raccolta e altre tecniche di invio, a 985.0000 dollari di guadagno
netto. Il petrolio, secondo gli stessi uffici libici, è commerciato
illegalmente per il 30% per quel che riguarda il petrolio da
autotrazione, con ben 105 distributori fantasma, mentre quello per altre
tipologie di consumo viene commerciato illegalmente via Darfur o Sud
Sudan, verso il mercato ricco e non coperto dai grandi distributori, del
sub-sahara. Il diesel viene di solito rubato in mare, per poi essere
venduto, da elementi in contatto con le stesse bande libiche, ai
distributori italiani e del resto d’Europa.
Il 18% dei proventi dei petroli libici viene quindi lasciato nei
meandri del contrabbando, ogni anno. Per quel che riguarda la droga, la
Libia, dopo il 2011, è diventato un punto di transito, ma anche di
consumo (come accade oggi anche in Afghanistan) soprattutto per quel che
riguarda l’eroina e la cocaina, mentre ci sono segni che si stia
diffondendo il mercato interno per le metanfetamine che, peraltro, sono
ampiamente commerciate anche verso l’Italia e i porti spagnoli.
Peraltro, i dirigenti della banca di Libia nel Parlamento di Tobruk,
hanno accusato ben 24 società straniere e 44 libiche di partecipazione
ad un traffico di valuta che va dalle aree di raccolta della liquidità
in Libia verso le banche maltesi e, talvolta, di Cipro e spagnole. Ecco,
quindi, il nesso tra le economie illegali della Ue e quelle criminali
della Libia, divisa in fazioni che si combattono soprattutto sul piano
militare ma, soprattutto, economico, mentre lo Stato sparisce o è diviso
in due.
Nessun commento:
Posta un commento