Su di lui pende un mandato di arresto internazionale per «crimini contro l’umanità» ma intercetta simpatie e voti. E molti pensano che è meglio averlo come alleato che come nemico
4 novembre 2018.
Certamente non sarà al summit di Palermo sulla Libia tra una settimana.
Ed è quasi assodato che non verrà neppure menzionato nelle sessioni
ufficiali. Di Saif al Islam Gheddafi al momento si sa poco. Il suo
nascondiglio resta segreto: è in Libia? Il suo avvocato, Khaled Zaidi,
scrive sui social che non intende affatto lasciare il Paese, nonostante i
russi gli abbiano offerto asilo politico. Forse è a Bani Walid o
Tarhouna, le città roccaforti dei fedelissimi di suo padre, oppure dagli
zii ad Al Beida? A Tripoli gira voce sia stato visto a Tunisi, però
anche ad Algeri e al Cairo tra i circoli di fuoriusciti libici dopo il
collasso della Jamahiriya sconfitta dalla rivolta assistita dalla Nato
nel 2011. La madre Safia, la sorella Aisha e il fratellastro maggiore
Mohammed sono nell’Oman. Non è neppure da escludere che lui sia rimasto
sotto la protezione delle milizie di Zintan, le stesse che lo
catturarono sette anni fa e lo liberarono nel 2016, nonostante la
condanna a morte promulgata dal tribunale di Tripoli. Dalla parte di
Zintan stanno buona parte dei parlamentari di Tobruk, che lo hanno
amnistiato, e Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica.
Il calcolo è evidente: Saif può intercettare simpatie e voti. Meglio alleato che nemico.
Ciò a sottolineare che il figlio più politico del Colonnello linciato a
Sirte si dimostra una delle figure rilevanti della politica libica. Ma
la strada resta in salita. Il suo nome è stato pronunciato da Fatou
Bensouda, la procuratrice capo di origine gambiana della Corte Penale
Internazionale dell’Aja, che ha reiterato il mandato di arresto nei suoi
confronti per «crimini contro l’umanità», promulgato poco prima della
morte di Gheddafi. Una spada di Damocle che condiziona la sua eventuale
candidatura alle elezioni nazionali. E i nemici non gli mancano. Primi
tra tutti le milizie di Misurata e il governo francese, che teme la
determinazione di Saif a denunciare con prove alla mano gli interessi
personali di Sarkozy, il quale sarebbe stato il massimo fautore
dell’eliminazione di suo padre per cancellare le prove degli aiuti
finanziari illegali ricevuti in segretezza.
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