3/11/2018
Siamo stati deliberatamente “bombardati” da nubifragi devastanti,
scatenati da perturbazioni artificiali? «Il prossimo che riparla di scie
chimiche andrà sottoposto a un Tso», disse a mo’ di battuta Matteo
Renzi, scoraggiando ulteriori interrogazioni parlamentari, sul fenomeno,
da parte di esponenti del Pd. Oggi però, con il Nord-Est raso al suolo
da eventi mai visti a memoria d’uomo, c’è chi torna sul tema in modo più
che esplicito: «Bombardamento climatico sull’Italia, un avvertimento al
governo?», si domanda il blog “Disquisendo”,
secondo cui «nei giorni precedenti al disastro, ci sono state
fortissime operazioni di aviodispersione a bassa quota». Tutti hanno
visto il cielo sereno “rannuvolarsi”, dopo l’emissione di una rete
fittissima di migliaia di scie bianche rilasciate dagli aerei di linea.
Follia? Complottismo da strapazzo? L’unica vera certezza è la storica
carenza (in Italia, non all’estero) di spiegazioni ufficiali, definitive
ed esaurienti, sulla manipolazione del clima. Si accumulano invece
informazioni parziali, da fonti indipendenti, riguardo al presunto
impiego clandestino della geoingegneria, inaugurata da Israele per far
piovere sul deserto del Negev. La stessa Cia, oggi, ammette che sono in
corso vaste sperimentazioni. Nel saggio “Owning the wheather” (possedere
il clima), l’economista canadese Michael Chossudowsky svela che la “guerra climatica” è ormai una realtà.
Un silenzio tombale è calato sull’applicazione delle rivoluzionarie
scoperte del fisico Nikola Tesla, all’epoca emarginato dalla comunità
scientifica, mentre l’ingegnere bresciano Rolando Pelizza ha raccontato a
due docenti universitari, Francesco Alessandrini e Roberta Rio,
che il geniale Ettore Majorana (ufficialmente scomparso nel 1938 ma in
reatà nascosto in Calabria fino al 2005) progettò una “macchina” capace
di mutare il clima all’istante. «Dello sviluppo di questa “macchina”,
costruita in 50 esemplari su istruzioni dello stesso Majorana – assicura
Pelizza – fu incaricato direttamente il governo italiano tramite Giulio
Andreotti, che poi passò il dossier alla Cia». Un altro italiano,
l’imolese Pier Luigi Ighina – assai meno celebre di Majorana, ma notissimo agli appassionati – riprodusse anche per le telecamere di “Report”,
su Rai Tre, il suo straordinario esperimento, condotto con mezzi
artigianali: Ighina era in grado di far piovere, creando nuvole nel
cielo sereno (o a scelta, di far spuntare il sole tra i nuvoloni)
semplicemente azionado, da terra, le pale di una sorta di ventilatore
gigante, cosparse di alluminio. Il trucco? Cambiare la consistenza
elettromagnetica della bassa atmosfera, immettendo vortici di onde.
«La manipolazione climatica è realtà», sostiene il sito “Dionidream”,
citando estati torride e mezze stagioni scosse da nubifragi e alluvioni
di inaudita violenza, come quelli che hanno messo in ginocchio varie
aree della Pensiola, a cominciare dal Veneto, dove le trombe d’aria
hanno divelto decine di migliaia di alberi, devastando storiche foreste
alpine. Fuori dall’Italia, il fenomeno della manipolazione climatica non
è esattamente una novità: «Festa in cielo, vietata la pioggia», titolò
il Tgcom24 di
Mediaset il 23 marzo 2009, parlando di «aerei in cielo per disperdere
le nubi» in occasione del settantesimo anniversario della “repubblica
popolare” fondata da Mao. «Per impedire che la pioggia rovini i
grandiosi festeggiamenti in programma, si ricorrerà a una tecnica senza
precedenti», raccontò il telegiornale: «L’aviazione impiegherà 18
apparecchi che disperderanno nell’atmosfera prodotti chimici per
impedire che dal cielo sopra Pechino cada la pioggia». Nello stesso
anno, a novembre, sempre la Cina s’imbiancò fuori stagione, come raccontò “La Repubblica”:
«Una nevicata precoce ha coperto con un’abbondante coltre bianca
Pechino. Il tutto ha però ha avuto un aiutino dell’Ufficio Modificazione
del Tempo della capitale cinese».
I tecnici, riferì tranquillamente l’agenzia “Xinhua”, «hanno
riversato in cielo con degli aerei 186 dosi di ioduro d’argento, per
approfittare delle nuvole e del brusco calo della temperatura». Questo,
scrisse “Repubblica”, «ha generato la nevicata», il cui scopo era
«alleviare la persistente siccità». Ammise Zhang Qiang, responsabile
dell’ufficio meteorologico: «Non ci facciamo sfuggire occasione per
provocare precipitazioni, da quando Pechino registra una persistente
condizione di siccità». Due anni dopo, nel 2011, l’allora presidente
iraniano Mahmud Ahmedinejad accusò l’Occidente di aver provocato una
gravissima siccità per mettere in crisi l’economia
agricola del paese. «Secondo rapporti sul clima, accuratamente
verificati, le potenze occidentali forzano le nuvole fino a far
piovere», dichiarò Ahmedinejad, come confermato dal “Giornale”.
«I nostri nemici distruggono le nuvole prima che arrivino sul nostro
paese». Ancora la Cina, già nel 2011, è tornata protagonista sul tema,
annunciando un investimento da 120 milioni di euro per riuscire, entro
il 2015, a far aumentare del 10% le precipitazioni nelle zone più aride.
«Un primo esperimento in tal senso era stato già condotto nel
febbraio 2009, quando diverse regioni erano state irrorate da una
pioggerellina leggera, generata da agenti chimici sparati nell’atmosfera
con 2.392 razzi e 409 cannoni, in grado di creare nuvole cariche di
pioggia», scrive il sito “Greenews”.
«Le nuvole ‘adatte’ alle precipitazioni vengono ‘seminate’ con ioduro
d’argento, un agente chimico che favorisce l’aggregazione delle molecole
d’acqua per creare grandi gocce abbastanza pesanti da cadere al suolo».
La tecnologia in realtà non è nuova, aggiunge “Greenews”: i primi
esperimenti risalgono alla Guerra Fredda. «Durante la guerra
del Vietnam, gli Stati Uniti lanciarono l’Operazione Popeye per cercare
di intensificare i monsoni sul Sentiero di Ho Chi Minh, la rete di
strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud passando per
Laos e Cambogia, usate dai Vietcong e dai loro sostenitori. Nel 1978,
però, gli esperimenti per far piovere artificialmente negli Usa furono
interrotti, in seguito a una grave inondazione causata dal
bombardamento chimico delle nubi». Dal Sud-Est Asiatico al Medio
Oriente: «Israele “stimola” le nuvole dal 1961 e riesce così a rendere
fertili e rigogliose terre di per sé aride».
«Nel mondo ci sono diversi esperimenti in corso di questo tipo, ma
siamo lontani dal poter dire di essere in grado di controllare la
pioggia», disse nel 2012 a “Greenews” uno specialista come Sandro Fuzzi,
climatologo del Cnr di Bologna, al quale allora sembrava remoto il
rischio di gravi effetti collaterali, dato che gli interventi si
svolgevano «su scala ridotta, al massimo di qualche decina di
chilometri», mentre i fenomeni più distruttivi, come le alluvioni,
«riguardano fronti di centinaia e anche migliaia di chilometri».
L’ultima frontiera, aggiunge ancora “Greenews”, consiste nel bombardare
le nuvole dal basso con dei laser: esperimento condotto nel 2010 in
laboratorio e poi «replicato a Berlino da un gruppo di ricercatori
dell’università di Ginevra e pubblicato sulla rivista “Nature
Photonics”». Con un laser di grande potenza, una specie di “cannone
energetico”, i ricercatori hanno colpito ed “eccitato” le molecole di
gas presenti nell’aria. «Il risultato è stata la formazione di nuclei di
condensazione attorno ai quali si sono create piccole gocce di acqua».
Secondo il blog “Shivio news”, già nel 2012 erano oltre 20 i paesi impegnati nella sperimentazione di nuove tecniche per provocare precipitazioni.
In vetta alla classifica primeggiano i soliti cinesi: Pechino,
letteralmente, «impiega nel “rainmaking” oltre 37.000 addetti, fra
tecnici e ricercatori», mentre «una trentina di aerei, 4.000 rampe per
razzi e 7.000 cannoni vengono usati per sparare in cielo nuclei di
sostanze intorno alle quali stimolare processi di condensazione di gocce
d’acqua o cristalli di ghiaccio». Negli Stati Uniti, gli aerei «gettano
nelle nuvole ghiaccio secco e ioduro d’argento». In Sudafrica si usa
invece il cloruro di potassio: «I sali vengono diffusi da aerei che
volano sotto le nubi in formazione, e servono ad aumentare il numero e
la misura delle gocce». Anche il Messico, aggiunge “Shivio”, sta
sperimentando la tecnica sudafricana, che «sembra che sia in grado di
aumentare di un terzo il volume delle precipitazioni». Qualcuno poi
ricorderà la primissima performance, in assoluto, della geoingegneria
più spettacolare: il 9 maggio del lontano 2007, in occasione della
fastosa celebrazione dell’anniversario della vittoria dell’Urss nella Seconda Guerra
Mondiale, il Tg1 riprese lo spettacolo del sole riapparso
“miracolosamente” tra le nubi nerissime del cielo di Mosca, grazie a una
portentosa miscela a base di azoto, iodio e argento diffusa dagli
aerei.
Dall’uso civile a quello militare, il passo è breve: «Almeno quattro
paesi – Stati Uniti, Russia, Cina e Israele – dispongono delle
tecnologie e dell’organizzazione necessaria a modificare regolarmente il
meteo e gli eventi geologici per varie operazioni militari ufficiali e
segrete, legate a obiettivi secondari, tra cui il controllo demografico,
energetico e la gestione delle risorse agricole». Lo disse già nel 2012
l’esperto aerospaziale Matt Andersson, allora in forza alla compagnia
hi-tech Booz Allen Hamilton di Chicago. In un’intervista al “Guardian”, Hamilton ha ammesso: il nuovo tipo di guerra
non convenzionale «comprende la capacità tecnologica di indurre,
spingere o dirigere eventi ciclonici, terremoti e inondazioni,
includendo anche l’impiego di agenti virali per mezzo di aerosol
polimerizzati e particelle radioattive, trasportate attraverso il
sistema climatico globale». Lo stesso Hamilton ha citato una think-tank
della galassia neocon, il Bpc (Bipartisan Policy Center, con sede a
Washington) e il suo rapporto nel quale chiede agli Usa e agli alleati di accelerare la sperimentazione su larga scala del cambiamento climatico.
Secondo il “Guardian”, il gruppo è finanziato da «grandi compagnie
petrolifere, farmaceutiche e biotecnologiche», e rappresenta «gli
interessi corporativi del mondo militare e scientifico statunitense». Il
newsmagazine “Sputnik News”,
citando il canadese Chossudovsky, osserva: la geoingegneria ha omai
prodotto «sofisticate armi elettromagnetiche». E anche se la cosa non è
ammessa ufficialmente, neppure a livello scientifico, le capacità di
manipolare il clima (anche per scopi militari) sono in stato
avanzatissimo. La storia
di questa disciplina risale addirittura al 1940, quando il matematico
americano John Von Newman, al Pentagono, iniziò la sua ricerca per la
modifica del clima. Obiettivo: alterare i modelli meteorologici. Una
tecnologia sviluppata negli anni ‘90 secondo il programma di ricerca
della cosiddetta “alta frequenza aurorale attiva” (Haarp, High Frequency
Active Auroral Research Program), come appendice di una iniziativa
strategica di difesa, le “Guerre stellari”. Il
programma Haarp, installato in Alaska e poi bloccato, sarebbe stato
parte di una strategia tuttora attiva: le brusche modifiche del clima
possono «estendersi, avviando inondazioni, uragani, siccità e
terremoti».
Ammissioni ufficiali? Impensabili. Meglio lasciare che certe voci
circolino in modo incontrollato (bufale comprese), per poi liquidare il
tutto sotto la voce “teoria del complotto”. «E’ naturale che su un tema
come il cambiamento climatico la Cia collaborerebbe con gli scienziati
per meglio comprendere il fenomeno e le sue implicazioni sulla sicurezza
nazionale», ha detto un portavoce dell’intelligence Usa,
dopo la diffusione della notizia, da parte del sito legato al periodico
statunitense “Mother Jones”, secondo cui proprio la Cia starebbe
aiutando con ingenti finanziamenti la Nas, National Academy of Sciences,
impegnata in uno studio sull’applicazione della geoingegneria per
manipolare il clima. Su “Meteoweb”,
Filomena Fotia spiega che “Mother Jones” descrive lo studio come
un’inchiesta riguardante «un numero limitato di tecniche di
geoingegneria, inclusi esempi di tecniche di gestione delle radiazioni
solari (Srm, Solar Radiation Management) e rimozione dell’anidride
carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal). Geoingegneria “buona”, per
proteggerci dall’attività solare divenuta pericolosa per la Terra?
«La manipolazione meteorologica – aggiunge Fotia – è stata riportata
in auge da molti commentatori statunitensi in occasione dei devastanti
tornado in Oklahoma, o di altri eventi estremi come l’uragano Sandy, che
sarebbero stati “generati dal governo” usando la base dell’Haarp in
Alaska». Ma, appunto: il tema si presta a speculazioni incontrollate,
vista la mancanza di riscontri esaurienti da parte delle autorità,
sempre estremamente laconiche, come quelle interpellate nel 2014 da
Alessandro Scarpa, allora consigliere comunale di Venezia. “Grandinata
anomala e scie chimiche, il maltempo si tinge di mistero”, titolò il 24
settembre il “Gazzettino”,
storico quotidiano veneziano, dopo «una grandinata fuori dal normale»,
sotto un cielo «carico di nubi come mai si era visto». E lassù, «quelle
scie bianche nel cielo terso il giorno dopo». Sono bastati questi due
fenomeni, scriveva
il “Gazzettino” quattro anni fa, a ridestare un quesito: e se questo
maltempo eccezionale non fosse il risultato delle bizze atmosferiche, ma
di qualcosa di “chimico”?
In redazione arrivò una lettera allarmatissima: grondaie intasate da
“noci” di ghiaccio persistenti ed enormi: «Come mai questo ghiaccio non
si è sciolto? Sembrerebbe di formazione chimica, da laboratorio, e non
naturale». Per Alessandro Scarpa, vale la pena di esaminarli, certi
fenomeni, «se non altro per capire di cosa si tratta» Ad esempio, «le
strane scie chimiche che si vedono nei nostri cieli». Molte le
segnalazioni pervenute al Consiglio comunale, «da parte di cittadini
veneziani, preoccupati, che chiedono spiegazioni». Scarpa si è rivolto
inutilmente all’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che
gestisce il controllo del traffico degli aerei civili. Nessun lume
neppure dal ministero dell’ambiente di Roma: risposte evasive o bocche
cucite. «È quindi opportuno – sottolinea Scarpa – preoccuparsi
seriamente per noi e per i nostri figli». E aggiunge, rivolto ai
giornalisti disattenti: «Questa mattina, quando il cielo era
limpidissimo, si sono viste una quindicina di linee nel cielo
veneziano». Quattro anni dopo, la situazione è gravemente peggiorata:
non c’è più una giornata serena senza che il cielo non sia “sporcato”
dalle scie, di ora in ora, mentre l’Italia sta diventando il bersaglio
di violentissime tempeste di tipo tropicale, come quella che ora ha
messo in ginocchio il Nord-Est.
Lo scorso anno, a gennaio, il colonnello Mario Giuliacci
– affabile volto televisivo – sul suo sito ha tentato di sgombrare il
campo da ogni illazione, presentando testualmente un comunicato
ufficiale dell’aeronautica militare. La spiegazione dei militari è
ineccepibile, riguardo alla vistosa presenza di molte delle scie: «Le
nuove generazioni di motori che equipaggiano i moderni aeroplani a
reazione, per avere un miglior rendimento termodinamico dato dalla
differenza di temperatura tra la camera di combustione e l’ambiente
esterno, impiegano miscele di acqua e carburante la cui combustione
genera le enormi quantità di vapore acqueo che sono all’origine delle
scie». Secondo i militari, dunque, sono aumentate in modo esponenziale
le scie di condensazione, in gergo “contrails”, destinate poi a
scomparire nell’atmosfera. «Per le caratteristiche termodinamiche dei
motori, per le quote di volo e per la localizzazione – aggiunge
l’aeronautica – la quasi totalità delle scie che si osservano in cielo
sono prodotte dai jet di linea degli operatori commerciali. La loro
durata è variabile da pochi istanti a minuti e talvolta a ore, in
dipendenza dell’umidità, delle temperature e in genere delle condizioni
termodinamiche dell’aria circostante».
Poi la chiosa: «Per quanto ci compete, l’Aeronautica Militare non
possiede aeromobili che generano o emettono scie differenti da quelle
prodotte a causa della condensazione di vapore acqueo». Il che – alla
lettera – non significa escludere la presenza di altre scie, di ben
diversa natura, emesse da velivoli estranei all’aeronautica militare
italiana: le famigerate “chemtrails”, appunto. Tra le pagine del blog “Su la testa”,
il giornalista investigativo Gianni Lannes (vittima di minacce e
attentati per le sue indagini scomode, specie quelle sulla mafia dei
rifiuti) sostiene che si è ormai clamorosamente violata la “Convenzione
sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente”, a fini
militari o ad ogni altro scopo ostile, nota anche come Convenzione
Enmod: «E’ il trattato internazionale che proibisce l’uso delle tecniche
di modifica dell’ambiente». Firmata il 18 maggio 1977 a Ginevra, è
entrata in vigore il 5 ottobre 1978, approvata anche dall’Onu. Gli Stati
firmatari sono 48, inclusi gli Usa,
di cui 16 non hanno ancora ratificato il trattato. In totale, i paesi
che vi hanno aderito sono 76. «L’Italia ha firmato la Convenzione a
Ginevra il 18 maggio 1977 e l’ha ratificata con la legge numero 962 del
29 novembre 1980, grazie al presidente della Repubblica Sandro Pertini e
all’approvazione quasi all’unanimità del Parlamento».
Secondo Lannes, questa verità viene regolarmente “oscurata” perché
illegale, oltre che aberrante. Ma l’Italia, sostiene Lannes, ha concesso
i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi
firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava il nostro paese in
un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003 l’operazione è
scattata, e nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies
Initiative”. Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del
Dipartimento di Stato: le pagine istituzionali americane ammettono
apertamente che il 19 luglio 2001, a Genova, Bush e Berlusconi
impegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento
climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione
poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e
dal Dipartimento di Stato Usa. Dunque,
scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e
“collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con
quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità
nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima
battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte
addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo:
Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel».
Tutti insieme appassionatamente, secondo il giornalista, compreso il
settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e
così via. «Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha
partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero
della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato».
Mancano, sempre, le conferme ufficiali. In compenso si scatenato i
“debunker” come Paolo Attivissimo:
“Scie chimiche, aria fritta con contorno di bufala e grana”. Dopo il
disastro aereo del volo Germanwings del 2015, schiantatosi sulle Alpi
francesi, anche il “Giornale”
si sbizzarrisce: “Airbus, dalle scie chimiche alle ’strane scritte’:
complottisti scatenati”. Nel frattempo Enrico Gianini, ex addetto
aeroportuale di Malpensa, racconta a “Border Nights”:
una volta a terra, gli aerei delle compagnie low-cost perdono liquido
inquinato da metalli pesanti, e non lasciano più caricare i bagagli
nelle stive di coda, come se fossero ingombre di serbatoi clandestini.
«Se mi denunciano, chiederò al tribunale di “smontare” uno di quegli
aerei: così scopriranno finalmente cosa trasporta». Ma la notizia resta
negli scantinati del web, mentre il finimondo rade al suolo il Veneto e
la Cina stipendia regolarmente (e apertamente) i suoi bravi “rainmaker”.
Preso da: http://www.libreidee.org/2018/11/apocalisse-maltempo-qualcuno-sta-bombardando-litalia/
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