– I dati sulle richieste di asilo in Italia del 2017 sono noti e pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell’Interno: solo l’8% dei richiedenti sono rifugiati, mentre l’8% ricevono la protezione sussidiaria e ben il 25% (in forte crescita rispetto al 2016) la protezione umanitaria.
Il 58% dei richiedenti asilo invece ottiene il “foglio di espulsione” dall’Italia,
ma come ben sappiamo per la presunta indisponibilità di accordi con i
Paesi di origine spesso rimango liberi di circolare sul territorio
italiano, finendo spesso nelle mani della criminalità (ricordiamo la
mafia nigeriana della prostituzione e della droga) o del caporalato
agricolo. Inoltre nel 2017, ci sono stati 37.783 immigrati sbarcati nei porti italiani (ovviamente i dati non comprendono gli immigrati arrivati grazie agli “sbarchi fantasma” dalla Tunisia), ovvero il 32% del totale, che non hanno neppure presentato la richiesta di asilo. Quindi, nel solo 2017, gli immigrati irregolari, senza documenti e senza nessun diritto di rimanere nel nostro Paese sono 84.775.
Dall’inizio del flusso migratorio dalla Libia, la stima ottimistica degli irregolari presenti in Italia si aggira sulle 600.000 persone,
ovvero l’intera popolazione di Genova. Una vera emergenza per la tenuta
della sicurezza pubblica del nostro Paese. Per capire il motivo di una
percentuale di diniego alla protezione internazionale così elevata,
basta guardare le nazionalità dichiarate dei migranti arrivati in
Italia.
Ad esempio, la cittadinanza più numerosa è quella nigeriana
(25.964 migranti). Il Paese è la prima economia dell’Africa per PIL
totale e non sono presenti conflitti al suo interno; solo nel nord, nei
villaggi per precisione, sono riscontrati attentati terroristici degli
jihadisti di Boko Haram. La maggioranza però dei
nigeriani arrivati in Italia sono del sud-est del Paese, esattamente
della zona di Benin City, fatto facilmente riscontrabile dal dialetto
parlato.
Dopo la Nigeria, i Paesi di origine degli immigrati più presenti negli sbarchi dalla Libia sono il Bangladesh e il Pakistan. I primi stati con reali problemi di instabilità e conflitti sono il Mali (ottava posizione con 7.757 migranti), la Siria (dodicesima posizione con soli 2.270 richiedenti asilo)
e la Somalia (tredicesima posizione con 2.055). I dati sulle
nazionalità dei richiedenti asilo fanno ben capire che sulle coste
italiane, grazie alla rotta libica, sbarcano in maggioranza quelli che il politicamente corretto chiama “migranti economici”, che rimarranno poi imbottigliati in Italia con scarsa possibilità di venire rimpatriati.
Infatti, nel 2017, solo 6.340 migranti sono stati rimpatriati mentre nel 2016 ancora meno, 5.300. La IOM Libya è riuscita a rimpatriare più di 15 mila migranti in Libia in soli 3 mesi, grazie al programma “Assisted Voluntary Return and Reintegration”, in accordo con l’Unione Africana e con il supporto dell’Unione Europea.
Perché non avviare il medesimo programma anche in Italia?
E con i ricollocamenti in Europa non va certamente meglio: sono stati ricollocati solo 11.464 richiedenti asilo (dicembre 2017) mentre 698 erano in corso di trasferimento. Ovviamente, i ricollocamenti riguardano “solo
persone in evidente necessità di protezione internazionale,
appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione
sia pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat”. Quindi una percentuale esigua dei migranti arrivati nei porti italiani.
Approfondiamo ora il tema a proposito dei tre tipi di protezione concessi dalle Commissioni Territoriali italiane e dell’anomalia tutta italiana della protezione umanitaria.
La protezione internazionale è sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 allo scopo di dare “una
condizione giuridica più stabile a quegli stranieri o apolidi che
restavano sfollati o fuggitivi perché temevano di rientrare in patria
dopo gli sconvolgimenti politici, etnici e territoriali successivi alla
Seconda Guerra Mondiale”. La Convenzione sancisce due tipi di status: lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria.
Lo status di rifugiato rientra nel concetto stesso di
protezione internazionale sancito dalla Convenzione di Ginevra, mentre
lo status di protezione sussidiaria è riconosciuto al cittadino
straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come
rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere
che, se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo
di subire un grave danno (ad esempio una condanna a morte).
Quindi, secondo la Convenzione di Ginevra, solo il 16%
dei richiedenti asilo in Italia avrebbero diritto alla protezione
internazionale (l’8% status di rifugiato più l’8% status di protezione sussidiaria).
E quel 25% di richiedenti asilo a cui è stata concessa la protezione umanitaria?
Questa è un’anomalia tutta italiana: gli altri Paesi europei vi ricorrono solo in forma residuale e irrilevante in termini percentuali.
La stessa ASGI, associazione prettamente immigrazionista finanziata da George Soros, descrive così l’istituto italiano della protezione umanitaria: “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è un titolo di soggiorno previsto dall’ordinamento giuridico italiano
con una norma di portata generale, posta a chiusura del sistema
complessivo che disciplina l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel
territorio italiano. A differenza della protezione internazionale è un istituto che non ha un proprio esplicito fondamento nell’obbligo di adeguamento a norme internazionali o dell’Unione europea, seppur dia attuazione anche ad obblighi internazionali, ma che in ogni caso è rintracciabile, seppur con differenti specificità, negli ordinamenti interni di taluni altri Stati membri. Con
l’obiettivo di dare tutela delle situazioni concrete che non trovano
compiuta corrispondenza in quelle astratte previste dal Testo Unico
dell’Immigrazione, il Legislatore ha ritenuto utile inserire questa clausola di salvaguardia,
utilizzabile qualora ricorrano situazioni meritevoli di tutela per seri
motivi umanitari, o che impongono la necessità di adeguare la
disciplina ordinaria a previsioni costituzionali o internazionali con
particolare riguardo per quelle rilevanti in materia di diritti
dell’uomo”.
L’istituto della protezione umanitaria è contenuto nel “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” del Decreto Legislativo 25 luglio 1998. L’allora maggioranza era appartenente al centro sinistra e il Premier era Romano Prodi. Non male per un Governo rimasto in carica solo 2 anni.
La protezione umanitaria viene rilasciata dal Questore
a seguito di raccomandazione della Commissione Territoriale in caso di
diniego in prima istanza di giudizio, ha una durata di 2 anni, è
rinnovabile, e può essere convertita in permesso di soggiorno per
lavoro. Un vero salvacondotto per molti dei cosiddetti migranti economici.
Ricapitolando: il 25% dei richiedenti asilo sbarcati in
Italia ha ottenuto la protezione umanitaria dalle varie Commissioni
Territoriali. Lo stesso 25% negli altri Paesi dell’Unione Europea avrebbe ottenuto un diniego e quindi un foglio di via. Rimpatri
definiti impossibili, ricollocamenti in Europa quasi inesistenti e
l’assoluta generosità tutta italiana nella concessione della protezione
umanitaria. Paradossi italici.
Nessun commento:
Posta un commento