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lunedì 3 settembre 2018

CAOS LIBIA: Il piano di Macron ha scatenato il tutti contro tutti

Scontro a Tripoli fra forze fedeli a Serraj e milizie avversarie, si registrano anche dei morti. Qual è la posizione del presidente francese Macron? 
 
Carri armati a Tripoli (LaPresse) 
Carri armati a Tripoli (LaPresse)

Il numero dei morti è incerto, si è parlato di otto civili e diversi feriti, ma la situazione è incandescente. Ieri mezzi corazzati delle truppe fedeli a Serraj sono scesi nelle strade di Tripoli mentre pezzi di artiglieria pesante venivano dispiegati a posti di blocco tra la zona a sudest dell'ex capitale libica e il campo di Yarmouk a sud. Milizie non precisate hanno infatti cercato di attaccare il centro cittadino. "La situazione al momento è fluida" ci ha detto in questa intervista il generale Marco Bertolini "ed è difficile dire chi abbia fatto cosa e per quale motivo". Sicuramente, ha aggiunto, Serraj è in forte difficoltà, e il piano di elezioni nazionali previste a dicembre dal presidente francese Macron potrebbe essere uno dei motivi di questa nuova instabilità".

Che cosa e chi ha scatenato i nuovi incidenti a Tripoli? Le elezioni volute da Macron per il prossimo dicembre potrebbero essere la motivazione?
Le elezioni potrebbero essere uno degli elementi di questa nuova instabilità. Di qui a dicembre potremo assistere ad altre situazioni analoghe. I vari competitor potrebbero cercare di presentarsi in posizione di forza rispetto agli altri in modo da trasformare in suffragi elettorali il loro vantaggio militare.
Chi, in particolare?
Va detto che Tripoli è in una situazione a frattura prestabilita a prescindere dalle elezioni. Serraj governa il centro città protetto da milizie a lui fedeli mentre nei sobborghi ci sono milizie di Misurata che hanno in comune con lui solo la comune opposizione ad Haftar e che invece sono collegate ai Fratelli musulmani. Ieri una milizia che era fedele a Serraj si sarebbe unita alle forze di Misurata, operando un cambiamento di fronte.
Che cosa sta succedendo secondo lei?
Gli scontri sono avvenuti in particolare a sud di Tripoli, nella zona dove c'era il vecchio aeroporto distrutto ai tempi della guerra contro Gheddafi e dove si trova la settima brigata che faceva capo al predecessore di Serraj. Siamo in una fase molto fluida in cui è difficile capire chi abbia fatto cosa e per quale motivo, ma una cosa è certa. Che Tripoli fosse a rischio instabilità si sapeva da tempo, c'è la presenza di milizie diverse che sono tenute insieme solo dalla comune opposizione ad Haftar, mentre i Fratelli musulmani operano da dietro, per far cadere Serraj.
Macron sembra giocare su più tavoli, dichiarando di essere dalla parte dell'Italia a proposito dell'indifferenza europea sui migranti mentre in Libia si muove in modo autonomo. E' così?
Se vogliamo usare una terminologia un po' forte possiamo dire che Macron e l'Italia in Libia sono su due fronti avversi. Macron appoggia Haftar, noi Serraj pur mantenendo dei contatti con Haftar, cosa che è assolutamente necessaria. 
Che conseguenze può portare all'Italia una escalation a Tripoli?
Ne può derivare il rafforzamento di uno o dell'altro paese nell’area e a Macron il fatto che Serraj sia in difficoltà può far comodo anche nell'ottica della contrapposizione con l'Italia. Ma da qui a dire che stia soffiando sul fuoco non lo sappiamo, sinceramente allo stato attuale mi sentirei di escludere dietrologie. Piuttosto sottolineerei la fragilità dell'area di Tripoli e quindi la fragilità di Serraj, che è un presidente dimezzato in termini politici.

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