di Francesca Totolo (Esclusiva Byoblu)
L'”allegra brigata” di Soros denuncia
l’Italia alla Corte Europea, per i morti in mare del novembre 2017.
Ecco tutti gli opachi intrecci delle ONG coinvolte, con nomi e cognomi.
Ed in un video esclusivo anche le prove che la Guardia Costiera libica
ha ragione: Sea Watch fa “pirateria” umanitaria, e solo l’intervento dei
libici salva quelle vite che tutte le ONG mettono cinicamente a
repentaglio.
di Francesca Totolo.
Un’agguerrita alleanza, formata da
organizzazioni non governative, associazioni italiane, un centro di
ricerca e una parte dei nigeriani sopravvissuti alla strage del 6
novembre scorso davanti alle coste della Libia, porta l’Italia davanti
alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per gli accordi stipulati con
le autorità di Tripoli.
Partiamo dal caso scatenante la denuncia dell’allegra brigata sorosiana: il 6 novembre del 2017, la ONG tedesca Sea Watch irrompe durante un salvataggio già praticamente concluso dalla Guardia Costiera Libica,
coordinata dal Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma. A
bordo del gommone in difficoltà, si trovavano principalmente uomini
nigeriani. Questi, molti già a bordo della motovedetta libica, alla
vista dei gommoni dell’organizzazione, hanno iniziato a buttarsi in
mare, consci e istruiti dagli scafisti che raggiungendo i
tedeschi avrebbero sicuramente raggiunto l’Italia. Qui è iniziato il
caos generato dalla Sea Watch, che nonostante gli ordini della Guardia
Costiera Libica e dell’MRCC, ostinatamente non ha lasciato la zona del
soccorso. Cinque persone morte affogate, questo è stato il bilancio
dell’azione piratesca della ONG.
Video 1
La responsabilità di Sea Watch, nella
strage del 6 novembre scorso, è altresì testimoniata dal documento di
EUNAVFOR MED Operazione Sophia, deputata al monitoraggio della Guardia
Costiera Libica, inviato alle autorità europee competenti: “La motovedetta della Guardia Costiera Libica, la RAJ, è stata la prima nave ad arrivare sulla scena dell’operazione, mentre la nave della ONG Sea Watch è arrivata successivamente”.
Non appagata da ciò, la ONG Sea Watch
lancia l’iniziativa della denuncia alla Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo (CEDU) che vede come imputata l’Italia e gli accordi con le
autorità di Tripoli per il contrasto al business dei trafficanti di
esseri umani che operano in Libia.
Oltre all’organizzazione non governativa tedesca, i fautori dell’accusa contro il nostro Paese sono: il centro di ricerca Forensic Oceanography di Forensic Architecture, l’organizzazione Global Legal Action Network, le associazioni italiane ASGI e ARCI, oltre al sostegno dichiarato di Luigi Manconi, ex senatore del Partito Democratico, attuale coordinatore appena nominato dell’UNAR
(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che distribuisce i
fondi governative alle associazione) e presidente dell’associazione pro
immigrazione, A Buon Diritto.
Tutti gli attori citati, oltre a vari
interessi circa il proseguimento del flusso migratorio verso l’Europa,
hanno una caratteristica che li accomuna: la Open Society Foundations di George Soros.
ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) è tra i progetti sviluppati in Italia dalla fondazione di Soros, e dalla stessa ampiamente finanziata soprattutto per intraprendere pressioni a livello istituzionale riguardanti le tematiche legislative sull’immigrazione.
Durante la conferenza stampa di presentazione del ricorso al CEDU del 9 maggio, Loredana Leo, avvocato di ASGI, ha spiegato che l’Italia ha ripetutamente violato il “diritto alla vita” dei migranti e l’articolo 3 della Convenzione dei Diritti Umani (divieto dei trattamenti inumani), “operando dei respingimenti collettivi in accordo con la Libia”.
Ricordiamo anche che due degli avvocati di ASGI, Maurizio Veglio e Guido Savio, sono gli autori del programma immigrazione del Movimento 5 Stelle.
Dello stesso sostegno economico, ne beneficiano anche ARCI e A Buon Diritto di Manconi.
Passiamo a Forensic Oceanography di Forensic Architecture, centro di ricerca già autore di diversi report a sostegno delle ONG come “Blaming the Rescuers” (dove si affermava che il pull factor delle navi umanitarie davanti alla Libia non è provato) e/o a scopo scagionante riguardo alle accuse fatte dalle Procure italiane alle stesse, come nel caso dell’indagata Jugend Rettet. Un piccolo appunto a proposito di quest’ultimo report: Lorenzo Pezzani, nel team di ricercatori di Oceanography Architecture è anche tra i fondatori della piattaforma Watch The Med, creata da Padre Mussie Zerai,
indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dalla
Procura di Trapani nella medesima inchiesta di Jugend Rettet.
E non è tutto: Forensic Architecture è finanziata e sostenuta da ONG
a loro volta finanziate dalla Open Society Foundations di George Soros,
come Amnesty International, Human Rights Watch, International
Federation for Human Rights, European Center for Constitutional and
Human Rights e OAK Foundation. Si può affermare che il centro di ricerca inglese sia stato fortemente voluto dallo speculatore ungherese.
Un altro autore della denuncia contro l’Italia è la Global Legal Action Network (GLAN), un’organizzazione senza scopo di lucro “che persegue azioni legali, sfidando gli Stati e gli altri potenti attori coinvolti che violano i diritti umani”. Nel comitato di azione legale, non poteva ovviamente mancare un ex collaboratore fedelissimo della fondazione sorosiana, Itamar Mann.
Inoltre la Global Legal Action Network è development partner dell’organizzazione Advocates for International Development che annovera tra i principali finanziatori proprio la Open Society Foundations.
Il solito sistema ben avviato della scatole cinesi.
Gli avvocati di Global Legal Action Network rappresenteranno quindi i 17 nigeriani
(2 riportati in Libia dalla Guardia Costiera Libica e poi di nuovo
fuggiti, e 15 accolti in Italia subito dopo la tragedia), che hanno
sporto denuncia contro l’Italia per “trattamento inumano”, presso le
aule della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. I legali di GLAN hanno
dichiarato: “C’è una responsabilità diretta del governo italiano
perché firmando questi accordi l’Italia non poteva non conoscere il
modus operandi violento e minaccioso della Guardia costiera libica
(soprattutto con migranti soccorsi da organizzazioni umanitarie)
denunciato da diversi rapporti delle Nazioni Unite (report senza alcuna documentazione probatoria).
E non poteva non sapere che i migranti che vengono ricondotti in Libia
vengono immediatamente riportati nei centri di detenzione le cui
condizioni inumane sono conosciute a tutti“.
A tal proposito, vogliamo ricordare che i
migranti salvati e riportati in Libia dalla Guardia Costiera, sono
assistiti sia durante le operazioni di sbarco sia nei centri di
detenzione governativi da IOM e UNHCR Libya, che operano in sinergia con
le autorità di Tripoli. Quindi per gli “umanitari” che vorrebbero il
nostro Paese multato dalla CEDU, le agenzie delle Nazioni Unite sono
complici nelle torture e nelle violenze?
Quindi chi vuole che il nostro Paese sia
pesantemente sanzionato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è, più
o meno apertamente, finanziato da George Soros, l’uomo che da anni
sostiene economicamente l’immigrazione illegale e indotta, che ha
speculato anche nei Paesi più poveri aumentandone la miseria, che ha
destabilizzato volutamente intere nazioni come l’Ucraina, che ha
fomentato le Primavere Arabe e le Rivoluzioni Colorate. Gli “umanitari”
non si fanno nessun scrupolo morale nell’accettare i finanziamenti da
chi, dichiaratamente, si è reso protagonista di queste vicende grondanti
di sangue. Un vero paradosso.
Un’ultima curiosità: tra i giudici del CEDU troviamo un altro fedelissimo di Soros, il bulgaro Yonko Grozev,
che è stato amministratore dell’Open Society Institute di Sofia, del
Bulgarian Lawyers for Human Rights e dell’Open Society Justice
Iniziative di New York.
Una vera garanzia per il nostro Paese, “cornuto e mazziato”.
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