Haftar e gheddafiani: un nuovo asse per la Libia?
9 settembre 2016
Dal 2011 in Libia è in corso una
guerra civile di cui non si intravede la fine. La situazione è composita
ed in continuo mutamento. Con un ampio grado di approssimazione si può
riassumere così lo stato presente delle cose:
-La Tripolitania è nelle mani di
un’eterogenea coalizione di islamisti e anti-gheddafiani denominata
“Alba libica”. E’ sostenuta dal movimento dei Fratelli Musulmani, dal
Gran Muftì di Tripoli, da Turchia e Qatar. Da questa zona, si noti,
salpa la grande maggioranza dei migranti diretti in Europa
-La Cirenaica è sotto l’egida del
Parlamento con sede a Tobruk. E’ sostenuto militarmente dal generale
Haftar, anti- islamista, che gode dell’appoggio di Egitto e Russia.
Recentemente vi sono state frizioni con le Ong, velatamente accusate di
agire per interessi stranieri.
-Teoricamente al di sopra dei governi rivali si situa l’esecutivo riconosciuto dall’Onu e presieduto da Al Serraj,
che opera da una base navale di Tripoli. Il 21 agosto è stato però
ufficialmente sfiduciato dal Parlamento di Tobruk ed il suo potere
effettivo è decisamente limitato. Al Serraj è inoltre vincolato
dall’appoggio militare interno delle milizie di Misurata (le stesse
responsabili dell’esecuzione di Gheddafi) ed esterno degli Usa.
In questo quadro si inserisce l’offensiva dei gruppi armati di Misurata contro le posizioni dell’Isis
a Sirte, con il consistente ausilio dell’aviazione americana. Una mossa
che non è piaciuta ai politici di Tobruk, che hanno dichiarato: “Serraj
strumentalizza l’assedio di Sirte per guadagnare punti di fronte agli
occidentali. Ma dimentica che è proprio a Bengasi e Derna che si
combatte con più determinazione contro Isis”. Postazioni jihadiste si
trovano infatti in quelle città, che non sembra siano state prese di
mira dai raid statunitensi. C’è peraltro il sospetto che l’attacco a
Sirte non sia diretto solo contro l’Isis, ma anche contro ex-sostenitori
di Gheddafi arroccati nella zona.
Nel contempo si sta
profilando un’alleanza che potrebbe imprimere una svolta al conflitto.
Varie fonti riportano che i gheddafiani della Tripolitania parteggino
ora in maniera aperta per il generale Haftar e con loro
ci sarebbero le milizie berbere di Nafusa e Zintan. Si tratta delle
milizie che avevano catturato il “delfino” del Rais, il figlio Saif-al
Islam, che però adesso sembra vivere indisturbato alla periferia di
Zintan, con una scorta personale. Attorno alla sua figura si potrebbero
coagulare i nostalgici della Giamahiria popolare e socialista.
Il nuovo asse in via di
formazione coinvolge dunque questi ultimi e Haftar: nell’evolversi della
situazione potrebbe essere un’alleanza decisiva per una lotta congiunta
allo jihadismo e alle altre fazioni islamiste, in vista di una
stabilizzazione del Paese e di una vera unità nazionale,
che non esista solo sulla carta. Una forza militare e politica che
costituirebbe un interlocutore privilegiato anche per affrontare
seriamente l’emergenza migratoria, nel tentativo di debellare il
traffico di esseri umani che proprio nella Tripolitania di “Alba libica”
ha i suoi avamposti principali.
La stessa Italia,
che gioca un ruolo decisivo nella regione, dovrebbe prendere atto del
fallimento pressoché completo di Al Serraj, indirizzando il suo sostegno
verso il governo di Tobruk, che appare, al momento, il
più affidabile . L’Italia infatti dovrebbe senz’altro patrocinare,
sull’altra sponda del Mediterraneo, la formazione di un governo forte e
possibilmente laico; ciò non significa dare seguito ad avventurismi
militari di chiaro stampo imperialistico, ma nemmeno restare
passivamente alla finestra mentre altre potenze cercano di stabilire un
primato geopolitico sulla Libia.
(di Daniele Velicogna)
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