12 dicembre 2010.
Avevamo già scritto delle pericolose relazioni internazionali del
nostro premier, prima ancora che ci arrivasse da WikiLeaks la conferma
di come le stesse venissero viste dal governo americano.
Quello di cui ancor oggi poco si è parlato, ma che abbiamo l’impressione
diverrà presto di grande attualità, è la strana alleanza che ha visto
Berlusconi sponsorizzare l’ingresso del Montenegro nell’Unione Europea.
Il 4 gennaio, 2001, Dusanka Pesic Jeknic, rappresentante della missione
commerciale del Montenegro a Milano, in Italia, parlava al telefono
nella sua casa nel sud-ovest della città, con Milo Djukanovic, che a
quel tempo era presidente del Montenegro ed è oggi ancora l’attuale
Primo Ministro del piccolo Stato balcanico.
Un potere ventennale che inizia quando si avvicina ad esponenti
“liberali” della Lega dei Comunisti, poi mutata in Partito Democratico
Socialista (DPS).
Durante la guerra in ex Jugoslavia, l’attuale Primo Ministro
montenegrino supporta le potenze occidentali offrendo rifugio agli
oppositori di Milosevic.
Inutile dire che non si fa niente per niente e così in cambio dei favori
ricevuti, la comunità internazionale fa finta di non vedere i traffici
nei quali è coinvolto l’alleato.
Traffici, come quello del contrabbando, che portano Djukanovic ad
intrattenere rapporti anche con organizzazioni criminali come Sacra
Corona Unita e Camorra.
Le procure di Napoli e Bari, iscrivono al registro degli indagati un nome eccellente: Milo Djukanovic!
Le accuse nei confronti del cinque volte premier montenegrino, vengono
poi archiviate per difetto di giurisdizione poiché Djukanovic gode
dell’immunità diplomatica riservata ai capi di Stato, di governo e ai
ministri degli Esteri degli Stati sovrani.
Per comprendere meglio cosa è accaduto e come uomini vicini ad
organizzazioni criminali possano godere dell’immunità diplomatica, è
opportuno leggere il libro di Antonio Evangelista, ‘La torre dei crani’,
e quello che scrive Pino Arlacchi nella sua prefazione al libro.
Ma torniamo al 4 gennaio, 2001, quando la bellissima Dusanka, soprannominata “Duska”, da Milano parlava con Milo Djukanovic.
“Il mio piccolo gattino … divento pazza senza di te…. Ti amo, gattino mio “.
Argomento della conversazione l’Amore.
Ma solo di amore parlava la bella “Duska” con il suo ‘gattino‘ (attuale premier del Montenegro)?
No. Le trascrizioni delle sue telefonate, registrate dalla polizia
italiana per 20 mesi, narrano di contrabbando e criminalità ed entrano a
far parte delle centinaia di migliaia di documenti depositati dal
procuratore della Repubblica di Bari.
Qui, nel capoluogo della regione Puglia, sulla sponda del Mare
Adriatico, di fronte il Montenegro i pubblici ministeri Giuseppe Scelsi e
Eugenia Pontassuglia terminano la loro lunga inchiesta su Djukanovic,
Jeknic, e altri sei montenegrini e serbi e sette italiani
presumibilmente legati alla criminalità organizzata. Le accuse a carico
del gruppo, oltre gli altri reati, sono di associazione a delinquere di
stampo mafioso finalizzato al contrabbando di sigarette.
I pm, non sanno ancora che il faldone di 409 pagine di relazioni
della DIA, grazie all’immunità diplomatica, diverrà solo carta straccia.
I pm, sanno soltanto che hanno tra le mani un’inchiesta su quella che
potrebbe essere una delle più grandi operazioni di contrabbando negli
ultimi anni, arricchita da casi di corruzione, testimoni assassinati, e
un miliardo di dollari in contanti riciclato attraverso banche svizzere.
Il contrabbando di tabacco, diventato impresa di stato nel Montenegro, vede in Milo Djukanovic l’ideatore della nuova Tortuga.
È infatti noto che il Montenegro per le sue vie di contrabbando
attraverso il cuore dei Balcani, durante la disgregazione della ex
Jugoslavia, ha permesso al crimine organizzato di prosperare.
Alleato e sostenitore in Europa, il premier italiano Silvio Berlusconi,
che lo ha anche lodato nel corso di una visita di Stato a Podgorica.
Secondo l’accusa italiana, dal 1994 al 2002, durante la lunga permanenza
in carica di Djukanovic, il Montenegro è stata la base per il
contrabbando di sigarette in Italia, con un volume di affari stimato in
miliardi di vecchie lire ogni mese.
Le accuse, riguardavano inizialmente 15 persone. Tra questi:
Djukanovic; Dusanka Jeknic, un ex ministro delle Finanze del Montenegro;
dirigenti della società montenegrina MTT, presumibilmente istituita per
controllare il contrabbando; un mafioso italiano e un uomo d’affari
serbo. Nel mese di marzo 2009, i pubblici ministeri hanno dovuto
rilevare che Djukanovic era protetto da immunità diplomatica.
Il giudice Rosa Calia Di Pinto, riteneva che la storia di questa
“guerra mafia” si estendesse in 10 paesi: non solo l’Italia e il
Montenegro, ma anche la Serbia, Croazia, Grecia, Germania, Svizzera,
Cipro, Paesi Bassi, Liechtenstein, Aruba, e gli Stati Uniti.. Due
testimoni chiave e altre cinque persone coinvolte nel caso erano già
state assassinate.
In Svizzera intanto veniva avviata una seconda indagine sulla Montenegro connection.
Secondo le autorità elvetiche, dal 1990 fino al 2001-più di 1
miliardo di US $ provenienti dal contrabbando di tabacco sono stati
riciclati dalla criminalità organizzata italiana. La mafia avrebbe
pulito il suo denaro sporco dal Montenegro attraverso i broker e
cambiavalute sede a Lugano, Svizzera, e lo avrebbe depositato in banche
svizzere.
Nonostante l’intervento di Berlusconi, i funzionari incaricati
all’allargamento dell’UE, che hanno riesaminato l’ammissione del
Montenegro, non potevano non tener conto di come Djukanovic che gode
d’immunità diplomatica, sia stato e sia attualmente a capo di un paese
che per anni è stato amministrato al di fuori dello Stato di diritto.
Numeri da capogiro quelli del contrabbando, se come scrive Ratko
Knezevic nella sua tesi per la London Business School, il governo
montenegrino guadagnava fino a $ 700 milioni l’anno con il commercio
illegale di sigarette.
Knezevic, va precisato che fin da ragazzo è stato amico di Djukanovic e gli ha fatto anche da testimone di nozze.
Gli investigatori italiani che hanno seguito la pista del denaro
della ” Montenegro connection”, si chiedono ancora dove sono finiti i
soldi, chi li ha movimentati, chi li ha riciclati, chi li possiede
adesso.
Tutto lavoro e tempo sprecato. Grazie all’immunità diplomatica,
Djukanovic e soci, che hanno avuto enormi somme di denaro ottenuto
illegalmente e depositato nelle banche della Svizzera, di Monte Carlo e
di Cipro, la faranno franca.
Un fiume di denaro entrato nelle tasche dei trafficanti di esseri
umani, dei contrabbandieri, dei trafficanti di stupefacenti, al quale
nessuno potrà risalire.
Ma non soltanto di traffici si parla nella vicenda montenegrina.
Infatti, uno degli aspetti più importanti, è quello del riciclaggio di qualcosa come 2 milioni di dollari ogni settimana.
I giudici della Svizzera italiana, sono concordi nell‘affermare che
“fondi della Camorra e Sacra Corona Unita sono stati infiltrati nel
sistema bancario svizzero tramite cambiavalute. Il denaro ha
attraversato la frontiera in Svizzera tramite corrieri che hanno
trasportato enormi quantità di denaro contante. A Lugano, i fondi della
mafia sono stati depositati in conti bancari di persone fisiche e di
società di intermediazione …. Grazie alle licenze esclusive e la
raccolta di tasse di transito sul contrabbando di sigarette, i
governanti del Montenegro hanno avuto la possibilità di ottenere
profitti dal traffico illecito di sigarette …. A partire dai primi anni
1990 fino agli inizi del 2001, quasi l’intero flusso di fondi derivanti
dal contrabbando di sigarette del Montenegro, erano gestiti dalla
camorra e dalla Sacra Corona Unita, attraverso il mercato finanziario
svizzero. Durante questo periodo, più di un miliardo di dollari sono
stati riciclati “.
Dal 1997 al 2000: oltre un miliardo di marchi tedeschi, 726.000
dollari, 136.000 franchi svizzeri, austriaci e circa 65.000 scellini.
L’uomo che avrebbe progettato tutto questo è stato Stanko “Cane”
Subotić, un uomo d’affari vicino a Djukanovic. Attraverso la sua
società, la Dulwich, Subotić potè “riciclare i proventi dei reati di
associazione.
La rivista croato Nacional, pubblicò un’intervista con Sretko Kestner, un operatore locale del tabacco..
Kestner è un ex partner di Subotić, l’uomo dietro al denaro
trasferito in aereo a Cipro dal Montenegro, e sapeva molto. C’è
Djukanovic- ha detto al mondo- dietro il traffico di sigarette
attraverso gli amministratori del MTT in Montenegro. Quando gli
investigatori della DIA cercarono Jeknic nell’appartamento di Milano nel
luglio 2003. Jeknic era fuggito temendo il peggio.
Ma lasciò una miniera d’oro: agende personali, appunti, libri e
rubriche telefoniche con i numeri di Milo Djukanovic, di suo fratello, e
di un certo “Cane”, presumibilmente il soprannome di Stanko Subotić.
Inoltre, tra le note: i codici di due aerei utilizzati per portare i
contanti a Cipro, un numero di telefono e il nome di un corriere greco.
Per comprendere meglio quanto Arlacchi ha scritto nella prefazione al
libro di Antonio Evangelista, su come grazie alla comunità
internazionale gruppi criminali possono oggi godere di immunità
diplomatica, è necessario conoscere la scia di sangue della “Montenegro
connection”:
– Goran Zugic, consulente di sicurezza dell’allora Presidente Djukanovic, è stato ucciso il 31 maggio 2000.
– Vladimir Bokan. Un uomo d’affari serbo assassinato ad Atene il 7
Ottobre, 2000. Durante il 1980, erano di proprietà di Bokan alcuni
negozi al dettaglio, compresa una boutique di Belgrado dove “Cane”
Subotić era stato un sarto prima di diventare un perno del contrabbando e
di lavorare per Djukanovic. Secondo gli inquirenti italiani, Bokan era
stato legato al contrabbando di tabacco in Montenegro.
– Darko Raspopovic. Anziano membro della direzione della polizia del
Montenegro. Raspopovic è stato ucciso l’8 – 1 – 2001, a Podgorica. Aveva
eseguito indagini sulla criminalità dei colletti bianchi e nel 2000
aveva già rischiato di essere ucciso quando una bomba aveva fatto
esplodere la sua auto.
– Baja Sekulic. L’ex guardia del corpo e aiutante di “Cane” Subotić, è
stato assassinato il 30 maggio 2001, a Budva, Montenegro, sulla costa
adriatica.
– Orazio Porro, , assassinato il 25 marzo 2009. Porro, arrestato nel
1998 in Montenegro dove era stato uno dei capi del traffico di
sigarette, era diventato un informatore e per un certo tempo è stato
inserito in un programma di protezione dei testimoni.
– Zugic, Bokan, Raspopovic, Sekulic sono stati citati nelle indagini di
Bari, ma non sono mai stati convocati. Il caso è diverso per altri due
testimoni chiave assassinati, entrambi giornalisti:
– Dusko Jovanovic. Editore di Dan, un quotidiano montenegrino
pro-Milosevic, è stato ucciso il 27 maggio 2004, mentre era nella sua
Peugeot 406. Il suo giornale aveva riportato storie prima della rivista
settimanale croato Nacional.. Attraverso i suoi inquirenti, Scelsi
avvicinò Jovanovic e gli chiese se avresse fornito una testimonianza
nell’inchiesta italiana. Jovanovic accettò, ma non arrivò mai a Bari.
– Ivo Pukanic. Editore del Nacional, è stato interrogato da Scelsi il 18
luglio 2002. Ma “Puki”, il suo soprannome, non potrà mai testimoniare. È
stato assassinato il 23 Ottobre, 2008. Ucciso da un’auto-bomba a
Zagabria, vicino gli uffici del Nacional.
Dovremo attendere nuove rivelazioni di WikiLeaks che spieghino il
perchè dell’interesse tutto italiano a far entrare il Montenegro di
Djukanovic nell’UE, o basterà leggere quanto pubblicato già dalla stampa
estera e da chi, come Evangelista, ha vissuto di persona quello che è
accaduto nei balcani?
Gian J. Morici
Preso da: http://www.lavalledeitempli.net/2010/12/12/montenegro-contrabbando-traffici-umani-riciclaggio-e-droga/
Nessun commento:
Posta un commento